Gli articoli del Financial Times sono come quei video di ricette presi da Tasty e che girano spesso su Facebook. Quelli dove in 45 secondi ti spiegano come preparare, in brevissimo tempo, un piatto semplicissimo in stile nouvelle cuisine ma dal nome vagamente esotico tipo avogado-carbonara, chicken-parmesan, bacon-jalapeno-popper e via dicendo. In realtà si tratta sempre di mischiare quantità industriali di burro, parmigiano, pancetta, olio, sale, pepe, pasta, avogado, uovo e panna, friggere il tutto, passarlo al forno e impiattarlo con qualche foglia d’insalata tritata per farlo sembrare vagamente sano al primo colpo d’occhio, Il risultato, però, è una merda ipercalorica che solo chi è stato cresciuto a capitalismo e McDonalds può trovare appetitosa. Così il Financial Times presenta le sue ricette economiche per salvare il Mondo. Pochi punti in cui spiega, in maniera facile e fancy, come ristrutturare il debito di un Paese attraverso la sottomissione del suo popolo, l’azzeramento di qualsiasi conquista sociale e sindacale, l’abbattimento della dignità umana, l’alienazione dell’individuo, la messa in vendita dei suoi beni pubblici, la privatizzazione di luce, acqua, gas, sole, figa e aria e il seguente rilancio dell’economia richiamando investitori stranieri per produrre forchettine di plastica a 1 dollaro di salario al mese. Se lo leggi come quando guardi il video di Tasty sembra avere anche un senso, salvo poi renderti conto che è una roba buona per chi è cresciuto a Cheeseburger e neo-liberismo.