Il progresso tecnologico non ha lo stesso ritmo in tutti i settori. Nel campo delle stoviglie, per esempio, abbiamo cucinato per un ventennio e più con le padelle di teflon, per poi scoprire che così abbiamo tutti un tumore prenotato. Avessero prenotato anche la chemioterapia, si sarebbe parlato di esempio virtuoso di sanità. Lo so, bisognava stare attenti a non rigarle, si sapeva, ma non mi verrete a dire che quando succedeva buttavate via tutto? C’è gente che se la scamperà perché a forza di grattarle aveva tolto tutto il teflon. Comunque oggi ci sono quelle di ceramica: chissà che patologia provocano.

In alcuni campi il progresso procede invece a ritmi vertiginosi. Quello delle bibite gassate, per dirne uno. Attraversare le corsie di questi prodotti al supermercato è la cosa più simile alla fantascienza che abbiate mai provato. Fanno impallidire i corridoi dell’Enterprise, e se la battono con le sequenze allucinogene di Odissea nello spazio. E costano pure meno.

Altro settore in cui sembra di essere sulle spalle di Usain Bolt durante una finale olimpica è quello dell’elettronica, e in particolare quello dei processori. I processori, o anche microprocessori, se volete sentirvi normodotati, sono quegli oggetti che hanno le dimensioni di una moneta e il costo di alcune centinaia della stessa, i quali, nascosti insieme ai gremlins nei vari dispositivi di cui vi circondate, li fanno funzionare.

Il ritmo a cui procedono la potenza e le dimensioni dei processori segue la cosiddetta “Prima legge di Moore”, scritta negli anni ’60 da Gordon Moore, uno che ne sapeva abbastanza di chip da diventare, poco dopo, co-fondatore dell’Intel:

Le prestazioni dei processori, e il numero di transistor ad esso relativo, raddoppiano ogni 18 mesi.

In parole povere, e detto in modo da provocare raccapriccio in qualsiasi ingegnere elettronico, così impara a fare l’ingegnere elettronico, un anno e mezzo fa il cuore, o come direbbe un italo-americano di origini partenopee, il core dei vostri pc, o tablet, o cellulari che siano, pompava la metà rispetto a quello dei dispositivi che oggi trovate in vendita.

La legge di Moore ha diverse conseguenze di carattere sia sociologico sia economico sia ambientale. Vediamone alcune:

1 – L’invidia del chip. Versione contemporanea e unisex dell’invidia del pene, questa nuova patologia colpisce chi, dopo aver sborsato centinaia di euro per acquistare il tecnogadget all’ultimo grido, si ritrova dopo pochi mesi con un oggetto obsoleto, vecchio, fuori moda. Il desiderio di aggiornarsi all’ultimo modello è talmente forte che agisce a livello percettivo: il dispositivo, che fino al giorno prima funzionava benissimo, sembra più lento, meno reattivo, con un’interfaccia inutilizzabile, e spesso in estrema difficoltà nell’eseguire anche le operazioni più elementari. La situazione peggiora ulteriormente se un conoscente antipatico vi mostra il nuovo modello, acquisato giusto un paio di giorni fa, e ve lo fa usare per qualche minuto.

2 – L’asimmetria potenza-utilizzo. L’Apollo Guidance Computer, ovvero il computer di bordo della missione Apollo, quella che ci fece portare la bandiera americana sulla Luna, per intenderci, lavorava a una frequenza di 2 Mhz, aveva dentro 4100 chip e possedeva una RAM in cui entrava sì e no la lista della spesa per una cena di 5 portate. Per fare un confronto, uno smartphone di fascia media, di queli che vi danno al supermercato con 5000 punti spesa (corrispondenti a 50.000 euro) e un simpatico contributo di 159 euro, che poi è il prezzo normale dell’oggetto, potrebbe gestire la Morte nera senza nemmeno scaldarsi. E far vincere la guerra all’Impero, invece che ai ribelli. Noi invece ci giochiamo a Candy crush.

3 – Moltiplicazione dei core. La miniaturizzazione ha dei limiti, perché al di sotto di una certa soglia la meccanica quantistica pretende di far valere le sue regole: gli 1 e gli 0 della classica logica booleana diventano i forse-1 e forse-0 e forse-1-e-0-contemporaneamente dello strano mondo dei quanti. La soluzione è stata banale: se più piccoli di così non si possono fare, mettiamocene di più. Sono nati così i processori multi-core, che moltiplicano l’amore informatico x2, x4, x8, xN (dove N è un numero che presto diverrà irrazionale). Questa mossa ha vanificato in un attimo decenni di miniaturizzazione e ha posto le basi per il futuro sviluppo dei computer, i quali diverranno più veloci, più potenti, e occuperanno interi edifici.

4 – Il riscaldamento locale. Potete anche ignorare la termodinamica, ma lei non ignorerà mai voi, né tantomeno i vostri microprocessori. I computer emanano calore, e così anche tutti quei dispositivi che sono computer ma vi fate rifilare con altre denominazioni, tipo gli smartphone e i tablet. Anche loro scaldano; forse di meno, ma scaldano. La temperatura al centro di un processore dell’attuale generazione è la stessa che c’è al centro del Sole. Questo significa che presto nel vostro pc inizieranno delle reazioni di fusione. Un corollario alla legge di Moore è che ogni 18 mesi raddoppiano le dimensioni delle ventole dei computer fissi, le ustioni di secondo grando provocate da computer portatili poggiati sulle ginocchia e aumenta di 5 decibel il rumore emesso dai sistemi di raffreddamento. Entro il 2050 saremo tutti sordi e sudatissimi.