Capita che una cosa nata per scherzo diventi alla fine un impegno e che questo impegno rischi di diventare più grande della tua volontà. I reparti di neonatologia e le sale d’attesa dei ginecologi sono lì a ricordarcelo ogni giorno. Come si fa quando una semplice passione piano piano si va trasformando in una scadenza da rispettare? La posta in gioco aumenta, l’ansia cresce di pari passo e rimane così troppo poco spazio al gioco e al cazzeggio che sta dietro lo scoccare di una scintilla.

Se prima quindi la massima droga che ci si poteva permettere era una canna o lo streaming di un serial, ad un certo punto invece la maggiore dipendenza diventa il consenso altrui.

Così però si appassisce tutto. Non si ha più il tempo di avventurarsi in impervi sentieri per poi rotolarsi felici in nuove praterie tutte da esplorare. Bisogna fare presto, è più facile allora prendere una comoda autostrada che faccia arrivare a destinazione nei tempi prestabiliti. Anzi, è meglio prendere delle facili scorciatoie, così il compitino è presto fatto.

Poi però ti rileggi e ti accorgi che la tua testa è diventata una catena di montaggio. Basta mettere insieme tutti i soliti pezzi per tirare fuori velocemente una serie di prodotti pronti per soddisfare una domanda crescente. Speri però che nessuno se ne accorga, che tutti pensino sempre sia tutto frutto di gioco e fantasia. Allora getti fumo per non farti beccare e ti dai alla ruffianeria. Non si deve scoprire la tua paura di essere inadeguato al compito, si deve fare ridere o piangere con tutti i mezzi che si hanno a disposizione pur di convincere te e tutti quanti che nulla è cambiato. Così ti ritrovi ad aggiungere invece di togliere, ad assemblare invece di creare, finché alla fine ti arrendi e ti chiedi ma io ne sono veramente capace come credevo?.

Nel frattempo sono ore che mi sto praticamente facendo la lampada davanti alla pagina bianca di Word aperto sul mio PC. Non so quanti chilometri ho fatto fare al cursore lampeggiante a forza di fargli fare avanti e indietro, avanti e indietro…

Ma non c’è verso di tirare fuori un’idea.

In attesa di schiarirmi la mentee ho refreshato dodicimila volte la pagina di Dagospia. Ho letto cinquantatrè blog sulla cura dei capelli e ora so come disegnarmi una svastica sulla frangia con lo shatush. Ho capito dopo quattro ore di tutorial di Clio Make Up che per mettere bene il primer sulla faccia necessito di cazzuola e betoniera.

Mamma mia, quanto mi odio in questi momenti di vuoto creativo. Vorrei cambiare tutto di me quando mi capita. Vorrei dimagrire, ma c’è quel barattolo di marmellata in cucina che canta meglio del granchio della Sirenetta; vorrei cambiare vestiti, ma al centro commerciale ho trovato solo felpe da vera regina del ghetto con fantasie a base di fiori, mafiosi e parolacce glitterate; vorrei cambiare la mia faccia ma il chirurgo plastico mi ha avvertita più volte che non si occupa di reincarnazioni.

Forse tutto il succo della questione sta nel fatto che ho il terrore che sia finita qui, che il limite è raggiunto e che non c’è rimasto più margine di miglioramento.

Il mio timore inconfessato è di ridurmi a fare post nostalgici acchiappa-click a base di elenchi tipo le dieci verità teologiche che ci ha insegnato Willy il principe di Bel Air, o i dieci migliori contratti internali degli anni zero.

Ma poi perché questa confessione – vi chiederete? Che ci azzecca con diecimilame? Niente, è che semplicemente ho accettato di scrivere più spesso per questo blog. La cosa mi ha molto lusingata, tanto che ho festeggiato con un attacco di panico.

Dato che sono refrattaria alle responsabilità e che conosco la qualità dei pezzi della gente che mi ha preceduta, ho deciso di rendervi partecipi delle mie insicurezze. D’altra parte, ormai, i miei amici laureati in psicologia l’hanno capito che li invito fuori a prendere un tè per risparmiare su una seduta nel loro studio, quindi devo arrangiarmi in qualche modo adesso.

Spero di reggere il ritmo anche quando ho solo voglia di guardare il soffitto, anche quando mi sembra di avere consumato tutti gli spunti. Ci vuole una scintilla per accendere una fiamma, diceva il testo di una famosa canzone degli anni ottanta che vi lascio scoprire qual è: spero di trovarla sempre, solo solo per la fiducia che mi ha accordata chi regge le fila di questo blog.

Al massimo, male che vada, con quella scintilla potrò sempre darmi fuoco.

Peace and Love.

[artwork by aMusoDuro]