E dopo un anno di profondi viaggi nella blogsfera, caro il mio Merda, sei stato anche tu inglobato nel sistema e poi istituzionalizzato. Partito con la tua Enterprise per viaggiare alla scoperta di nuovi mondi, al primo Autogrill ti sei fermato e hai mollato gli ormeggi. Una volta parcheggiato dentro il social network hai messo su famiglia.
Una famiglia poligama, con diverse mogli e amanti. E tanti amici, tutta gente che oscilla tra il mito e il banner. Oggi ti seguo e ti adoro e domani ti banno, ma prima te lo dico in faccia: “Ti ho appena bannato, stronzo”. Così Merda, cazzuto, fagli vedere che uomo libero sei.
Messa su famiglia e arredato il social con le tendine alle finestre, il gioco è finito. Il mezzo rivoluzionario per eccellenza è diventato un luna park con un sacco di belle attrazioni. Un media come tutti gli altri, ma con la sensazione di farne attivamente parte, cosa per certi versi vera. Qualcuno ci crede ancora ma ha preso le sembianze di una pecora nera, dentro un gregge di altrettante pecore nere.
Più che le rivoluzioni, noi si fa il tifo, comodamente seduti nel salone di casa. Il 12esimo manifestante in campo, perché qualcuno che sappia fare una faccia indignata, davanti le facce spaccate dai manganelli della polizia, ci serve sempre.
C’era così una volta il Merda giullare di corte e il suo pubblico di merda. Pochi per far ridere tanti. Da Canzonissima di Dadaumpa, con il tempo tutto era diventato buono per intrattenere. Il pranzo è servito, i rebus, i processi, le persone scomparse, fino all’informazione e la politica, con davanti il solito, immenso e vasto pubblico del Teatro delle Vittorie, nelle sue innumerevoli varianti. E la stessa domanda: è il pubblico di merda che crea una televisione di merda o la televisione del Merda a richiamare un pubblico fatto di tanti Merda?
Dubbio amletico e che per decenni non ha mai avuto risposta, ma che comunque è stato in grado d’intrattenerci. Poi è arrivata la rete con tutte le sue risposte a domande sbagliate, ma che è riuscita almeno a risolvere questo mistero. Con Internet, infatti, l’intrattenitore-Merda e il pubblico di merda si sono fusi tra di loro in un unico personaggio: il Merda.
In rete, il Merda produce pensieri banali perché consuma altrettanti pensieri banali. E merda, certo. È il famoso produci, consuma, crepa, tutto nella stessa persona. Con internet la fusione è stata totale, completa. Definitiva. Così, quel Jack Merda Frusciante, che era finalmente riuscito ad uscire dal gruppo dei programmi TV, si era ritrovato in un altro più grande, come la rete, ma pieno di altrettanti Jack Merda Frusciante, tutti usciti dal gruppo. Sembra un incubo, Merda, ma è più semplicemente lunedì in un social network.
È come se Mosè, una volta separate le acque del Mar Rosso con il green-screen, avesse condotto il suo popolo in salvo a Cupertino, CA 95014. Citofonare “Jobs” dopo la chemio.
Ma nonostante fosse una terra promessa da Dio, sempre da uomini sarebbe stata popolata. Uomini-Merda che con Internet avevano sostituito l’icona del Che Guevara con quella di V per Vendetta. Il nuovo supereroe delle rivoluzioni era diventata una maschera da indossare, come il social network e con la tua faccia, Merda. M per Merda, che non suonerà bene come V per Vendetta, ma comunque sempre meglio de’ “il giaguaro lo smacchiamo”.
Il Merda fa log in e come tale s’infila la maschera da meta-Merda, un individuo ex novo, creato dall’insieme di tutti i suoi follower nella dashboard. Il meta-Merda ha un meta-mega-pensiero: sovvertire il regime cattivo votato dagli stessi Merda. Poi, cosa metterci al suo posto non lo spiega il film, ma nessuno avrebbe pensato che potesse prendersi un 25% di voti nazionali.
E sì, Merda, son cazzi quando qualcuno vuole imitare i personaggi dei film e ci riesce. Si finisce come quei Batman, morti soffocati dentro una stanza d’albergo, mentre lei, prona, imbavagliata e ammanettata alla spalliera del letto aspettava di essere penetrata, e non può far nulla se non aspettare il prossimo turno di pulizie.
Ovviamente, una volta finiti nel sifone della dashboard di un social network, nessuno è più un singolo utente riconoscibile. Si scrive tutti con lo stesso font, dimensione e colore. In certi casi si ha pure il limite dei caratteri. Ma la diversità omologata è così rassicurante. Sono come le liste di Saviano, i “cancelletti” di Twitter e poi rispecchiano appieno la filosofia del Napolitano bis-governo Letta di larghe intese.
Così il Merda guarda di nuovo la sua dash e capisce che è ormai legato da un doppio filo, a questa “creatura” virtuale. Si nutre e si alimenta della stessa sostanza che compone il social. Insomma, è il passatempo di altri utenti che sono altrettanti suoi passatempi. Un po’ come se Vespa, tornato a casa, passasse la serata a guardarsi Porta a Porta.
A quel punto un brivido corre lungo la schiena del Merda: ha capito che senza follower, lui stesso si dissolverebbe nell’etere, senza lasciare più tracce. Ma anche il contrario. Se il meta-Merda sparisse per sempre, con lui sparirebbero anche i suoi follower, tutti. Una maniera dolce di fare una cosa buona nella vita. Ridiventare una pecora bianca ma nello stesso gregge di pecore nere.
Il Merda allora chiuse gli occhi e anziché fare log-out, per la prima e l’ultima volta in vita sua, fece “cancella account”. E per sempre sparì dalla rete, archivio di google permettendo.
Grazie a tutti. Era l’ultima del Merda.