Si è spento.

Il corpo umano come fosse una stufa a carbonella, un motorino piantato sotto l’acqua, un cannone fatto girare troppo lentamente. “Scusa, ma s’è spento”. Non appena finisce il combustibile della vita, ecco che ci spegniamo, per sempre. L’immagine, poetica, ci ricorda un po’ quei film coreani che ci piace tanto citare davanti a due belle tette, ma un po’ meno guardare per intero, soprattutto al cinema, dove non puoi neanche leggere le email nel mentre, e tutto scorre lento. Troppo lento. Il corpo, allora, ce lo immaginiamo mentre si spegne con dolcezza, organo dopo organo. Un teatro che cala il sipario, abbassa le luci e l’anima trasmigra da qualche parte. Dove? Per i pochi intimi amici, in paradiso. Per i pochi intimi nemici all’inferno e per tutti gli altri, affanculo da qualche parte. La carcassa, invece, resta ai familiari e gli costerà un patrimonio per farla seppellire. Tra 10 anni, poi, dovranno ritirarla fuori e spostarla in un altro buco, sperando che quell’ammasso misto organico, vermi e benzoato di sodio E211, dentro la bara, sia il loro caro defunto e non un altro sconosciuto. Ma poi cosa importa, alla fine si tratterà di mettere fiori davanti la fototessera incastonata nel marmo eterno della lapide e recitare qualche preghiera per sentirci meno soli.

Ci ha salutato.

È il morto educato che saluta, schiatta e va via. Sembra quasi che egli sappia esattamente quando sta per morire e ci viene incontro per darci la lieta novella, magari sotto forma di referto medico dove un male incurabile gli lascia solo poche settimane. O magari perché, quella volta insieme a Santo Domingo, lui ha beccato la minorenne che aveva l’AIDS, oltre le tette già sviluppate antetempo. Resta, comunque, l’amico di tutti che prima di andare via per sempre, si congeda da ognuno di noi, personalmente. Ci stringe la mano e se ne va sorridendo. E noi lì, a ricambiare quel saluto, facendoci vedere forti, duri e anche po’ spacconi. Qualcuno fa ciao ciao con la mano, altri un dito medio, vecchi rancori di quando si era ragazzi e ce la siamo legata al dito per sempre, altri ancora con una semplice alzata di spalle. Qualcuno penserà subito a come bombarsi la vedova, nel bagno di casa, ma non importa. Il morto ci ha salutato per sempre e a noi resta quel simpatico, enorme e tragico dolore che presto vivrà in uno stato depressivo da cui molti non si riprenderanno mai più. Ma lui ci costringerà, con quel saluto, a pensarlo sorridente, mentre prende di nuovo un aereo per Santo Domingo. Il sole che risplende sulla fusoliera, l’odore di cherosene e lui che salito in cima alla scaletta, ci saluta con la mano. Questa volta, mi raccomando, occhio a chi ti scopi, lassù in cielo. In fondo, il Paradiso, ognuno lo immagina come vuole. Volo di linea incluso e parcheggio gratuito.

È venuto a mancare.

L’imprevedibilità del caso. La morte improvvisa che ci coglie, anche se il morto aveva 95 anni, 6 bypass e la pompa della Panda come catetere. Ma non importa, siamo sorpresi dalla sua morte. Un minuto prima stava qua e un minuto dopo, no. Ma oltre all’effetto sorpresa, il messaggio vuole sottolineare il vuoto lasciato dal defunto. Una cosa è morire dopo un’agonia di mesi o forse anche di anni, di attese, nottate, interventi, speranze, viaggi a Lourdes, ma niente, quello resiste oltre ogni aspettativa, al punto che sei pure contento quando alla fine schiatta. Ma sparire così, il tempo di andarsi a fumare una sigaretta, tornare e trovarlo cadavere, come inghiottito dalle tenebre, è difficile da capire. Quel “è venuto a mancare”, ci spinge, come prima reazione, a cercare un sostituto fisico o anche solo spirituale. Per coprire quel buco, pur sapendo che non sarà mai così, ecco che ci stringiamo ai nostri cari, accettiamo di trombarci l’ultimo collega cesso del quarto piano e perché no, citofoniamo a due vecchi cugini, testimoni di Geova, per chiedergli di salire e prendere un caffè con noi. Perché tu non ci sei più, sparito senza lasciare più traccia, ma a noi resta un vuoto non indifferente. Brutto stronzo. Un vuoto emotivo ed economico, dato che ora siamo rimasti soli e i tuoi debiti qualcuno li dovrà pur pagare. Durante le esequie, molti commenteranno con “Eppure, l’ultima volta che l’ho visto, stava benissimo”. Stava bene sì: aveva ancora tutti i capelli ed era il 1999. Ma quel “è venuto a mancare” contiene anche un’aria di sfida a noi vivi, come se avesse voluto farcelo apposta. La morte è improvvisa, certo, ma lui si lascia portare subito via. Tié, io muoio e vi lascio soli, in questo mondo di merda, da un giorno all’altro. Uno scherzetto che ti può costare fino ad un 20% extra sulle corone di fiori.