Sei in poltrona, la sera, rilassato. Guardi la TV, terrestre o satellitare che sia; film, telefilm, varietà, quiz, documentario; fisso sul programma o scanalando. Sgranocchiando, anche: popcorn, patatine, anacardi, pistacchi (diomio, i pistacchi). Passi un paio d’ore così. Si fa tardi, spegni tutto e te ne vai a letto.
T’addormenti placido. Oppure bestemmi, per via dell’insonnia. Fatto sta che per te la trasmissione televisiva – non è nemmeno un pensiero cosciente, tant’è ovvio – è terminata. L’antenna l’ha catturata, presa al volo, spedita giù lungo il cavo fino al televisore, quello l’ha processata il tanto che basta per rendertela percepibile in forma d’immagini e suoni, e te la sei goduta. A meno che non tu non abbia visto Don Matteo. Poi, fine delle trasmissioni. Non per tutti però.
L’antenna, è vero, ha intercettato quel segnale, ma non l’ha sottrato all’etere. Altrimenti tutti verrebbero a casa tua a vedere la TV, e a mangiare i tuoi pistacchi (diomio, i pistacchi). Quel segnale elettromagnetico, quell’onda – che altro non è, la trasmissione – è andata oltre la tua Yagi e il tuo tetto. È finita anche nell’antenna e nella TV del tuo vicino antipatico, Ignazio. E ci piace sperare che gli sia arrivata di seconda mano, coi colori un po’ meno brillanti, una qualche scena in meno. Ma non è così. Se l’è goduta anche lui, Ignazio. A meno che non abbia visto Don Matteo.
E l’onda ha proseguito. Oltre Ignazio, oltre la città, su in alto, superando la quota classica a cui i piccioni sganciano i loro simpatici ricordini e anche quella dove scoppiano i palloncini e le protesi al seno scadenti. E ancora più su, al di sopra degli aerei di linea, delle scie chimiche, di Baumgarten, degli aerei spia di ritorno dalla Corea del Nord, dei satelliti televisivi (e lì cosa fai? non ti fermi a fare un saluto a casa?), della Stazione spaziale internazionale e della base segreta in orbita della Spectre. E via così. Oltre la Luna e i pianeti, oltre il sistema solare (toh, la Voyager!), sempre e comunque a tutta manetta, cioè alla velocità della luce (che nel vuoto ha il picco di prestazioni). Verso le stelle.
Ecco. Verso le stelle. Il problema è tutto qui. Fino a una ventina di anni fa c’erano le stelle, le coppiette che si sbaciucchiavano a guardarle, e gli astronomi, coi loro occhi, potenziati dai telescopi, sempre puntati lì (sulle stelle, non sulle coppiette) nel tentativo di capire com’erano fatte. Poi la tecnologia ci ha messo a disposizione strumenti più avanzati, e abbiamo scoperto che – pensa te che roba! – il Sole non è l’unica stella con dei pianeti attorno. Un po’ come un milanese che va in provincia e scopre che anche lì ci sono i semafori.
Si chiamano pianeti extrasolari, o esopianeti se preferite, e a oggi ne sono stati scoperti un po’ meno di un migliaio. Molto probabilmente continueremo a scoprirne con un buon ritmo. Alcuni sono dei postacci, tipo Venere o Giove; altri invece sono più simili alla Terra. Non è da escludere che ce ne sia qualcuno che ospiti delle forme di vita. Intelligenti persino.
Tornando al problema dei programmi TV, e ragionando con un minimo di lungimiranza, facciamo la seguente ipotesi. Da qualche parte, non troppo lontano da questo pezzo di roccia bagnata che abitiamo, esiste un pianeta simile al nostro, su cui si è sviluppata la vita. Questa vita ha percorso come da noi l’autostrada dell’evoluzione, e a un certo punto si è ritrovata intelligente, e infine tecnologica. Una civiltà tecnologica. Hanno inventato la ruota, l’hanno girata nel verso sbagliato e si sono ritrovati in mano una parabola, l’hanno puntata verso le stelle e hanno iniziato ad ascoltare, in attesa di un segnale che dimostrasse loro che non sono soli nell’Universo.
Ora, ditemi voi se devono scoprirlo guardando Don Matteo.