L’ultima volta era successo precisamente a cavallo fra il 1999 e il 2000, e si chiamava Millennium bug, o anche Y2K bug, perché quando c’è di mezzo l’informatica tutto dev’essere esprimibile in sigle incomprensibili. In pratica ci si accorse che i pionieri dell’informatica, ai tempi in cui anche un singolo byte valeva oro, per risparmiare spazio in memoria avevano tagliato corto sulle date: invece di scrivere, per esempio, 1984, si erano limitati a scrivere semplicemente 84, senza premurarsi di lasciare due caselline libere per il millennio e per il secolo. D’altronde, chi avrebbe mai pensato che i computer sarebbero ancora esistiti nel 2000?
Fatto sta che anche solo la possibilità che qualche computer non debuggato, ovvero con ancora dentro il difetto della data, credesse di essere nel 1900 invece che nel 2000, scatenò un panico millenaristico. Tutti si aspettavano che piovessero testate atomiche, che esplodessero le centrali nucleari, che precipitassero aerei e si scontrassero treni, che i bancomat distribuissero soldi falsi e che la Apple abbassasse i prezzi. Ovviamente non avvenne niente del genere. Qualcosa qua e là andò storto, è vero – in Australia alcune macchine obliteratrici degli autobus smisero di funzionare – ma nel complesso si trattò di tanto rumore per nulla. Al punto che persino la Nike si sentì in dovere di spernacchiare tutto quel trambusto, con un magnifico spot.
Adesso però ci risiamo. La data fatidica, ormai lo sanno anche i criceti che si sono fermati alla terza media, è il 21 dicembre 2012, giorno in cui, a orario imprecisato, finirà il mondo. I millenaristi, gli apocalittici, i teorici delle profezie e in generale tutti i boccaloni d’ogni specie sono già pronti sui blocchi di partenza, anche se – bisogna ammetterlo – il panico più che scemo questa volta è scemato: se ne è parlato troppo e troppo a lungo. Manca la verve, non c’è più la scossa, la paura elettrizzante ha ceduto il passo alla noia dei troppi libri e delle innumerevoli trasmissioni televisive in proposito. Per non parlare delle battute. Non c’è più mica tanta voglia, di questa fine del mondo.
Poi adesso arriva Natale, c’è da pensare ai regali e a come farli senza dissanguarsi. Sì, ok, il 21 – o il 20, per non rischiare; no, facciamo il 21, che è venerdì e sabato non si lavora – si va a una delle tante feste organizzate per l’occasione, e si beve si canta si balla come non ci fosse un domani. E il giorno dopo si dorme fino a tardi. Stop.
Anche perché pure questa volta si tratta di un bug, di un difetto di programmazione legato alle date. I programmatori del calendario Maya, infatti, anche loro dovevano risparmiare spazio. Invece di continuare a calcolare le date successive al 21 dicembre 2012 tagliarono corto e si fermarono lì. D’altronde, chi avrebbe mai pensato che i Maya sarebbero ancora esistiti nel 2012?