Il bello di avere dei follower è che se uno di loro dovesse schiattare nella vita reale, tu, comunque, non lo perderesti.

Vero, Merda? A meno che non sia un tuo amico, in qualunque altro caso non lo verresti a sapere mai.

Mario Rossi muore travolto da un camion della nettezza urbana, trascinato via per 800 metri, squartato in più pezzi e, però, resta tra i tuoi follower, tra i tuoi pensieri, anzi migliora, perché da quel momento non ti lascia più commenti a cazzo, non ti perseguita con domande idiote, 100.000 cuoricini, stelline, pvt, DM, niente, zitto, buono, cadavere e follower. Un follower silente, il sogno di tutti noi. E tu, Merda, inconsapevole di tutto questo, te lo continui a immaginare seduto alla sua scrivania, mentre schiatta dalle risate a leggere i tuoi deliri.

I suoi familiari a piangere quell’anima che ci ha lasciato troppo presto o, se preferisci la versione presuntuosa, “che il Signore ha voluto accanto a sé”, e tu, ignaro, a considerarlo vivo e vegeto. Vivo, vegeto, e dei tuoi. Perché il follower un po’ lo sentiamo nostro. Ci appartiene. È per questo motivo che scriviamo i cazzi nostri liberamente, senza remore. È come raccontarlo a noi stessi. Loro sono le nostre vocine nella testa che in aggiunta ci mettono anche i “like”. E mentre i suoi familiari sono distrutti da questa improvvisa dipartita, tu continuerai a scrivere anche per lui. D’altronde, come te ne potresti accorgere?

Tutti i giorni stai dietro a migliaia di utenti e lui non sarebbe altro che l’ennesimo che ha smesso di scrivere. Con il buon gusto di non annunciare al mondo la sua decisione. Hai presente quelli che “basta, me ne vado”? Hanno sempre quel tono triste di chi sta confessando di avere un cancro.

Mentana: “Ho deciso di lasciare Twitter”
Amico intimo: “No Enrico, non mollare, oggi ci sono un sacco di cure per bloccare i Troll, ti prego resta”
Amico intimo falso: “No Enrico, non mollare, oggi ci sono un sacco di cure per bloccare i Troll, ti prego resta”
Follower: “NOOOOOOOO! Ci mancherai”
Troll: “NOOOOOO! Ci mancherai”

Il Merda è dispiaciuto che Mentana abbia lasciato Twitter. Forse le ultime maratone televisive non gli erano bastate, o forse si era affezionato a quella specie di Nicoletta Orsomanno degli anni 2000, facendo sì che lui, come altri 300.000 follower, si fossero presi la “scimmia” Mentana.

Così, appresa la notizia, il Merda si era ritrovato costretto a dover affrontare un nuovo lutto da Rete, come se il lunedì non fosse già di suo uno schifo.

Come prima cosa ci fu il rifiuto della notizia. “No, non può essere, tornerà”, si diceva speranzoso. Era la prima fase dell’elaborazione del lutto. A molti prende talmente male che arrivano a scrivere messaggi disperati, a incatenarsi allo schermo, e qualcuno decide pure di lanciare un appello affinché non molli.

Merda: “Coraggio Mentana, non mollare, siamo tutti con te”
Mentana: “Sto chiudendo un account Twitter, mica la FIAT!”
Merda: “Ma noi qua sopra ci passiamo almeno 9-10 ore al giorno, pause pranzo comprese. E senza cassa integrazione! Non puoi farci questo!”

Quando capì che non c’erano più possibilità di farlo desistere, il Merda entrò nella seconda fase dell’elaborazione del lutto, quella distaccata, depressiva, buttandosi su dei surrogati simil-Mentana, dove proiettare i tweet del giornalista “chiagni e fotti”.

Merda: “Ti vedo scritto su tutte le TL, ogni tweet mi parla di te”

Questa è la fase più difficile e pericolosa. Può variare in durata ed è difficile stabilirne con certezza un tempo di decorrenza ben preciso. In rete girano ancora i nostalgici di “Cuore, settimanale di resistenza umana”, come se Vauro, Vincino, Michele Serra, Disegni&Caviglia fossero morti. Intendo morti sul serio.

Il Merda era entrato nella fase 1 alle 14:32 di giovedì e, per le 16:45 di lunedì, si apprestava a lasciare la fase 2.

Passare la 2 richiese al Merda un enorme sforzo e tanto coraggio, ma quando finalmente riuscì nell’impresa, il lutto era stato assorbito del tutto. Era diventato un masterchef; non gli restava che impiattare il cadavere e seppellirlo.

Il Merda era riuscito nell’impresa e ne andava fiero. Come diceva ai suoi follower, “il tempo è una gran medicina”. Omeopatica, certo, ma per Mentana che ha smesso di twittare per sempre, dovrebbe essere più che sufficiente.