Eh, qua dove ti giri ti giri c’è gente incazzata. Guardi a est, a ovest, a sud e vedi fuochi, lacrimogeni e gente, tanta gente. Gente che marcia. Gente che si abbraccia, piange, viene picchiata, manganellata, gettata a terra, insultata e calpestata. E sto parlando solo di quelli che cercano un parcheggio a San Lorenzo il venerdì sera, tu pensa che ti farebbero se volessi fare dei parcheggi in un parco o la rabbia che scatenerebbe la costruzione di un centro commerciale smantellando un’area verde. Non voglio, non posso immaginarlo.

Forse, solo volgendo lo sguardo a nord troveremmo calma, pace, quel silenzio interrotto da romantici cinguettii che da secoli contraddistingue la Svizzera, magnifico paese dove le controversie sociali si risolvono a colpi di Toblerone e i giovani si drogano sniffando Ovomaltina. Io devo davvero capirla la Svizzera. Devono avere un segreto a tutti sconosciuto. Pensateci bene, avete mai visto un porno svizzero? Ce ne sono di tutti i paesi, dalle Milf scandinave alle teenager sud coreane, dai Lady Boys vietnamiti agli Orsi gay berlinesi, chiedete e vi sarà dato, ovunque e da dovunque, ma degli svizzeri non si sa nulla. Ciò che eiacula in Svizzera rimane in Svizzera, probabilmente in appositi cassonetti a metà tra l’umido e il riciclabile. Io la trovo inquietante questa cosa: cos’è che non possiamo vedere? Cosa fanno gli svizzeri, come lo fanno gli svizzeri, esiste forse un altro uso del Toblerone? A parte mettere d’accordo le parti sociali, naturalmente. Per me il segreto della pace svizzera è celato dietro al loro modo di fare sesso. Le mucche devono saperne qualcosa. E queste caprette, che fanno ciao, che hanno da salutare saltellanti il nonno se il nonno non le ha rese felici in qualche modo? Voglio dire, a me dopo gli amplessi, le donne, mica salutano, al massimo chiedono se voglio la fattura.

Se vivessi in Svizzera probabilmente me ne starei sdraiato tra le valli, non troppo in alto, quella giusta altitudine che ti permetta di guardare le nuvole nel loro tango dolce, quel loro incontrarsi e salutarsi, ritrovarsi, unirsi e abbandonarsi, lasciando ogni volta un pezzo di una nell’altra. Mai tranquille, sempre in evoluzione, movimento, come in uno stato di lenta, inesorabile insurrezione.  Aspettando quella rivoluzione, che mi permetta di capire, se davvero lo fanno strano, le casalinghe di Lugano.