(Psicoterapia di Gruppo /1)

La destinazione di un treno si chiama così perché ci conduce verso un destino? E se fosse così, un ritardo di 100 minuti, oltre a farci bestemmiare, lo dovremmo interpretare come un segno del destino, nel destino?

Se fosse vero, allora non dovremmo far altro che lasciarci trasportare dal flusso delle cose, chiudere gli occhi, allargare le braccia e galleggiare sopra questo mare, in attesa di giungere a destinazione. Il resto verrà da sé. Forse anche il destino del Merda e della ragazza intubata in quel vestitino nero è già stato scritto, segnato da qualche parte. Il destino di farli ritrovare da soli, a casa del Merda. Posate, allora, il vostro manuale su “Come rimorchiare in 5 mosse la vostra preda a una festa”, perché non vi servirà a nulla. Seguite il metodo Merda.

Il Merda, non avendo mai letto quel manuale, né avendo mai frequentato tumblere prima di allora, si presentò con la sua consueta faccia da Arcangelo Gabriele-Merda, quello che annuncia a Maria la tettona il suo destino barbaro: “Tu farai il figlio del Salvatore”. Ovviamente, l’Arcangelo Gabriele-Merda è la versione aggiornata, quella superdotata di Spirito Santo, e che in posizione eretta è un dispensatore di morte. In verità, il seme con dentro il figlio del Salvatore finirà molto probabilmente contro un muro di lattice, a meno che a lei non piaccia ingoiarlo, ma al Merda, indubbiamente, interessa l’orgasmo, mica di fondare una nuova religione.

Lei: “Ti stavo aspettando”
Merda: “Andiamo da me o da te?”
Lei: “Dici per scopare?”
Merda: “Ti sta bene il nero!”
Lei: “Andiamo da te”
Merda: “Partiamo ora però, perché devo comprare pure i preservativi”
Lei: “Non c’è bisogno. Mi sono fatta chiudere le tube”
Merda: “Anch’io mi sono fatto sterilizzare, ma era per le malattie”
Lei: “Tu ne hai?”
Merda: “Io no, e tu?”
Lei: “Ho un fungo vaginale. Ma se vuoi puoi evitare di leccarmela”
Merda: “Mhmm. Ma il culo me lo dai?”
Lei: “Il culo no. Siamo solo al primo appuntamento”.

Certo, se il destino avesse voluto portarli fuori dal Meetup, insieme, sarebbe andata grosso modo così. Ma il destino non esiste e quel dialogo non ebbe mai luogo. La prima frase aveva distrutto tutto: “Ti stavo aspettando”.

Il Merda e la ragazza nel tubino nero, prima d’incontrarsi a quel Meetup, avevano già chiacchierato un paio di volte, su Skype, e la conversazione era stata di quelle: – Merda: “Ciao come stai?” (pausa di 20 minuti)Lei: “Bene e te?”.

Pausa in cui il Merda approfittava per andare a pisciare, buttare un occhio a Farmville, o anche prepararsi un panino. Invece lei, stavolta, ne approfittò per seppellirlo sotto il suo monologo fiume.

Da principio, il Merda si sforzò di ascoltare quel monologo, di mantenere un’espressione seria e divertita, interessata e curiosa, profonda e acuta, ma quello che ottenne fu un’espressione tra un primo piano di Roberto Saviano e Kim Rossi Stuart che fa il cattivo in una serie Tv. Ben presto, anche la sua mente si perse in quel fiume di parole, finendo per rispondere meccanicamente “Sì” a tutte le domande di lei, anche a quelle retoriche.

Completamente in trappola, il Merda sembrava un pesce rosso dentro un sacchetto di plastica: da lì poteva vedere tutti gli altri divertirsi, sentiva il Meetup crescere, le risate diventare sempre più fragorose, mentre lui invece, era intrappolato, bloccato davanti a quella discarica verbale e che non smetteva un attimo di parlare. Maria la tettona aveva attaccato il pippone all’Arcangelo Gabriele-Merda che, stremato da quella valanga di parole, capì che il figlio del Salvatore non sarebbe stato concepito quella sera. Forse avrebbe dovuto chiederlo a Giuseppe. Magari lui sarebbe stato un po’ meno logorroico e gli avrebbe lasciato il tempo di ritornare alla festa!

Arcangelo: “Giusè, tu farai il figlio del Salvatore”
Giuseppe: “Ma io non sono vergine”
Arcangelo: “Sti cazzi! Voltati, tirati giù i pantaloni e allarga le gambe, così facciamo presto e io posso tornare subito alla festa”.

Al Merda non restò altra scelta se non quella di deluderla sul piano emotivo, e per eliminare un tumblero, si sa, ci vuole molto poco. In meno di un secondo si autodenunciò cattolico, razzista, elettore della Lega Nord e lettore di Fabio Volo. Lei abortì all’istante l’immagine di loro due insieme su un divano bianco, mentre lei sfoglia un libro di Kundera e lui guarda il suo Mac, con dietro un gatto che dorme e le candele accese sopra il tavolino bianco in legno. Immaginò di cliccare il tasto “unfollow”, poi blocca, poi segnala come spam, poi si diresse verso il bancone del bar, sperando di trovare ancora un tumblero disponibile almeno a scoparsela in piedi nel bagno.

Un’ora dopo, il Merda era steso sul suo divano, a fumare Philip Morris. Davanti a sé, lo schermo del computer, aperto su Skype e il messaggio della ragazza: “Mi ero sbagliata… buonanotte”.

Al Merda non restò altro che rebloggare una luna al tramonto.