Quando una nazione cresce e si sviluppa fino a diventare una superpotenza, acquisisce un potere tale da rischiare la decadenza per noia. È più che naturale: una volta che avete conquistato tutto, stabilito tutti i primati, imposto la vostra supremazia su ogni cosa, non vi resta altro che farvi consumare dal tedio, contemplando (mantenerlo non è una sfida, solo altrettanto noiosa routine) il vostro dominio.
È per questo motivo che la Cina, così come gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica prima di lei, dopo aver vinto – non avrete mica il coraggio di negarlo? – su tutto e su tutti, per evitare che oltre al delirio d’onnipotenza insorgesse la conseguente depressione da “il mondo è mio!”, ha deciso che, sistemato il pianeta Terra, era ora di sistemare anche lo spazio.
La trafila è stata quella classica, con lo stile Made in China però: prima si lanciano un po’ di razzi vuoti dicendo che sono test per missili balistici intercontinentali, poi si mandan sù delle sonde automatiche dicendo che sono satelliti spia, poi delle sonde con dentro dei panda dicendo che sono delle cagnette, e infine, dopo aver ucciso senza tanto clamore abbastanza astronauti da capire per quale diavolo di motivo a un certo punto esplodesse tutto, s’invia ufficialmente il primo taikonauta, cosa che è avvenuta nel 2003, con Yang Liwei. (taikonauta è come noi occidentali chiamiamo gli astronauti cinesi, in Cina invece li chiamano yuhangyuan. Questo per dire che chissà quanto c’è da fidarsi di tutti quei corsi di cinese spuntati ovunque).
Il passo successivo è stato, nel settembre 2011, quello di portare in orbita una piccola stazione spaziale, una specie di laboratorio cilindrico di 9 metri per 3 in cui poter alloggiare – le stime sono occidentali – 323 taikonauti. L’agenzia spaziale cinese ha invece deciso per l’estrema comodità, programmando viaggio e permanenza per soli 3 cosmonauti: partenza il 16 giugno 2012, cosmodromo di Jiuquan, gate 23, check-in entro le 19, bagaglio max 20 kilogrammi.
Nonostante fosse prevista una permanenza in orbita per un periodo molto limitato, 13 giorni, i tecnici spaziali cinesi hanno subito evidenziato un problema, e si sono chiesti: se mandiamo su 3 uomini da soli, chissà in che razza di condizioni lasciano la stazione. Si è deciso così di uccidere uno di loro (la notizia non è confermata) e sostituirlo con Liu Yang, la prima donna cinese ad andare nello spazio. La prima in assoluto fu, nel 1963, la russa Valentina Vladimirovna Tereškova, che però aveva i baffi.
I compiti assegnati a Liu Yang naturalmente non si sono limitati alle pulizie e alla gestione della stazione orbitale come qualsiasi brava donna di casa-spaziale. La sua missione prevedeva infatti una serie di delicati esperimenti scientifici per studiare la fisiologia e la psicologia umane nelle condizioni estreme rappresentate da un soggiorno con angolo cottura nello spazio, come ad esempio: gli squilibri ormonali e i raggi cosmici, la vasodilatazione in assenza di gravità, la gestione della libido, le passeggiate spaziali romantiche.
Al suo rientro, avvenuto il 29 giugno, la taikonauta si è detta molto soddisfatta dell’esito degli esperimenti, e ha ribadito la sua ferma volontà di tornare nuovamente nello spazio, questa volta però con almeno un Roomba.
Il passo successivo della conquista cinese dello spazio è la Luna. Per quella non sono previsti né razzi né navicelle. Il progetto, ancora in fase di studio, prevede di arrivare sul nostro satellite impilando i Cinesi uno sopra l’altro, a mo’ di scaletta. Non tutti però, ché son troppi.