Il Merda si è innamorato.

Approfittando di quelle giornate tutte uguali, tra Capodanno e l’Epifania, il Merda si era preso un’oretta per passeggiare da solo. Vagando un po’ a casaccio, alla ricerca di un bar per un buon caffè, era passato davanti ad un parrucchiere, dove era stato attratto da due teste di manichino, messe in vetrina, con parrucca viola a caschetto. Fermo lì davanti, incuriosito da quella visione plastica, non si era accorto che la shampista, uscita fuori a fumare una sigaretta, lo stava fissando già da un po’. Negli occhi aveva quella scintilla di curiosità tipica di quando sfogli Vanity Fair, e pensava: “Che cazzo ci sarà da guardare in due capocce de plastica co la parrucca viola?”, quando lui si voltò e la vide.

Cinque minuti dopo il Merda era seduto sulla poltrona del parrucchiere, in attesa di farsi mettere le mani in testa da quella visione celestiale. La “visione”, oltre ad essere bionda e con due tette grandi come le teste di plastica in vetrina, dava l’idea di essere una persona molto profonda. Era il modo in cui fumava ad averlo attratto. La bionda succhiava la sigaretta con l’avidità di chi sta godendo dell’unica ora d’aria al carcere minorile di Poggio Reale, ma con il portamento di una De Filippi. 25 anni, un corpo sodo come una ragazzina di 18, ma con il piglio di una Milf. Il sogno di ogni uomo e l’incubo peggiore per ogni donna sopra i 30 anni.

Neanche tutte le scarpe con tacco di Spora e le sue ancelle adoranti avrebbero potuto scalare la cima di quella divinità.

Durante lo shampoo, il Merda chiuse gli occhi e assaporò fino in fondo quel momento delirante, in cui lei che affondava, lentamente sì, ma con decisione, quelle dita affusolate tra i suoi capelli, iniziando a massaggiare la cute con movimenti appena percepibili. Il Merda iniziò ad avere visioni poetiche: Rocco Siffredi che imburra fette di pane con la mazza, Moana Pozzi che succhia via un calippo dalle mani di una ragazzina a 600 metri di distanza e Rita Levi Montalcini che agitando un dildo di 30 cm, volteggia nuda sopra un prato di Rembrandt.

Quando riaprì gli occhi, intorno al Merda c’erano i sanitari del 118. Prima di essere portato via, riuscì a farsi dire il numero di telefono e il nome: “Come ti chiami?” chiese il Merda. La risposta fu semplice e arrapante allo stesso tempo: “Silvia”.

Ora, il Merda, innamorato e impaurito, sapeva che a breve l’avrebbe rivista, e milioni di domande gli affollavano la testa: le sarebbe piaciuta come la prima volta? E dopo averci scopato, le sarebbe ugualmente piaciuta come la prima volta? Soprattutto, aveva un blog? No, perché era tempo che non conosceva una donna fuori dal circuito Internet, e la cosa lo turbava parecchio. Sentiva che non sapeva più come ci si doveva comportare.

Quando finalmente si videro, dopo i primi minuti d’imbarazzo reciproco, la serata si mise subito in discesa. Il Merda evitava accuratamente l’argomento Internet, perché aveva capito che non era una di quelle, e non voleva spaventarla. Lei, in compenso, aveva una cultura vastissima di anni passati a leggere riviste gossip. Ne sapeva a pacchi su tutti e senza dover consultare la Wiki. Così, quando si ritrovarono entrambi sul letto – lei con addosso le sole mutandine Tezenis, slip Armani per il Merda – la cosa sembrava destinata ad un lieto fine.

Dopo averle morso e strizzato le tette come per assicurarsi che fossero vere e lasciato che la lingua assaporasse il suo uccello, il Merda fece per sfilarle le mutandine, ma lei lo fermò con un semplice gesto della mano, sussurrandogli poi in un orecchio: “Ho le mestruazioni, faccio io!”. Dopo, messasi cavalcioni sopra di lui, con un gesto da equilibrista, si sfilò via il Tampax ma non fece in tempo a mettersi dentro l’uccello del Merda che un grumo di sangue cadde sopra il suo inguine, con quel rumore tipico che fa il grumo di sangue cadendo: plop. Con esso, cadde pure l’erezione del Merda che non sopportava la vista del mestruo, nonostante fosse quello della “visione”.

In quella che ora sembrava più la scena di un crimine, il Merda incrociò lo sguardo di lei affranto, deluso e forse pure incazzato ed ebbe l’idea riparatrice e che in un attimo lo riportò in posizione eretta. Girandola carponi sul letto, felice come un bimbo che ha appena scoperto Babbo Natale a letto con la mamma, le strillò felice: “Se è vero amore, allora mi darai il culo”.

E vero amore fu.