Martedì, 23 dicembre 2014

È quasi Natale ed è la prima volta che lo passo dall’altra parte dell’oceano.

Silvia non riesce a farsi una ragione del fatto che in Italia tutto accadrà sei ore prima.

«E quindi quando qui sono le diciotto lì è già Natale? Non lo posso accettare!»

Eppure qui il clima natalizio, così presente nelle cose (i costumi di Babbo Natale ovunque, dai commessi alle persone in metro, e gli addobbi con stelle e nastri rossi e le canzoni e le lucine) ancora non riesce a restituirmi l’idea del Natale. Perché per me Natale è quella riunione familiare, quella maratona culinaria, quel tempo sprecato a impacchettare regali, quell’incontrare amici che non incontravamo esattamente dal Natale precedente. Mi manca quel contesto che mi fa riconoscere quel rituale paganissimo che è parte integrante della liturgia natalizia: le giocate con le carte, la carnazza arrosto, bere bollicine in famiglia, provare il brivido del freddo in Sicilia (un freddo, me ne rendo pienamente conto, assolutamente relativo), contemplare i tantissimi presepi, da quello di casa a quelli sparsi per strada a quelli degli amici.

Qui è quasi Natale ma pare fine ottobre.

È quasi Natale, ma è un po’ sfuocato, come questa Manhattan oggi avvolta nella nebbia.