È accaduto tutto negli anni ’80. Mentre in Europa spopolavano i Punk, da noi nascevano i Paninari. Il resto è stato tutto una conseguenza, un enorme, incredibile, effetto collaterale che tuttora non sappiamo decifrare. Quel decennio, apparentemente innocuo, come i programmi registrati di Canale 5, in realtà ha fermentato come un brodo primordiale, producendo in tempi record una nuova forma di vita: la generazione del Merda.

Dai Paninari agli Yuppies il passo fu più breve del previsto. Le TV dentro casa si duplicarono e il Merda fu tra i primi a poter crescere a merendine e Bim Bum Bam. Così, come per i Punk, mentre gli altri si erano divertiti con i Muppet Show, noi potevamo rifarci con i duetti Bonolis-Uan, loro i Monty Python e noi il Trio Marchesini-Solenghi-Lopez, Channel Four e Rete 4. Soprattutto, mentre i giovani nel resto del mondo andavano incontro alle droghe psichedeliche e techno, il Merda si nutriva degli sketch di “Kiss me Licia”, dove una Cristina “Goretti” D’Avena interpretava la ragazza del cantante dei Bee-Hive, quello con il capello giallo, il ciuffo rosso e la faccia da democristiano.

D’altronde, anche i genitori del Merda avevano sognato con le canzoni di uno incapace di scegliere tra Beatles e Rolling Stones, arrivando a confondere pure la cioccolata e la merda. Con il tempo le cose non migliorarono e come tutti gli adolescenti, anche il Merda entrò in conflitto con la generazione passata, ma anziché distaccarsene, la sovvertì con una nuova forma di conservatorismo, peggiore del precedente. Ecco che al Festival di Sanremo contrappose il Festivalbar, e i Righeira, magicamente, presero il posto dei Ricchi & Poveri. Il Merda, a quel punto, era pronto per votare. No, non mi riferisco alle elezioni politiche, ma a tutti quei programmi che chiedevano il suo televoto. La telecrazia partecipativa lo accompagnò fino ai 30 anni, quando con la Bicamerale prese il via il bipolarismo.

La parola d’ordine era diventata “schierarsi”: Rai o Mediaset, Rock o Lento, Berlusconi o Comunista. Scegliendo uno, rifiutavi l’altro e questo ti spingeva a una sorta di monogamia del pensiero. La neo-lingua aveva affondato il coltello fin dentro le profondità più remote e tutti presero a ragionare come gli adolescenti: bianco o nero. Il Merda, come tutti del resto, ben presto andò in cortocircuito. Il disguido verbale dello “schierarsi”, in un Paese che tra Rivera e Mazzola alla fine aveva optato per la staffetta, portava ad un paradosso la cui unica via d’uscita era la vecchia soluzione della supercazzola.

La supercazzola, fin dalla sua prima apparizione, infatti, era stata l’unica cosa che ci aveva unito e tenuto insieme, il sunto morale, filosofico e civico del popolo italiano. Non c’è concittadino del Merda che non abbia, almeno una volta nella sua vita, sparato una supecazzola. Durante le interrogazioni a scuola, davanti la ragazza che ti chiedeva dove eri stato fino alle 3 del mattino e perfino a te stesso, mentre ti radevi la mattina e ti chiedevi “sono felice?”. Ecco, pure in quel momento, dopo la prima risposta simil-vera, i tuoi geni italici prendevano il sopravvento e ti scappellavano a sinistra, come fossi Antani. Perché se Dio ha l’agnello, noi i peccati li rimettiamo alla Supercazzola.

Grazie a ciò, il Merda giunse sano e salvo ai 40 anni, dove poteva già vantare un curriculum vitae degno di D’Alema: ex paninaro, ex yuppie ed ora ex teledipendente, ma come il baffo, senza mai aver fatto qualche cosa di concreto nella vita. Ma questo non gli impediva di credere ancora nel futuro. D’altronde, la seconda giovinezza non inizia ai quaranta ma tutti i giorni, su Internet. Ed eccolo qua il Merda, al termine della sua evoluzione. Un personaggio apparentemente nuovo, ma con dentro il motore della Duna e la connessione facile, perché anziché votare, oggi il Merda può esprimersi direttamente online.

Dopo i falsi miti dei regimi totalitari, l’herbalife e il modulo WM di Orrico, il Merda entrava definitivamente nell’ultima era della follia umana: la democrazia dal basso o, se preferite, la democrazia partecipata attraverso Internet. Il falso mito per eccellenza, dove la gente scrive il programma e poi lo vende all’asta al miglior offerente (paraculo?) che diventa un politico-dipendente. È una supercazzola, dove al posto di Antani ci inserite il M5S.

Il Merda, però, la vede come il cambiamento epocale, una sorta di Repubblica di Platone ma dove in cima ci sono i cittadini con il Wifi e sotto il baratro, perché i filosofi, invece, si sono ridotti a fare i cappuccini al bar dietro casa.