All’aperitivo dell’happening, dopo il brunch e prima del party, impalati come i manichini di “Manifesto” dei Roxy Music, stavano i grandi elettori, con lo sguardo incorniciato dentro il vestito buono del franco tiratore. Fuori sognavano grandi riforme, JFK e Nilde Iotti, mentre dentro, invece, si accontentavano anche di governissimi, Marini e basta-che-fàmo-quorum.
Poco distante, chiusi dentro un Bunker, circondati dall’armata rossa dei cittadini incazzati, tutti gli altri del PD. Lì dentro, nel momento più caldo della discussione, i pensieri della Bindi passavano, veloci, attraverso le sue vene varicose, per poi arrivare dritti al cervello ed esplodere in una genialata. Dopo il brainstorming collettivo tra lei, i vertici del Partito e le voci nella sua testa, la Bindi era arrivata al punto di sbroccare e, afferrato il microfono, prese a snocciolare una rosa di papabili Presidenti.
Bindi: “Eya alalà. Pci, Psi, DC, DC, Pci, Psi, Pli, Pri, Dc Dc Dc Dc, Cazzaniga, avvocato Agnelli, Umberto Agnelli, Susanna Agnelli, Monti, Pirelli, dribla Causio che passa a Tardelli, Musella, Antognoni, Zaccarelli, Gianni Brera, Bearzot, Costanzo, Lauda, Mike Bongiorno”
Franceschini: “Ma è morto”
Bindi: “Invece tu sei vivo!”
D’Alema: “Fermi tutti”
Renzi: “Ti sei cagato sotto?”
D’Alema: “Apriamo al PdL e Monti e facciamo eleggere Marini a larghissima maggioranza”
Bersani: (accavallando le gambe intorno a Franceschini) “È geniale!”
Renzi: (saltando giù dalle gambe di D’Alema) “Eh no, cazzo, Marini no. Porta sfiga”
D’Alema: “Peggio della De Filippi?”
Renzi: “Marini non lo voto”
Vertici del PD: (in coro) “E sticazzi, lo voteranno gli altri!”
A quel punto Bersani iniziava a sudare freddo e correva in bagno a vomitare. A reggergli la testa, Letta e la Finocchiaro.
Finocchiaro: “Guarda che Renzi scherzava”
Letta: “Scherza, scherza. Vedrai che in cambio della segreteria del Partito, 77 vergini e tutti i dischi dei Modà, accetta”
Bersani: “Andate affanculo, voi e i Modà. Mi volete morto”
Finocchiaro: “Giggi, non rompere i coglioni e fai l’uomo”
Letta: “Giusto. Fai l’uomo. Se vuoi la collega Bindi ti può prestare i suoi peli del petto”
Nel frattempo, indistintamente, sul volto di tutti gli altri si era disegnata una brutta ruga d’espressione. La stessa ruga del Merda quando, all’improvviso, il suo sito porno preferito gli chiede i dati della carta di credito.
Alla fine, nonostante le urla dei cittadini comunisti, molti dissero di sì per prendere tempo. Altri scelsero il no, sempre per prendere tempo. Poi andarono alla prima votazione per dare inizio alla caccia grossa del tutti-contro-uno-alla-volta-non-spingete-che-una-coltellata-alle-spalle-non-si-lesina-a-nessuno.
Il Merda, intanto, lottava in rete per spingere un nome che fino a pochi giorni prima non aveva mai sentito nominare: Rodotà. Ma l’importante è partecipare e far sentire la propria voce e, di conseguenza, in quell’ambiente così tanto post-PD, che è twitter, si fomentava a ogni decisione. Ogni tornata una speranza. Ogni scrutinio un dramma politico e umano e, con esso, una duplice domanda ricorrente. Da una parte l’utente Merda a chiedersi “Ce la faranno ad eleggerlo?” e dall’altra quella dei grandi elettori: “In quanti tradiranno?”.
In tanti.
Alla prima tornata veniva impallinato Marini. Fuori le urla della base, insieme a quelle del Merda. Dentro i sudori freddi di Bersani e tutta la dirigenza con le rughe sempre più marcate. In pratica, il Merda esultava, la rete esultava e Bersani vacillava. L’ex futuro premier, ex segretario ed ex capo coalizione, iniziava a fiutare l’aria di disfatta. Ma un segretario di sinistra lo riconosci in questi momenti di difficoltà. Quando le cose vanno male, i segretari del PD implodono in se stessi. Si chiudono a riccio e fanno “boom”, in silenzio. La conseguenza è la morte del loro partito.
Ma la disfatta non era compiuta. All’abbassamento del quorum, dopo essersi schiantato con tutto il carrozzone contro un palo lungo e duro, Bersani, in preda a funghi allucinogeni, decise di premere sull’acceleratore e spinse il pulsante dell’arma “fine mondo”. Il suo. Candidare Romano Prodi, il fondatore di quello stesso carrozzone di cui era il segretario. “I numeri ci sono”, avrà pensato, ma con i numeri erano compresi anche i tiratori scelti. All-inclusive.
Il villaggio ti dava diritto a due pasti al giorno, la piscina e il solarium. Il tuo divertimento, però, dipendeva da tutti i 1007 invitati.
Così, mentre si consumava la fine del PD, il Merda veniva sorpreso dall’arrivo improvviso di una luce, a squarciare quella monotona ripetizione dello scrutinio. L’apertura di Grillo al PD: voi votate Rodotà e noi facciamo il governo insieme. Era un’oasi nel deserto, un preservativo in fondo all’armadietto, 5 euro incastrati sotto la ruota di una macchina. Il Merda, allora, cadeva nella trappola della speranza. Vedeva la fine, anzi no, il lieto fine e quando tutto sembrava già scritto, Romano Prodi veniva impallinato da 100 dei suoi stessi deputati.
Caos, spruzzi di merda, le viti che sigillano la bara di Bersani, la Bindi che ascende al cielo e con lei la dirigenza tutta. Renzi iniziava a fare surf sopra i cadaveri del PD e sul finale tragicomico: la rielezione di Napolitano. Applausi del Parlamento, pianto liberatorio dell’ex segretario, cui seguiva il pianto del Merda, disperato.
È finita.
Adesso twitter può riprende la sua programmazione standard, con #amici.