Per alcune ore della settimana scorsa, l’Italia è stato il Paese più all’avanguardia nei campi della sismologia e del terrorismo. Questo non significa che prima fossimo scarsi, sismologicamente parlando, perché i nostri istituti di ricerca hanno sempre rivaleggiato con i migliori al mondo: coi giapponesi, per esempio, che per forza di cose sono il non plus ultra del settore (“Giappone” significa letteralmente “Paese che trema ogni tre per due”), oppure con gli americani, che hanno mezza costa occidentale in bilico sull’Oceano Pacifico e aspettano solo che Big One spazzi via una fetta consistente del Pil statunitense per scatenare un’altra crisi economica mondiale. Insomma, quando si ha a che fare coi terremoti, sappiamo il fatto nostro. Anche perché, se diamo un’occhiata alla mappe del rischio sismico, si capisce subito che l’Italia gioca in casa. Peccato che questo nostro grado di eccellenza si limiti al campo della ricerca scientifica, perché quando si tratta di trasferire nella pratica quotidiana queste conoscenze, cioè quando – guarda caso – le cose passano dalle mani degli scienziati a quelle degli amministratori dello stato, finiamo di botto in fondo a qualsiasi classifica. Non ci credete? Allora vediamo: quanti di voi hanno mai partecipato a un’esercitazione antisismica? Ecco.
Così, la settimana scorsa, dopo la clamorosa sentenza che ha condannto per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose sette componenti della Commissione Grandi Rischi, per un attimo ci è sembrato di aver conquistato il podio più alto della ricerca sismologica, riuscendo là dove tutti avevano fallito, ovvero nella previsione di un terremoto. Oppure di aver conquistato quello del terrorismo, di podio. Sì perché se un gruppo di persone viene condannato perché ha ucciso un altro gruppo di persone tramite un terremoto, le opzioni sono due: o ha causato il terremoto stesso, o sapeva con precisione quando e dove si sarebbe verificato, ma non l’ha comunicato. Ora, se uno scienziato fosse in grado di prevedere i terremoti, l’ultima cosa che farebbe sarebbe tenerselo per sé, rinunciando così alla fama, ai premi, al finire nei libri di storia, all’essere dichiarato eroe e benefattore dell’umanità. Un grado di timidezza così alto non è impossibile, d’accordo, ma è altamente improbabile. Visto poi che qui non si parla di un singolo, ma di un gruppo, possiamo ragionevolmente escludere che si sia trattato di ritrosia.
Quindi, dopo aver saputo del verdetto, ragionandoci un po’ sopra, è stato naturale concludere che questi brutti ceffi erano stati in grado non di prevedere, bensì di scatenare il terremoto dell’Aquila. E subito abbiamo immaginato uno di quei superlaser della Spectre a forma di missile piazzato nel vulcano spento e puntato dentro un pozzo profondissimo, oppure una megatrivella termonucleare in grado di arrivare fino al centro della Terra, o chissà quale altra diavoleria che questi scienziati pazzi erano stati in grado di concepire con le loro menti geniali e deviate, meritevoli allo stesso tempo di un premio Nobel appositamente istituito e di una condanna ben più pesante per terrorismo e strage e disastro ambientale e già che ci siamo anche frode fiscale, che figurati se un genio del male non ne è colpevole.
Poi invece è venuto fuori che avevano sbagliato a comunicare il rischio di terremoto. E come Italiani siamo tornati ad essere i soliti sfigati.