Sfilo con lo sguardo la lista dei panini: Hamburger 3,00€, Cheeseburger 4,50€, Hamburger, formaggio, carciofini, melanzane, pomodori e insalata 8,50€. Prenderò questo. E una coca piccola. No le patatine non le voglio. Ketchup. Sono 12€ tondi.

Mi sono ritrovato a scrivere un post sul lavoro proprio adesso che sono disoccupato. Hai perso il lavoro? In realtà le offerte di lavoro non mancano mai: stage, apprendistato, tirocini, part-time sottopagati, da cinese. Poi ci sono i progetti, la prostituzione accademica, l’adattamento, il mimetismo e l’emigrazione.

Lavori a qualche cosa un paio d’anni. Ho esagerato? 6 mesi, un anno, 3 mesi, in una città, un’altra, un quartiere, il prossimo, all’estero. Conosci gente nuova, prendi casa in affitto con altri, spendi più di quello che guadagni, te ne freghi, bevi e quando puoi, scopi con quello che capita. Lo chiamano adattamento, ma è una distorsione del suo significato. In realtà non ti adatti, ti plasmi a quello che ti offrono. Dov’è la differenza? L’adattamento è un processo che segue un tuo cambiamento non indotto dall’ambiente. Se funziona, non lo sappiamo, ma lo scegli tu: Sid Vicious che va al Festival di Sanremo e canta God save the Queen. Plasmarsi, invece, è adeguarsi a quello che già c’è: al Festival di Sanremo ci trovi Povia.

Il risultato è una società schizofrenica, dove la tua vita lavorativa coincide con quella privata, pubblica, personale, familiare, affettiva, segreta ed il lavoro ne detta i tempi. Non puoi pensare più di scindere una cosa dall’altra, ma non nel senso di “conosco gente tramite il lavoro”, “ho relazioni con colleghi” o “il lavoro mi permette di coltivare le mie passioni” e stronzate simili. È più un legame “mentale”. Sei un essere umano precario ed imposti le tue relazioni da precario: relazioni a tempo determinato, scopate a chiamata, figli a progetto e followers. Nessun amico, ma followers, dove ti presenti sempre con lo stesso avatar, perché riconoscibile, scrivi poco, stile unico della battutina, perché come nel lavoro, devi essere smart, simpatico, attraente, dinamico, moderno, perché se domani ti dovesse cascare il pisello nel cesso, tu prima mandi un tweet ai tuoi followers e poi vai a lavoro.

In pratica sei un edonista, nel caso peggiore un fascista edonista, un cattolico edonista (Pasolini – Petrolio) e basta guardare i cofani che ti porti a letto per capirlo. Quelle che dopo i 40 anni si truccano ancora da veline e voi sognate il Porsche, come Briatore, ma lui i soldi ce li ha, voi invece dovete morire, plasmandovi a lui. Potreste morire come Sid Vicious, ma poi quando me la scopo la tettona davanti a me che canticchia Povia?

Il panino non è ancora pronto, ho finito la coca e se esco a fumare, perdo il posto al tavolo.

Il primo maggio si terrà il solito concertone a San Giovanni, quello fatto dai sindacati per reclamare più lavoro, uguaglianza, meno ingiustizie, difendere l’art. 18, la flessibilità e stronzate varie. In realtà l’art. 18 non esiste più nella testa delle persone. Non si tratta di difendere una legge dalla sua abrogazione. Quella c’è già stata, dato che lo status quo non contempla più l’art.18. La società ha emarginato e cambiato nelle sue abitudini il lavoratore, prima ancora di eliminare l’art. 18. La selezione naturale c’è già stata.

Ormai vi diventerà duro solo davanti ad una precaria. E non dite “Io lavoro alle poste, contratto a tempo indeterminato”. Nessuna si sognerà mai d’invitarvi al cesso del bar per succhiarvi l’uccello.