Caro Pier Luigi,
sono di nuovo io a scriverti, perciò lo sai che c’è anche del sentimento, ma che non puoi stare tranquillo. Prima di tutto, volevo dirti che mi rendo conto come camminare un minimo – non dico spediti – quando si ha la merda a mezza gamba, sia un bel casino. Però secondo me la merda la potevi avere a metà polpaccio, a andar bene bene, alla caviglia; invece no, invece siam qui con la merda a mezza gamba.
Io, lo sai, di mio ti voglio anche bene e ti trovo stimabile, ma non mi spiego come facciate a inanellare puttanate in questa maniera, nel partito. Lasciamo perdere che non avete colto quanti, come me, hanno utilizzato un voto disgiunto per dare un segnale di cambiamento, pur non cadendo nelle mani di Casaleggio e degli altri a responsabilità limitata (quello vero, non il fake che gira su Twitter adesso, ché quello si vede che non è pericoloso e che è gestito da un branco di scribacchini che hanno avuto troppe poche morose quand’erano al ginnasio). Lasciamo anche perdere che in campagna elettorale sei stato spesso di un’inefficacia comunicativa che mi fanno male le tempie a pensarci, tipo quando hai tirato fuori “Papa. Giovanni”. Cazzo Pier, era facilissima, quella volta! Non ti dico Berlinguer, non ti dico Togliatti, non ti dico Gramsci – ché dopo magari c’è gente che grida ai comunisti affamati di bambini – ma, cazzo, giocati un Pertini! Ho capito lisciare il centro, non sono d’accordo ma posso capire, ma porca puttana, hai un partigiano che, per dirne una, si incazza con Bearzot perché è uscito male a scopone, il tutto mentre tornano in aereo dopo aver vinto il mondiale ’82 e tu tiri fuori “Papa. Giovanni”!? Per non parlare di quando avevate da fare messaggi da tre minuti alla nazione, quello con una bella cera fidanzato Pascale, Monti e tu. Quello con la bella cera fidanzato Pascale ha venduto sogni da piazzista del nulla, quale è; addirittura Monti è riuscito a dire che leverà o rimodulerà tasse e te, Pier, le ho contate, sei riuscito a dire la parola “sofferenza” quattro o cinque volte in tre minuti tre.
Ma va bene, Pier, siamo qui, il passato non si cambia.
Lasciamo perdere che per forza il partito non mi naviga bene se attaccato allo scafo c’ho D’Alema. O la Finocchiaro. Bindi. Fassino. D’Alema. Ho già detto D’Alema? D’Alema.
Lasciamo perdere farsi trattare così dalla Lombardi.
Le altre robe, pure, lasciamo perdere.
Ma cazzo, Pier Luigi, MARINI.
Allora, mi informo, condivido e partecipo. Mando come molti una mail agli eletti PD chiedendo di votare Rodotà. Dopo un po’ apprendo dall’ANSA che un illuminato senatore PD di nome Fornaro bolla la cosa come “un attacco informatico sotto forma di mail seriali inviate alle caselle di posta elettronica istituzionali dei parlamentari del Pd per sostenere la candidatura alla presidenza della Repubblica di Stefano Rodotà. È una forma di pressione mediatica ai limiti della legge, che nulla a che vedere con l’esigenza di riattivare un rapporto dialettico e democratico tra elettori ed eletti”. Porca puttana. Volevo dire la mia, invece si vede che sono andato un po’ lungo, perché ho fatto pressione mediatica ai limiti della legge. Nulla a che vedere con il rapporto dialettico elettori – eletti. La prossima volta, manderò un piccione viaggiatore con un bigliettino pieno di complimenti.
“Bravo Fornaro! Sei forte, cazzo!”, tipo.
Poi la Geloni, che – magari non è vero – ma che descrivono come una tua pupilla, se ne esce con “Marini uno di noi”, al che qualcuno deve averle detto “Ma anche no”, però il punto è che ha risposto:
A NESSUNO. Perché lei è democratica.
I democratici, fai presto a riconoscerli: urlano quantificatori universali tipo NESSUNO. È la forza della ragione, proprio, che non ha bisogno di essere imposta.
Un’ultima cosa che mi rode parecchio, e questa mi fa rimanere veramente male, è che a un tratto mi son dovuto trovare d’accordo coi Renziani e a sperare nel terzo classificato di Casaleggio e degli altri a responsabilità limitata.
Saremmo, saremmo stati, eravamo la base. Magari hai un piano, magari non ho capito un cazzo. Ma non è che se pianti dei chiodi in un’asse e poi li togli, i segni non si vedono.
Dei morsi nelle orecchie, ti darei.