Il primo sentore di inculata… No, dai, non si può iniziare così grevemente.
Chiamatemi Ismaele… Mh. Già sentito, mi sa. Con internet mi beccano, poi.
Dicevo, il primo sentore di inculata temporal-geografica ce l’ho avuto nel febbraio del 1979, quando a sei anni ho sentito My Generation degli Who di sfuggita in macchina sfurgattando alla radio, ho chiesto a mio padre chi fossero e lui mi ha risposto “…mboh, un gruppo straniero. Uh, senti!” e vai con Mi scappa la pipì papà di Pippo Franco, che al momento era al 6° posto delle italiche classifiche.
Troppo presto per l’inglese obbligatorio a scuola, fui – a dieci anni – estratto per studiare solo francese. Che comunque è una lingua meravigliosa, se vuoi parlare di vino, formaggi e altre cose di cui non capisco e non me ne frega un cazzo.
Essere stato adolescente non firmato e aver fatto le medie e il liceo negli anni ’80 odiando Madonna e i Duran Duran è stato come mandare un vegano alla Sagra della Salama da Sugo o una suora albina in Siria. Per la cronaca, anche la suora albina alla Sagra della Salama da Sugo, penso se la caverebbe male, e comunque ancora mi sveglio urlando – tutto sudato – pensando di dover diventare uno di quelli ricchi che – gesticolando – urla cose incomprensibili agitando le mani verso lavagnone elettroniche, nella Borsa di una qualche città che ha talmente tanta di quella cocaina nelle fogne che il coccodrillo albino è senz’altro già morto d’overdose. Preso in mezzo alla fronte dal Grunge, sono stato bombardato per anni da Nirvana, Pearl Jam, Smashing Pumpkins, Soundgarden e Alice in Chains con il concetto che non si aveva futuro, che la festa era finita e che erano cazzi amari.
Che bisogno c’è di un analista finanziario, se hai una radio?
Troppo anagraficamente tardi per gli Stone Roses e gli Smiths ma in tempo per gli Oasis e i Blur, per capirci. Come dire che ti salti Totò e Peppino ma in cambio ti puoi vedere Gianfranco D’Angelo e Ezio Greggio. Un affarone che neanche la Lehman Brothers oserebbe proporre.
Son arrivato al pc a 26 anni, nel 1998 circa. Senza internet, di norma. Connessione solo se strettissimamente necessaria e a 56k. Roba che oggi ti sembrerebbe di stare dentro ad un ascensore senza pulsantiera, tipo la coscienza di chi sfrutta quella malatina di Sara Tommasi.
Dovevo capirlo già poco prima dei trent’anni, quando ha iniziato a fare successo gente come quei frollocconi dei Kings of Convenience, che l’inculata era completa. La prima generazione più povera di quella dei genitori che, con un diploma a andare bene, hanno fatto nella vita molto più di quanto faremo noi con una laurea e mezzo e un master, con pensioni prese col retributivo e che noi non vedremo mai nemmeno contributivamente parlando. Generazione con obiettivi in caduta libera che neanche Felix Baumgartner, da “lavoro fisso e compro una casa” a “speriamo di riuscire a fare studiare i figli” a “speriamo vogliano fare gli idraulici” a “il primo che si alza si mette le scarpe” a “AAA cedesi a migliore offerente anima usata (poco)”.
Poi, male che continui ad andare, possiamo continuare a chiedere soldi ai genitori.
Mi scappa la pipì, papà.