Ben si camuffa da Wernher von Braun, inventore delle sveglie che non le stoppi nemmeno lanciandole sull’Inghilterra, e sveglia Charlie, Claire e Sayid: “Entrate nel tempio, svelti!”, ma i tre sono rallentati dalle droghe, dagli oscuri passati e dal tronchetto di Claire, che piange disperato, dicono loro. Un rumore sordo sale dalla foresta e un breve terremoto scuote l’isola per un istante, sufficiente a far cadere una pietra del muro di cinta del tempio sulla testa di Sayid, il quale, un attimo prima di raggiungere le 72 vergini, trova il tempo per un’ultima dichiarazione: “Bush merda, raga!”. Non c’è più tempo da perdere. Ben si presenta come quarterback dei New York Giants, afferra il tronchetto e fa uno splendido lancio da 30 yard in direzione del tempio; ed ecco il magnifico sprint in ricezione di Charlie e Clare che questa stagione hanno già totalizzato 15 mete a testa e sono davvero in formissima e superano pietre e piante infestanti e infine realizzano! è punto! trovano l’ingresso del tempio e ci entrano! che emozioni amici da casa, che match strepitoso! Anche Ben si avvia verso il tempio: “Dobbiamo andare Jack, subito. Hurley e io sposteremo l’isola”, Jack però non si muove: “Non verrò, Ben, il mio sacrificio è necessario. Cadrò qui. L’isola mi ha parlato”. “Sì, non s’azzitta un attimo” risponde Ben stringendogli la mano, poi si allontana di corsa. Ed eccolo Jack Shephard, 110 e lode a Princeton, democratico, testimonial della Gillet, davanti a un tempio di chissà chi, con una pistola in mano, che difende un’isola, come se la cosa fosse assolutamente naturale. Il rombo aumenta di volume, ormai sono vicini. D’improvviso dalle piante sbucano due figure. Jack sta per piantargli una pallottola in fronte ma riconosce Kate e Sawyer, e allora quasi quasi ci ripensa. “Andate dentro, di corsa!”. Kate in lacrime gli dice addio, Sawyer lo avverte: “Miles è dei loro, anche se era shintoista non ce l’ha fatta. Non fidarti. Vincent… be’, lui… è subito diventato un pezzo grosso. Addio doc”, e corre anche lui nel tempio. Il rombo tutto d’un tratto cessa. Vincent, lentamente, con un gessato di vecchia fattura, appena troppo largo sulle zampe posteriori, emerge dalla vegetazione e si piazza davanti a Jack. “Le va di fare quattro chiacchiere?” – “Non ci provare Vincent” – “E va bene, signor Shephard, si faccia da parte” – “No” – “Allora morirà, signor Shephard” – “Il mio nome… è… Jack!”. In pochi istanti il dottorino fa fuori un intero caricatore su Vincent, ma il cane usa il trucchetto schivapallottole alla Matrix, che tutti i testimoni di Geova conoscono bene. Allora Jack prende un bastone da terra e si lancia sul cane parlante. Le sue ultime parole risuonano forti anche all’interno del tempio: “Tu non puoi passare!”.