Secondo fonti attendibili, il 14 luglio 2015 il premier italiano Matteo Renzi, detto il Bomba, inizio così il suo intervento alla conferenza di Addis Abeba: “Scusate il ritardo, ma abbiamo passato la notte a salvare l’euro”.

Dopo una prima perplessità gli etiopi apprezzarono molto la modestia dell’europeo, che in un sol colpo aveva rappresentato due virtù degli italiani perpetuate anche in quei bui anni di disgregazione sociale: la puntualità e l’altruismo. Virtù ben note agli etiopi grazie al lungo rapporto di fratellanza e reciproco aiuto con quel popolo europeo, già fautore in Etiopia di un ardito e gigantesco progetto viario, stranamente lasciato incompiuto, e ispiratore di una singolare e divertente espressione in amarico, tradizionalmente pronunciata simulando la gola un po’ irritata: “sei generoso amico mio, quasi come un italiano con l’iprite”.

Il Bomba proseguì quindi il suo discorso, promettendo ingenti investimenti per la realizzazione di grandi infrastrutture e il conseguente aumento di posti di lavoro. Un’idea tutta nuova.

Aggiunse poi su Facebook, arringando il suo stesso popolo: “Inutile dire Aiutiamoli a casa loro se poi si tagliano i fondi e non si considera la politica estera una priorità. Dopo anni di immobilismo, finalmente si riparte!”. Fu quest’ennesima invocazione del Principio de #lavoltabuona a ricordare agli storici contemporanei l’irrisolto Quesito del Gufo Abissino.

Nel 1936 un notabile abissino, davanti l’intenzione degli italiani di scorciare una strada già esistente con la costruzione della galleria del Termaber, aveva domandato: “Ma non avete già i mezzi veloci? Non avete già fatto per le necessità della guerra una strada eccellente? Dunque per guadagnare dieci chilometri, due ore di strada a mulo, una giornata a piedi, voi affrontate la fatica? Perché date tanta importanza al tempo, se dobbiamo morire?”¹

Fermo restando il mistero dell’incredibile lentezza degli etiopi a piedi, il quesito era rimasto senza risposta fino ad allora, nonostante il cimento degli italiani e di tutti gli esperti in materia: storici, filosofi e piloti di F1 sfigati.

In un attimo il Bomba aveva sciolto un nodo durato quasi ottant’anni.

La bellezza della velocità, certo.

Il suo sorriso, e anche gli etiopi avevano visto la loro fine sul suo viso.

¹ cfr. Marco Antonsich “Addis Abeba ‘caput viarium’. Le strade del Duce in Abissinia” da Limes n°3/2006 “L’Africa a colori” p.133-144