Come ogni mattina, ero seduta al tavolo della colazione con la tv accesa a guardare Omnibus su La7, quando all’improvviso venni colpita da uno degli ospiti in studio.
“Mamma, ma che ci fa ad Omnibus il maestro di Sirio dei Cavalieri dello Zodiaco?”
“Quello è Eugenio Finardi…”
“Ah…”
La domanda fatta al noto cantante era cosa pensasse della situazione in Crimea. La sua risposta è stata:
“Perché criticate Putin? La Crimea è della Russia, e Putin ha diritto a riprendersela, esattamente come dovrebbe fare con Parco della Vittoria e Vicolo Stretto!”.

Dapprima ho pensato che c’è veramente qualcosa che non va nella nostra epoca se Eugenio Finardi ha le stesse posizioni di Albano Carrisi. Poi ho notato che queste stesse posizioni erano condivise da molti miei contatti su Facebook, in particolar modo da quelli che erano più eccitati all’uscita del nuovo capolavoro di Vasco Brondi aka Le Luci della centrale elettrica, ovvero C’è gente laureata in composizione che lavora alle poste e io sono al terzo album suonato con un accordo, wow!.  Mi sono chiesta allora come mai gente che ha passato tutta la propria vita ad annodare nastrini bianchi di Emergency dovunque, tranne attorno al proprio collo, ora invece si scopriva incredibilmente affascinata dalla retorica nazionalista di Vladimir Putin. Poi, d’un tratto, è balenato nella mia mente cosa stesse dietro questa apparente conversione:

Il demone dell’originalità

Tutti ambiamo a distinguerci, si sa, tutti desideriamo avere una facoltà che ci permetta di sentirci tre metri sopra la comitiva con cui usciamo il sabato. Anche in casa mia d’altronde è così: essere una persona che si distingue dalla massa era la missione principale dell’educazione impartitami dai miei genitori, a cui ovviamente ho obbedito in gioventù senza troppi dubbi, con il risultato che oggi la versione ufficiale è che dai 14 ai 19 anni io ero in coma vegetativo, in realtà quella che vedevano all’epoca era la mia sorella gemella, che poi è morta. Là fuori comunque il mondo è pieno di gente che cerca di sentirsi meglio di ciò che è. Migliaia di impiegati del catasto con l’animo dell’artista pronti a vendicarsi di una vita tragicamente al di sotto delle proprie aspettative a suon di tweet, post, selfie, video e quant’altro che dimostrino al mondo il loro anticonformismo, il loro spirito critico, la loro originalità nei confronti dell’ipocrisia del politicamente corretto. Il problema è che a forza di volere convincere il mondo di essere intelligentissimi, questi tizi finiscono sempre per parlare come i neonazisti pur di distinguersi a prescindere dalla massa, roba da far passare per dilettante Gianpaolo Pansa e i suoi libri di sinistra sui partigiani che non hanno vinto contro i repubblichini, hanno pareggiato.

Vladimir Putin dunque rappresenta un feticcio per l’intellettuale che vuole sentirsi unico ed inimitabile. Innanzitutto Putin odia gli Stati Uniti, come qualsiasi vero intellettuale originale, il quale detesta sempre a morte l’America e rimarca la cosa tramite frasi di disappunto nei confronti dell’imperialismo a stelle e strisce, della serie vergognatevi, avete ammazzato in Salvador il vescovo Oscar François de Jarjayes!!. Frasi che posta ovviamente su Facebook. Dal suo iPhone. Che ha come suoneria la sigla di Dexter. Putin invece ai suoi occhi è una sorta di Luke Skywalker in lotta contro la tirannia, l’ultimo eroe rimasto a difesa di quegli stessi ideali di resistenza portati così strenuamente avanti da tanti anticonformisti tra un aperitivo antimilitarista e un reading di poesie per la pace. Perché quando l’Impero colpisce ancora si è tutti lì a gridare con le mani alzate il proprio no alla guerra senza se e senza; quando invece Putin invade l’Ossezia del Sud, devasta la Cecenia e schiera centomila soldati al confine con l’Ucraina, sembra ogni volta il festival delle scuse che le trentenni usano a proposito delle proprie pettinature adolescenziali. Se li facevano anche le altre così! diventa quindi automaticamente Mbè, pure gli americani fanno queste cose!, con tanti saluti alla guerra di Piero.

Inoltre, l’intellettuale che ambisce a distinguersi dal gregge, non vede scalfire la sua ammirazione per Putin nemmeno dal trattamento che questi riserva ai dissidenti. Anzi, rivendica proprio con orgoglio il suo appoggio, in quanto un aspetto fondamentale dell’originalità è apparire persone controverse. Questa è una qualità essenziale allo scopo, in quanto unisce i link con le frasi di Bukowski all’egemonia culturale gramsciana degli ultimi venti anni, fatta da giornalisti e politici intenti a misurarsi in tv la lunghezza del pisello sulla base della propria capacità di dire le cose come stanno, al di là delle ipocrisie o dei buonismi di sinistra. Il problema però è che dentro la definizione di buonismo ci è andato a finire di tutto, da Concita de Gregorio alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, con il risultato che se Guido Barilla dice di non volere gay nei suoi spot, tutti a farsi foto mentre ci si sfonda di pan di stelle, o che a Laura Boldrini si riservano sempre epiteti che testimoniano gli immensi risultati ottenuti dall’istruzione pubblica. Quindi sì, magari Putin fa sparare ai giornalisti, arresta i dissidenti e fa ancora esibire le T.A.t.u., ma basta ipocrisie, non sono mica questi i problemi che toccano gli eterosessuali che non arrivano a fine mese. Ammettiamolo, in Russia mica è come in Europa: Putin infatti ha sconfitto le banche, il gruppo Bilderberg e le auto blu, permettendo ai russi di avere la sovranità monetaria e l’orgasmo sincronizzato durante l’amplesso. Tutte cose che l’intellettuale originale sa, perché le ha lette nella pagina fb Il PD vuole vaccinarci tutti. Le uniche critiche che arrivano giungono infatti dai giornali al servizio dell’Europa, che è solo invidiosa dei suoi successi. I nostri governi infatti si fanno comandare a bacchetta dalla finanza mondiale; Putin invece l’ha presa per le spalle, l’ha guardata dritta negli occhi e le ha detto è stato bello baby ma ti chiamo io, lasciandola da sola in lacrime sotto la pioggia.

Tuttavia io voglio dire a Putin grazie per una cosa in particolare. Solo grazie all’ascesa della sua stella io vedo finalmente il mondo unito sotto la sua chiesa che va da Albano a Paolo Ferrero, in cui finalmente quelli di Forza Nuova dicono le stesse cose di quelli del PCL. Ora posso leggere più felice il nuovo libro di Gianpaolo Pansa, Camicie nere: l’outifit di Mussolini che sfina e non impegna.