Non so per quale motivo, però, in Italia, ogni impresa straordinaria, ogni titanica operazione frutto della coordinazione di menti brillanti e operose, ha avuto origine da una clamorosa coglionata. Ogni volta che siamo lì a dirci che siamo un gran popolo, pieno di idee innovative e di modi inconsueti di trasformarle in pratica, con coraggio e dedizione, non possiamo non ricordare che tutto ha sempre inizio con una cazzata stratosferica. Prendete la Resistenza. Si è trattato di un momento storico altissimo, pieno di gesta eroiche e di sacrifici, scatenato però da quell’enorme boiata che fu il dare retta al pelato grassoccio e mandibolone con la fissa per le divise, l’italica epopea e le pessime alleanze.
Anche questa volta è andata così. Dirette televisive, streaming video (tutti sospettosamente dalla stessa telecamera), ogni briciola d’attenzione del Paese concentrata su quell’angolo di mare dell’Isola del Giglio per assistere alla puntata più lunga e noiosa di Megastrutture, dove il genio italiano, con qualche innesto sudafricano, ha dato spettacolo di sé, dimostrando a tutto il mondo di poter riuscire in un’impresa mai tentata prima, tutt’altro che scontata nel suo esito, riuscendo a raddrizzare un bestione da crociera di 144mila tonnellate, lungo 300 metri e alto 70…
…il quale giaceva schiantato sugli scogli della placida isoletta perché il capitano aveva fatto una puttanata assurda.
E sinceramente, non è che sia poi così interessante, dal nostro punto di vista, sapere se fosse su di giri o meno, quella sera di 600 e passa giorni fa. O se avesse una gnocca lì con cui fare il bello. Quello che è interessante è che il primo responsabile di una cittadina galleggiante di quasi 4000 abitanti e del costo di 450milioni di euro a un certo punto avrà detto qualcosa come “ancora un po’”, con la stessa nonchalance e distrazione con cui noi appoggiamo il tablet un po’ troppo in bilico sul tavolo, o parcheggiamo senza guardare bene nel retrovisore, o mandiamo una mail con scritto “in allegato il file che” ma senza mettere l’allegato. Disattenzione, chiamiamola. Sottovalutazione delle conseguenze, anche. Fretta, può darsi. Imbecillità, di certo.
Non è che non sappiamo parcheggiare, o mandare una mail, o mettere il tablet sul tavolo. È che lo facciamo così spesso che è diventato tutto un automatismo, agiamo senza pensare. Il che non è esattamente il miglior modo per fare le cose. Ma poi, scusa, cosa vuoi che succeda? Si graffierà lo schermo, abbozzerò il paraurti, rispedirò la mail, questa volta con l’allegato. Non muore mica nessuno, eh!
Male che vada, ci penserà il genio italiano a sistemare tutto.