In quella nazione sicuramente più famosa per aver inventato le belle donne alte e bionde – le svedesi – e i fiammiferi di sicurezza che non si accendono al solo sguardo – gli svedesi -, ovvero, se ancora non l’aveste capito, in Svezia, si è svolto anche quest’anno il classico rito dell’assegnazione dei Premi Nobel.
Meno rari delle medaglie olimpiche e della coppa del mondo di calcio, per le quali si decide ogni quattro anni, e anche meno spettacolari, perché le gare intellettuali non si svolgono ancora in stadi o arene, i premi Nobel sono considerati la massima onorificenza in alcuni campi non calcistici del sapere umano, e li ricevono solo coloro che, per le loro opere e ricerche, vengono giudicati portatori di “considerevoli benefici all’umanità”, il che getta delle ombre di sospetto sul premio per l’Economia, che infatti, guarda caso, venne aggiunto di soppiatto nel 1969, mentre erano tutti distratti a guardare la Luna – e gli sciocchi il dito – appena conquistata dall’uomo.
I premi Nobel originari iniziarono difatti a essere assegnati nel 1901: per la Fisica, per la Chimica, per la Medicina (o Fisiologia, sempre che qualcuno abbia capito cosa sia esattamente), per la Letteratura e per la Pace. Erano stati inventati qualche anno prima, nel 1895, dal chimico svedese Alfred Nobel, nel suo famoso testamento (c’è chi inventa cose al computer, chi sui tovaglioli del bar: cosa c’è di strano a inventare qualcosa sul proprio testamento?). A un certo punto della sua vita Alfred Nobel divenne infatti – lo diciamo senza la minima invidia – sfondato di soldi: la sua acuta gestione di invenzioni e brevetti e uno spiccato senso per gli affari gli permisero di accumulare un patrimonio tale che, anche sedendosi sopra al coperchio, non sarebbe mai potuto entrare tutto nella bara che l’avrebbe prima o poi accolto. Il signor Nobel decise così, usando il suo patrimonio e ciò che se ne sarebbe ricavato investendolo in Bund tedeschi, di finanziare per gli anni a venire i premi omonimi. Un po’ lo fece per filantropia, certo; ma lo fece anche per non legare per sempre il proprio nome alla maggiore invenzione della sua vita, cioè la dinamite. Non che ci sia niente di male nella dinamite, senza la quale non avremmo tante gallerie e soprattutto non avremmo la fantastica scena del ponte de “Il buono, il brutto, il cattivo” (anche se la Guerra di secessione finì nel 1865, due anni prima che la dinamite venisse inventata, fa lo stesso), però nessun sano di mente, Cicciobombo Cannoniere a parte, vorrebbe essere ricordato in forma di esplosivo, e ancor di più in frasi come “gli piazziamo tre candelotti di Nobel sotto al culo e li facciamo saltare in aria, quei bastardi”.
Perciò, ancora una volta, pochi giorni fa, la filantropia e l’avvedutezza di Alfred Nobel hanno permesso di premiare alcune grandi menti dei nostri tempi: Haroche e Wineland per la Fisica, Kobilka e Lefkowitz per la Chimica, Yamanaka e Gurdon per la Medicina, il cinese Mo Yan per la letteratura (facile avere una possibilità su 7, eh?), Roth e Shapley per l’Economia, per degli interessanti studi sul modo di estinguere i mutui trentennali da vivi.
Poi c’è il Nobel per la Pace, che quest’anno, signore e signori, è stato assegnato a tutti noi, Unione Europea, per aver contribuito in oltre sessant’anni ai progressi nella pace e nella riconciliazione, nella democrazia e nei diritti umani in Europa. Poi, quello che abbiamo fatto altrove, è un altro cazzo.