(Puntate precedenti [1] e [2])
Hey, ma quella è Selvaggia Lucarelli, riconosco le te… nsioni muscolari del polpaccio mentre cammina! Certo saprà dirmi dove si svolge la blogfest. Però non posso mica urlare “Selvaggia, Selvaggia!” come un Esploratore Inglese Ingrifato d’inizio ‘900 in Congo! Le mando un tweet. No, ho lasciato l’iPhone con la cinese dicendole di tenere a cuccia Siri e di non farle mordere nessuno. E non ho neanche le mappe allora. Entro in libreria a comprare una guida di Riva del Garda.
A Riva c’è una libreria? Sì. La libreria vende libri? Quasi. Come tutte le librerie del secondo millennio la libreria di Riva vende cartoline, giochi, puzzle, calendari, borse per la spesa con stampate citazioni di Coelho, magliette con la faccia di Edgar Allan Poe che con l’orecchio all’altezza del cuore dice “Lo sento battere ancoraaa!” e ombrelli con frasi di Moccia e lucchetto incorporato al manico (però, mica sceme ‘ste cazzate. Io me le rivendo). E anche libri, sì, libri di cucina. Ormai hanno invaso tutto l’invasabile. I cuochi dalla televisione passano alla carta stampata, appena entri in libreria non puoi evitarli. Se tu non cerchi loro, loro trovano te, ammiccano, sorridono, hanno la roba buona, loro. Sono come pusher. Sei andato al parco di Trenno alle 9 di sera? E che ci sei andato a fare se non per cercare la droga. Ecco, uguale, sei entrato in libreria? E allora vuoi comprare un libro di cucina. Non importa quale, sei un tossico, prenderesti di tutto. Cucina sana, vegana, sugnosa, macrobiotica, libri di ricette per anoressiche dove ad ogni piatto è affiancata una foto di Kate Moss che pippa cocaina e ti fa sentire in colpa, ricette per bulimiche dove al posto delle stelline dal più facile al più difficile, ci sono le dita di “questa la vomiti in fretta, questa invece ci metti di più”. Cucina, ovunque. In fondo, se hai i soldi per comprarti un libro, li hai anche per cucinare. O fatti una zuppa con le Pagine Gialle, quelle sono ancora gratis. E sembra pure zafferano.
Ecco il grande esorcismo di questi anni. Ci hanno portato a invidiare le taglie 36, interrompono i cartoni animati delle Winks, bimbe filiformi truccate come MILF in cerca di a da in con su per tra fra pubblicità delle merendine a 1450 calorie, il verbo del momento è: impiattare. Non abbiamo più un’anima, un futuro, una sola speranza, molti non arrivano alla quarta settimana che, dico io, facciamo i mesi di due settimane, ci avanzano anche dei soldi, ma dobbiamo imparare a “impiattare”. Non mettiamo la freccia per girare, fottiamo il posto ai disabili, manganelliamo ragazzi che chiedono solo quello che altri ragazzi in Europa hanno, ci lamentiamo del nostro lavoro da ministri, con 12mila euro al mese non siamo benestanti, accettiamo stage di 8 ore al giorno a 200 euro al mese perché è sempre meglio di niente. Ci hanno addestrato ad ingoiare e ora vogliono insegnarci a mangiare. Impiattando e con bon ton.
Ora voglio proprio vedere chi ha vinto i Web Awards. Sono sicuro che la rete avrà premiato la vera cultura antagonista.
(continua ancora una volta. L’ultima, giuro)