Ormai da qualche anno è d’uso tra i giovani papà assistere la propria compagna nel momento del parto. Io l’ho fatto, qualcuno di voi lo ha fatto, altri lo faranno, ma il punto è che nessuno, pur volonteroso, è veramente preparato. Esistono manuali per aiutare la donna in gravidanza, per fare esercizi yoga pre-parto, su come affrontare la crisi pre-parto, post-parto, mentre-parto, corsi ayurveda per aiutarti a sopportare quella faccia da ebete di tuo marito mentre urli come una cucciola di foca che sgrava un orso marsicano adulto e incazzato, ma nulla su come si deve comportare il compagno in sala parto.

A parte il ginecologo o qualcuno del suo staff che, subito dopo averti visto bianco in faccia come un cucciolo di foca che si sta facendo sodomizzare da un orso marsicano adulto e incazzato, non c’è nessuno che ti indichi le cinque regole d’oro da osservare nel magico momento:

    1. 1) Stai in silenzio
    1. 2) Se proprio devi parlare non dire cazzate
    1. 3) Quello è il sacchetto per vomitare
    1. 4) Se ti manca l’ossigeno striscia per terra fino alla porta
    1. 5) Eri comunque inutile

Insomma, non ci sono, non dico manuali, ma neanche un misero depliant su cosa fare per essere davvero vicini alla propria compagna.

Il motivo è semplice: non esistono perché non servite. Le donne partorivano in compagnia di altre donne da secoli, in certe popolazioni del Pacifico le donne partoriscono con l’aiuto degli dei e tagliano il cordone ombelicale con una lisca di salmone vivo, in altre tribù dell’Amazzonia le neonate vengono fuori da sole e piangono solo se devono recitare in una telenovela. I maschietti, invece, bisogna aiutarli, vengono fuori in ritardo, o in anticipo e la sola cosa che sanno fare è palleggiare a piedi nudi, e dire una tale quantità di fesserie che al confronto un meeting di Fratelli d’Italia sembra un simposio filosofico rinascimentale.

La verità è questa: ha ragione il ginecologo, l’ostetrica, vostra suocera: siamo inutili. Il nostro stringerle la mano, sorriderle, sussurrarle “Spingi amore, spingi”, è patetico e spesso inopportuno, specie se “Spingi amore, spingi” glielo dite due giorni dopo, lasciando l’ospedale, mentre voi tenete tutti tronfi il pupo in braccio e lei arranca, ancora confusa, davanti alla porta a vetri dove il cartello indica “tirare”.

Quello che posso fare io, nella mia modesta esperienza, è dirvi cosa NON dovete fare o dire, mentre lei, la vostra bellissima metà, trasforma il suo volto da Venere Botticelliana in quello di Keith Flint, il cantante dei Prodigy.

Sappiate che a un certo punto la vedrete davvero soffrire. Non lasciatevi tentare dal piagnucolare “Non sono stato io, lo giuro!”.

Altra cosa da non fare nella maniera più assoluta, anche per evitare brutte figure con i presenti, è ripromettersi ad alta voce di denunciare quelli della Durex.

Quando vi chiederanno di tagliare il cordone ombelicale, focalizzate il cordone ombelicale, seppur inguardabile, non tenete le forbici nella stessa mano dello smartphone, dove cercate di mettere “like” all’evento Facebook che avete creato come dei deficienti, perché vi annoiavate, mentre lei era alla sesta ora di travaglio. Il neonato sta già cercando di gestire abbastanza traumi per ritrovarsi a gestire anche una lama nell’occhio.

È molto probabile che, nonostante vi siate preparati mentalmente, la quantità di materia viva che vedrete uscire dalla vostra compagna vi lascerà interdetti. Una volta finito tutto, non proponetele un viaggio in Colombia per sostituire quei 3 chili e mezzo con ovuli di cocaina che tanto “ci stanno tutti, tesoro, e siamo anche incensurati!”. Non la prendono bene, lo so, mio figlio adesso ha 6 mesi e io sono ancora in riabilitazione motoria e funzionale.

Evitiamo battute simpatiche tipo “Se esce da lì lo chiamiamo McGyver” o “Ha le tette di sua madre, o meglio, non le ha!”. Questa da evitare in particolar modo perché, se il prossimo è un maschio, “Ha il pisello del padre” non ve la toglie nessuno. Le mamme, proprio come categoria, in quanto a vendicatività e cattiveria stanno tra le “Tigri” serbe del colonnello Arkan e un paio di membri del Cartello di Tijuana, solo un paio, gli altri sono più buoni. Una mamma, proprio come un membro della Triade di Hong Kong, ha la capacità di potervi sciogliere nell’acido, ma mentre lui ha bisogno di una vasca da bagno e 68 Litri di H2SO4 al 98%, con densità 1,8g/ml, a una madre basta solo lo sguardo.

Voi ancora non lo sapete, ma non appena vedrete di cosa una mamma è capace, vi renderete conto di aver fatto un figlio con un X-Men.