E così sono all’Ikea. Colpa della crisi, io prima non ci avrei mai messo piede qui dentro. Avevo clienti rispettabili, personaggi dello spettacolo, VIP, abbienti. Singoli o coppie. No perditempo. Si offre e richiede massima pulizia e discrezione. Facevo lampade, sedie, tavolini, ogni tipo di oggetto di arredamento, anche portacandele. Loro mi chiedevano lo stile e io eseguivo l’ordine. Milano provincia, zona Lissone, ovviamente, ma disponibile anche a viaggiare. Avevo clienti in tutta Italia. Una volta ho fatto la scrivania per un meeting di politici a Roma.
Ora, la crisi, la gente vuole cose economiche, stile Ikea.
Anche una mia amica, lei fa spettacoli di Burlesque, roba di classe, la calano con un’altalena in una coppa enorme, colma di Moët & Chandon. Ecco, mi diceva che l’altra sera è arrivata sul palco e al posto della solita coupe à champagne in cristallo Swarovski ha trovato uno scodellone di surrogato di caffellatte. Colpa della crisi, dice, e se non ti sta bene trovano una rumena che in quel tazzone, dopo lo spettacolo, ci fa anche la colazione. Il proprietario del locale mica lo ammette, dice che non è per tagliare i costi: è che i pensionati, adesso, sono gli unici ad avere un reddito fisso e bisogna venire incontro ai loro bisogni, ai loro sogni, e comunque sua moglie fa la donna di vita e un cliente l’ha pagata con 24.000 punti del Mulino Bianco, da qualche parte doveva investirli. Si è anche inventato la formula – “Tutti i Venerdì e Sabato, 4,50€: spettacolo di Burlesque + semolino, o macedonia (secondo disponibilità)” – fa il pienone.
La chiamano flessibilità. Devi essere flessibile, le dicevano, e ‘sta cretina non capiva, continuava a dimenarsi come un’ossessa per il palco, urlando: “Guarda che spaccata! Guarda come ti faccio la ruota! La sa fare la tua rumena questa, eh, la sa fare?”. Ora la mia amica è lì, triste. Agita le caviglie nello zuppone come un Taralluccio impazzito. Schizza latte e cicoria sulle prime file di ottuagenari a bocca aperta e dentiera in mano. Sono talmenti presi che spesso si dimenticano e quando applaudono è tutto un fiorire di bestemmie. Ma ha dovuto accettare. Poveraccia, sta anche pensando di cambiare il suo nome d’arte, da Barbie Berlucchi a Orzo Bimba.
E io adesso me ne sto qui, tra un Tullsta e un Kassett, flessibile, aspettando che qualcuno mi noti, mi scelga, mi porti a casa e mi paghi per fare quello che so fare meglio: lasciarmi abusare.
La furniphilia è una cosa seria. Fare lo “Human Furniture” è un lavoro impegnativo, ci vuole dedizione. Ma dà anche soddisfazioni. Mi vuoi colare la cera bollente addosso? C’è un sovrapprezzo. Vuoi sculacciarmi, vuoi frustarmi? C’è un sovrapprezzo. Ogni costrizione, ogni umiliazione, ogni abuso ulteriore ha un suo prezzo. E un suo limite.
Come si chiamano nel vostro mondo? Stage, collaborazioni, contratti a progetto, straordinari? Ecco, solo che i miei sono pagati.
E voi non avete nemmeno una safeword.