Il Merda non ha mai trovato eccitante l’idea di dover lasciare il Paese, neanche per le vacanze d’agosto, figuriamoci per il semplice fatto che la Fornero sia diventata un Ministro della Repubblica.
Eppure, dai tempi del Partito Popolare di Martinazzoli, non aveva fatto altro che ricevere proposte di dove andare a emigrare, come se fosse stato obbligatorio per tutti. All’inizio furono gli Stati Uniti di Clinton, poi fu la volta della Spagna di Zapatero o l’alternativa british dell’Inghilterra di Blair. I più esotici, oltre all’evergreen di Cuba, iniziarono a proporgli anche la Bolivia di Morales, il Venezuela di Chavez e il Brasile di Lula. Il Merda, al massimo, aveva fatto un pensierino al Barcellona di Guardiola, ma non sapendo né il catalano, né tanto meno palleggiare, aveva quasi subito rinunciato a quell’idea.
Certo, davanti ai milioni di potenziali emigranti che gli proponevano quella cantilena quotidiana, del “molliamo tutto e andiamo via”, al Merda non restava altro che giustificarsi con un “sì, sarebbe bello lasciare questo Paese di merda”, ma lo diceva solo per cambiare discorso. Anziché fuggire, pardon, emigrare, si sarebbe potuto provare a cambiare il Paese, magari con una bella rivoluzione full-time. D’altronde, viversi semplicemente la vita, come faceva il Merda, senza voler a tutti i costi cambiare i massimi sistemi economici e politici, era un pensiero andato fuori produzione da almeno 20 anni.
Ora, però, tutta quella gente se l’era ritrovata nella rete.
Fin dalla sua prima connessione, aveva avuto la sensazione che il web 2.0 fosse stato monopolizzato da potenziali emigranti intellettual-combattenti pacifisti pronti a tutto, pur di non lavorare. C’era chi sperava in una nuova lotta partigiana, chi in un nuovo ’68 e perché no, in una bella primavera araba. Schiere di pavidi twitteri che dal fronte della battaglia avrebbero così potuto raccontare al mondo tutta la rivoluzione, minuto per minuto. Ogni giorno, il Merda, veniva così sottoposto a una pressione mediatica che oscillava tra “Fuga di Mezzanotte” e “Come fare una rivoluzione in 10 semplici click”, dove si chiedeva se fosse stato meglio fare le valige ed emigrare in Lapponia o comprarsi un AK-47. Alla fine non gli restava altro che attendere gli sviluppi del caso, come un neo tenente Drogo-Merda, rinchiuso dentro la fortezza Bastiani-Internet, tenendosi pronto per la fuga o l’eventuale battaglia, se solo quegli stronzi dei Tartari si fossero decisi a iniziarla.
E mentre attendeva l’hashtag giusto, quello in grado d’innescare la miccia, di parlare all’anima e al cuore del popolo, ma soprattutto, di convincere il loro culo a smuoversi da quella cazzo di sedia e scendere in piazza, il Merda continuava ad accettare qualsiasi pagina Facebook che gli venisse proposta.
Nel giro di pochi mesi era diventato un fan di Greenpeace, Padre Pio e Justin Bieber. Aveva pure inoltrato le varie catene di guerriglieri di Sant’Antonio e, infine, si era messo a leggere gli arditi post che invitavano alla lotta armata. Soprattutto, aveva solidarizzato con tutti quei messaggi disperati, di gente stufa di vivere in una dittatura. Il Merda, così, capiva, grazie alla rete, di aver vissuto per decenni dentro un Paese oppresso, dove non esisteva più libertà di stampa, né d’informazione e si viveva sotto l’occhio vigile del Grande Fratello. Una sorta di Google Maps, ma dove 2+2 faceva 5.
Ovviamente, come tutte le rivoluzioni degne di questo nome, il Merda avrebbe avuto bisogno anche di un condottiero in grado di dirgli sempre cosa fare. Forse, meglio ancora, di un Supereroe della rete.
Un Gilioli per esempio, il Bruce Wayne della Blogsfera, quello che nella vita reale è un semplice “miliardario” giornalista e poi sul web combatte il male vestendosi da Troll. Non c’è potente nella rete che Gilioli non possa trolleggiare. Ed è subito “epic-win”. Sì, lui avrebbe potuto condurre il popolo della rete verso la vittoria finale e fare dell’Italia un Paese migliore. Con l’aiuto di Michele Serra e delle sue “Amache” ciclostilate, quelle che c’invitano a indignarci, a non perdere la calma e soprattutto, a resistere passivamente e lottare allo stesso tempo, avremmo finalmente distinto il bene dal male, la destra dalla sinistra, l’amore dal sesso.
Il vero miracolo di Internet diventava così quello di aver trasformato un pavido uomo come il Merda in un guerrigliero in grado di lottare per un nuovo Paese. Dal lunedì al venerdì, sabato mezza giornata.