Ai tempi delle pitture rupestri, l’artista era al contempo colui che commissionava l’opera, la esponeva e ne fruiva. Da solo ricopriva tutti i ruoli dell’arte contemporanea: curatore, artista, gallerista e pubblico.
Più o meno funzionava cosi: “Questa caverna ha delle pareti troppo bianche… dovrei dipingerci qualcosa!” (Commissionare) – “Ora con queste resine colorate ci disegno un bel bisonte!” (Dipingere) – “E la Madona, va che bel robin che l’è venù föra! Ci disegno sü anca el Toni, el Gino e quel terün del Salvatore, che l’è un brav fiöl.” (Esporre, in Val Camonica – Brescia) – “Ora mi metto qui e me lo guardo per un due o tre millenni, fino all’estinzione, sempre meglio che lavorare in fabbrica” (Pubblico).
“Te se drè a fa cus’è??? Semper a perder tempo! Te non vai a caccia con gli altri, no, te fai l’artista, te! A volte mi chiedo proprio perché t’ho sposato! Mamma me lo diceva sempre: «Mettiti insieme a uno stanziale, lascia perdere i nomadi, quelli non sono evoluti come noi, non sono gente di Cimbergo, quelli hanno in testa solo i bisonti, i funghetti allucinogeni e la figa!» e io invece mi sono lasciata randellare in testa da uno come te…” (Il pubblico aveva moglie, scusate, non lo sapevo).
Passarono i millenni e l’economia di mercato fece sì che i ruoli prendessero direzioni ben definite. Nacquero le religioni e i nuovi curatori esigevano pitture a tema, appunto, religioso: Zeus muscolosi e seminudi, Veneri dalla figura morbida, tenera, armonica e poi Santi e Bambin Gesù. Quante procaci madonne dal capezzolo turgido schizzavano latte in bocca a bambini col pisellino a vista. Chi commissionava il lavoro pagava e pagava per quello che voleva vedere. E toccarsi. A pensarci bene, le chiese erano un misto tra Men’s Health, Cosmopolitan chubby girls edition, catalogo Prenatal e BDSM magazine. Ce n’era per tutti i gusti.
Addominali, bicipiti, cosce tornite e tette grosse andarono per la maggiore fino agli inizi del 1800, quando nacque la fotografia.
Adesso che una macchina rappresenta la realtà più fedelmente della pittura, che senso ha dipingere ancora la realtà? La risposta venne dagli Impressionisti, e poi dai Dadaisti, dai Surrealisti, Cubisti, Futuristi e tutti i movimenti del 900: Facciamo come cazzo ci pare!
La Chiesa, di fronte a questi agitatori agitati che volevano sovvertire l’arte come Dio l’aveva comandata e come l’uomo ci si masturbava, non tardò a far sentire la sua voce: “OK, fate come vi pare, ma la figa, i muscoli, i bambin Gesù, chi li rappresenta più?” (Un Cardinale, per questa rima di merda, si ritrovò il giorno dopo chierichetto in Molise, che come sappiamo tutti, non esiste).
Purtroppo non ci fu risposta. L’arte ecclesiastica si ritrovò astratta pure lei. I Cristi divennero surreali, i santi futuristi e le Madonne cubiste, a Riccione.
Ora, vi parrà strano, ma uno dei primi utilizzi della fotografia fu proprio il porno. Toh, strano davvero! Non appena Daguerre e Nicéphore Niépce si ritrovarono con questa rivoluzionaria scoperta tra le mani, si dissero:
Niépce: “E adesso? Che fotografiamo?”
Daguerre: “Mah, potremmo cominciare con una natura morta, della frutta…”
Niépce: “Ricchione!”
Daguerre: “Cornuto! Chiedi a tua moglie.”
Niépce: “Porta in studio tua figlia che te la sviluppo io!”
La società tra Daguerre e Nicéphore Niépce si sciolse (Niépce morì in circostanze misteriose) e le prime lastre si chiamano ancora oggi Dagherrotipi.
Veniamo ai giorni nostri. Vi ricordate all’inizio i 4 ruoli nell’arte contemporanea? Artista, curatore, gallerista e pubblico? Bene, non esistono più. Nella rappresentazione iconografica del corpo femminile e maschile, la pittura è stata soppiantata dalla fotografia. Il pittore è adesso fotografo, la galleria è la rivista di moda, il curatore è uno stilista gay e il pubblico… beh, quello siete sempre voi.
Se vi chiedete perché adesso le modelle sulle riviste sono barely legal teen con il trucco alla “Ho messo il rimmel da ubriaca” e i modelli sono barely legal teen con il trucco alla “Ho messo il rimmel da ubriaco”, chiedetevi chi ha commissionato il servizio.
Esatto. Un ricchione.