Partiamo da un presupposto fondamentale: il sushi non è un piatto originario della cucina giapponese. In Giappone è stato introdotto dai grandi esploratori europei del XIV secolo e da alcuni corrieri UPS che avevano cercato Via Tokyo sul TomTom.

Il sushi, secondo una leggenda narrataci dall’arabo pazzo Abd al-Hazred nel suo best seller Al Azif (Guida aggiornata agli agriturismi del califfato e altre poesie), nacque quando un mercante di pesce di nome Babuki, diretto col suo carico a Baghdad, sbagliò a girare a un incrocio e smarrì la via, ritrovandosi a vagare nel deserto per 40 giorni.

A Babuki, che si aggirava disorientato per quella landa desolata, apparve un demone di fuoco, che per tre volte lo tentò: “Fammi cuocere il tuo pesce, così potrai sfamarti”. Babuki però resistette, e per tutto il tempo mangiò solo piccoli pezzetti di pesce crudo avvolto in certi volantini che avvertivano di un imminente bombardamento e che già allora spopolavano in quella zona.

Raggiunta finalmente Baghdad, Babuki si recò al bazar e cercò di vendere il suo carico. Nessuno voleva acquistarlo, perché il caldo del deserto l’aveva mezzo cotto, e in più sembrava mangiucchiato. Alla fine però riuscì a rifilarlo a un pescivendolo altoatesino, giurandogli, con un artificio retorico, che il pesce non era cotto (shi), bensì non-cotto (su-shi).

Da allora tutti i conflitti che si sono succeduti nei secoli, fino ai giorni nostri, in quell’angolo di mondo, ruotano attorno al sushi.

Ecco come sono schierati i vari gruppi antagonisti.

Israele – Alla fine della Seconda guerra mondiale i cuochi ebrei sopravvissuti all’Olocausto chiesero all’Onu tutte le licenze disponibili in Palestina per aprire dei sushi bar. L’Onu le concesse, ma per farlo dovette mettere mano alla geografia della zona, perché c’erano già molti kebabbari in attività. Molti di questi furono costretti a spostarsi, altri si diedero allo street food. Nacque immediatamente un’agguerrita concorrenza con tutte le gastronomie confinanti. Il tipico sushi israeliano viene servito cotto in tutti i suoi ingredienti, piatti compresi (che sono perciò molto difficili da maneggiare), su cui troneggia un muro di riso e le classiche polpettine a forma di stella a sei punte.

Autorità palestinese – Associazione di ristoratori che da anni e senza successo cerca di portare stabilità nel comparto del sushi attraverso l’emissione di regolamenti, disciplinari e linee guida su preparazione, cottura e impiattamento. Ha tentato anche il lancio della DOP Sushi Mediorientale, con esito catastrofico.

Hamas – Promotori di un sushi completamente crudo e dal gusto aggressivo, si oppongono all’idea di ristorante localizzato e climatizzato, nonché alle norme HACCP, preferendo il sushi bar clandestino, improvvisato, organizzato al volo nelle cucine di gente comune, che così rischia controlli improvvisi dell’ASL e di droni della Guida Michelin. Il sushi tipico di Hamas è una polpettina di riso a forma di razzo, ripiena di una quantità fuoriluogo di wasabi, che spesso si rompe prima ancora di essere arrivata in bocca.

Stati Uniti – Gli americani, si sa, tolti gli hamburger (che poi sono svizzere, ma lasciamo stare) non hanno mai avuto una tradizione culinaria propria. Così, a partire dalla Seconda guerra mondiale, stanchi di panini sempre uguali, hanno iniziato a inviare contingenti militari ovunque ce ne fosse l’occasione, al solo scopo di sottrarre ricette e trucchi gastronomici e installare McDonald’s alla fine del conflitto (food imperialism). L’hanno fatto anche in Medio Oriente, inimicandosi praticamente tutti a parte Israele, il quale, in cambio di appoggio incondizionato, ha ceduto al governo USA la ricetta del California Roll (in precedenza Tel Aviv Roll).

ISIS (In sushi il sushi) – È il più recente attore della scena del sushi mediorientale. L’ISIS raggruppa tutti quei cuochi che nelle varie parti del mondo hanno provato a sfondare col sushi ma non hanno avuto successo. Sono ultraortodossi più di un vegano astemio, per loro il sushi non è nemmeno un piatto da mangiare, è puro concetto. Metafisici duri e puri, organizzano pranzi e cene in cui vengono serviti piatti vuoti in cui siete voi a dover immaginare portate di varia foggia e natura, e alla fine dovete pure pagare il conto, sempre salatissimo. Odiano tutte le altre fazioni perché utilizzano nelle loro ricette sushi reale, invece di sushi ideale. Di converso sono odiati da tutti, perché comunque vada impiattano da dio.

Iraq – Accusato in diverse occasioni dalle autorità sanitarie internazionali di possedere depositi di sushi avariato, ha subito pesanti controlli da parte dei NAS, che però non sono mai riusciti a riscontrare illeciti di alcun tipo.

al-Qaida – Una delle più importanti ed estese associazioni slow food al mondo, nel settembre del 2001 è riuscita a inserire il sushi nei pasti serviti a bordo di alcune linee aeree statunitensi, scatenando l’indignazione di tutti i paesi liberi e una reazione sproporzionata del governo USA. Molto attivi nel campo della formazione, organizzano continuamente seminari e workshop che attirano partecipanti da tutto il mondo. Il loro piatto tipico è il kamisushi, ovvero una cintura composta di alghe, riso e pesce crudo, il tutto condito con quantità illegali di habanero, che va legata attorno al cameriere col contratto più vicino alla scadenza, il quale viene così inviato nei bazar, come fosse street food.

ONU – Sono quelli che al sushi bar, e in generale al ristorante, non si decidono mai a ordinare.

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