Non vorrei che a qualcuno venisse in mente che, siccome sul momento non mi viene niente da dire, allora parlerò del tempo. Perché in effetti parlerò del tempo. Però non ne parlerò perché ho finito gli argomenti, anzi: ne parlerò proprio perché è questo l’argomento. Se non avessi avuto alcunché da dire, è vero, avrei parlato del tempo. Non è questo il caso, comunque. Voi direte: e come facciamo a sapere che ne parli perché è il tema? Non sarà che non hai niente da dire e allora ti giochi la carta del clima? No, io voglio proprio parlare del tempo. E voi direte: dimostracelo! Non si può, mi dispiace. Colpa del teorema di Godel.

Chiarito ciò, bisogna ammettere che il clima è da sempre uno dei benefattori dell’umanità, quantomeno nel campo della comunicazione spicciola e quotidiana, altrimenti detta conversazione. Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo evitato imbarazzanti silenzi e stalli tematici grazie all’intervento del cielo, nel senso del meteo. Una ricerca dell’Università di Palombina ha anche dimostrato che, nei paesi industrializzati, la scappatoia meteorologica è usata in media nel 67% delle conversazioni ai party aziendali. Si cita inoltre un caso eclatante avvenuto durante il famoso blackout del nordest americano del 2003, quando due perfetti sconosciuti rimasti bloccati in ascensore sopravvissero parlando del tempo e del cane di Bush.

La cosa interessante è che il clima, dopo averci salvato la vita così tante volte, molto presto ci ucciderà tutti.

Non so se vi sia capitato di guardare fuori dalla finestra, ultimamente, però, se l’avete fatto, non avete potuto non notare qualcosa di strano. Potremmo parlare di variazioni a diverse scale spaziali e storico-temporali di uno o più parametri ambientali e climatici, come recita seria Wikipedia, ma qui ci accontenteremo di dirlo in modo più agevole e tale da indurre un panico diffuso: il clima è impazzito.

Se la cosa non vi torna, basterà sottoporre la mia affermazione a un test alla portata di tutti: segnatevi sul calendario (preferibilmente con un teschio; fare diversamente non pregiudica comunque il test) ogni giorno in cui siete usciti di casa con l’abbigliamento adatto alla situazione meteo e siete rientrati fradici di sudore o di pioggia oppure tremanti dal freddo. Se, dopo un anno di dati, ci sono più di 100 teschi, allora il clima è impazzito. Se ce ne sono più di 200 è impazzita la moda. Sopra i 300 siete impazziti voi (ipermeteoropatia cronica al terzo stadio).

In mezzo a questo impazzimento generale una cosa è certa: siamo solo all’inizio. Allo stato attuale le conseguenze che dobbiamo affrontare sono solo di carattere psicologico; molto presto però saranno sociali, economiche e culturali.

Innanzitutto i fenomeni meteorologici diverranno estremi, cioè bisognerà chiamarli tutti col prefisso super: supersole, supervento, supergrandine e tutto il resto. Questi implicheranno, tra l’altro, l’innalzamento dei fattori di protezione delle creme solari, una normativa tutta nuova per quel che riguarda la costruzione e l’uso degli aquiloni e la nascita del mercato nero del ghiaccio. Alcuni scenari economici sono anche più preoccupanti: la superpioggia, ovvero precipitazioni formate da gocce del diametro di 5-6 metri e del peso di alcuni quintali, potrebbe attirare gli investimenti di grandi gruppi economici verso settori nuovi. Non è da escludere che, entro il 2025, Google esca dal mercato dei motori di ricerca per lanciarsi nella produzione di massa di superombrelli tascabili.

Col passare degli anni il meteo estremo e supervariabile porterà a nuovi equilibri geopolitici. Ai governi non interesseranno più le risorse energetiche, ma le condizioni di stabilità. Le guerre si combatteranno per avere accesso a territori con estati calde, inverni freddi e mezze stagioni che ci sono ancora. Le nazioni che non potranno contare sullo sforzo bellico saranno costrette a convertire le proprie industrie militari in fabbriche di climatizzatori. Questi ultimi assumeranno dimensioni ragguardevoli, per servire intere città. I futuri paesaggi urbani saranno dominati da Pinguini De Longhi alti centinaia di metri, migliaia nel caso di Dubai.

Infine, a forza di parlare male del tempo, il riscaldamento globale centralizzato provocherà il definitivo scioglimento delle calotte polari, l’innalzamento del livello dei mari e quello delle spese di condominio. Milioni di persone saranno costrette a traslocare in periferia e ai piani alti, spesso senza ascensore, Venezia sarà rinominata Atlantide 2 e attrarrà ancora più turisti, soprattutto appassionati di immersioni, e anche Maometto sarà costretto a andare alla montagna, alla fine.

Tutto questo per dire che “Piove, governo ladro” potrebbe diventare un’affermazione fin troppo ottimistica, fra non molto.