La nostalgia è un sentimento che rispetto molto: insomma, non è che ci si può drogare sempre.

Certo, anche le speranze sarebbero utili allo scopo, peccato ci sia una direttiva europea che impone di tassare qualsiasi aspirazione per il futuro del ceto medio.

Voglio dire, se Zerocalcare invece di disegnare i Cavalieri dello Zodiaco alla ricerca del tasto Start su Windows 8 disegnasse storie sulla cancellazione dell’art.18, lo seguirei solo io (il che è un male, visto che io sono una fan solo di partiti che perdono le elezioni e di band i cui membri sono tutti morti). Questo però non esclude che un giorno Zerocalcare scriva una storia sui Cavalieri dello Zodiaco che vengono licenziati da Lady Isabel per essere riassunti tramite una cooperativa in subappalto con contratto a chiamata.

A casa mia siamo tre generazioni di donne. Mia mamma può dire di avere visto Adriano Olivetti reinventare l’industria, io al massimo ho visto Valeria Marini fare mutande. E tralasciando il fatto che gli anni Ottanta sono belli nella misura in cui fa schifo la vita oggi, almeno mia sorella può dire di avere visto un popolo lacerato dagli anni di piombo pacificarsi per sposare Simon Le Bon. Io invece ho visto invece una società distrutta dalle felpe di pile.

Però… Però c’è questa vita che non ingrana, questo stipendio che non basta, questa cappa messa sopra qualsiasi aspirazione e – sì – lo so che bisognerebbe lottare per capovolgere l’attuale dialettica tra capitale e lavoro, ma io so di che pasta sono fatta. Dilma Rousseff prima di diventare presidentessa si è fatta tre anni di carcere e ventidue di tortura e non ha mai fatto i nomi dei suoi compagni comunisti. Io dopo tre minuti di solletico dico i nomi di tutti i puffi. Quindi bando alle ciance, proclamo per decreto che gli anni Novanta sono stati stupendissimi e chiedo al popolo sovrano che parta una degna operazione nostalgia.

La mia generazione ha vissuto un’infanzia meravigliosa, irripetibile, senza paragoni: abbiamo vissuto in un mondo libero, abbiamo visto sorgere l’alba di un’era di pace e speranza. abbiamo assistito alla fine della moda delle spalline. Certo, ci sarebbe anche la fine del comunismo, ma stando dalla parte della cortina di ferro in cui Ivana Spagna si metteva la lacca sui capelli, non ho mai vissuto il fremito di libertà di chi, dall’altra parte, aveva poteva finalmente rincorrere il sogno di diventare un mafioso o un produttore di film porno come qualsiasi altro giovane in occidente.

Negli anni Novanta sono stati di gran moda la discoteca e – ancora una volta – il genocidio in Europa. Della prima ricordo che per dieci anni mi hanno sempre chiesto tutti: ma come è possibile che non ti piace andare in discoteca?!, magari erano gli stessi che oggi postano loop di Mannarino su Facebook. Della seconda ricordo il ritornello che mia madre usava quando non finivo un pasto, ovvero: non pensi ai poveri bimbi di Sarajevo che invece fanno la fame?? Andò quindi a finire che la guerra nella ex-Yugoslavia, invece che rendere grande la Serbia, rese grande il mio sedere, per di più in un’epoca in cui il bullismo si chiamava Ester non essere permalosa, gli altri bimbi scherzano quando ti dicono che sei cicciona, come quando dicono a Riccardino finocchio!

Degli anni Novanta ricordiamo il martirio per la legalità di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: è anche grazie al loro sacrificio che oggi tante infrastrutture messe su a suon di mazzette hanno dei nomi originali.

Davvero, non se ne poteva più di vedere strade, scuole e aeroporti sempre dedicate ai soliti Cavour-Mazzini-Garibaldi, ci voleva un cambiamento.

Non dimentichiamo nemmeno tutti quegli oggetti che allora ci piacevano e di cui oggi ridacchiamo in maniera autoironica, come le scarpe Fornarina, le tute in acetato, le Lelly Kelly e Antonio Di Pietro. Come non ricordare Tangentopoli? Per quanto fossi piccina, ricordo benissimo l’ondata di indignazione che investì le coscienze di tanti onesti baby pensionati, forestali, palazzinari, invalidi campioni di salsa, bachata e merengue.

Davvero, in ogni terrazza condonata da cui potevo sentire la risacca del mare distante venti centimetri, persino io, bambina sprovveduta, potevo avvertire chiaramente la voglia di cambiamento degli adulti. C’era un popolo che sognava la riscossa contro la corruzione e il clientelismo dilagante, un popolo che voleva dare forza all’Italia.

Ora, ogni operazione nostalgia che si rispetti prevede una lunga lista di cartoni animati che ci ricordi l’unico periodo della nostra vita senza bollette inevase: l’infanzia.

Il problema, però, è che in quegli anni, tra Craxi ad Hammamet e la mafia e lo Stato che si frequentavano con altre persone, Fininvest fosse sul punto di fallire, quindi passava tranquillamente in tv roba come Ciao Sabrina o Diventeremo Famose senza che nessuno venisse arrestato.

Così, anche a causa di due nonne che morivano dalla voglia di passare del tempo di qualità con la loro nipotina, ho passata l’infanzia guardando le telenovelas sudamericane di Rete4, quelle con le poracce interpretate da Grecia Colmenares, che esercitavano l’unica forma di welfare all’epoca permessa dal FMI in Sudamerica, ovvero portare scompiglio nelle migliori dinastie borghesi di Buenos Aires o di Caracas fidanzandosi con i loro rampolli.

Un’infanzia tutta fatta di Manuela, Topazio, Milagros e compagnia bella, mi ha completamente traviata; non vedo e non sento nulla se non in funzione di quel tipo di emozioni (da piccola vedevo Siamo fatti così solo nella speranza che l’anticorpo bianco e quella mulatta si fidanzassero e concepissero un figlio del peccato nel sistema linfatico).

Anche da cresciuta la situazione non è cambiata: Samantha Cristoforetti va nello spazio con due astronauti? Chissà le tresche. Mamma compra l’aceto balsamico? Là, nella credenza in cucina, so che si starà consumando un dramma familiare, con l’aceto amareggiato e l’olio che ormai ha occhi solo per questo nuovo condimento di colore.

Potrei continuare all’infinito con questi elenchi nostalgici, ma so benissimo cosa state pensando adesso: ma gli Smashing Pumpkins, i Nirvana, le Hole, non ne parli? Eh, no. Perché quando avevamo nostalgia degli anni Ottanta non mi pare che qualcuno si ricordasse mai di Nebraska o di Riff Raff.

[artwork by aMusoDuro]