«Egli è una persona intelligente,
ma per agire intelligentemente
l’intelligenza sola non basta»

Fëdor Dostoevskij

*

Mellanie se ne stava sdraiata sul mio letto, in uno stato di semi-incoscienza che la rendeva ancora più attraente. Stordita, con gli occhi socchiusi, mescolava involontariamente il bianco della sua pelle a quello delle lenzuola, ed ogni volta che rideva, senza alcuna ragione apparente, sembrava che l’intero letto stesse ridendo con lei. Sul comodino una bottiglia di Crown Royal vuota, comprata sotto casa soltanto due ore prima, e sul suo viso un ghigno beffardo da ragazzina dispettosa, contenta di esserlo e per nulla pentita della sua monelleria. Le piaceva sentirsi osservata. Sapeva benissimo che in quel momento non sarei riuscito a levarle gli occhi di dosso per nessuna ragione al mondo, e per questo si divertiva a provocarmi, studiando con lo sguardo le mie reazioni. Cercava di capire che effetto mi facesse vederla lì, ubriaca, completamente abbandonata ai suoi sensi, intenta a pizzicare con le unghie l’elastico del perizoma che aveva addosso, facendo scivolare le dita al suo interno, di tanto in tanto, per poi portarsele alla bocca ed assaporarle.

Indossava una delle mie t-shirt preferite. – “Ti piace averla addosso?”.
– “Mi piace. Ha il tuo odore”.

Tirò su le gambe e si sfilò di dosso il perizoma, lentamente, lanciandomelo addosso. Lo afferrai al volo e mi accorsi era umido. E la vidi afferrare con una mano un lembo della t-shirt che stava indossando, strattonarlo verso le sue cosce, e strofinarlo lentamente tra di esse. – “Adesso ha anche il mio odore”.

Tolse anche la t-shirt, rimanendo sdraiata sul dorso, nuda, a braccia aperte e gambe vicine, appena piegate da un lato, in una posa tanto armoniosa quanto eccitante. Mellanie ti stuzzicava fino a mandare in tilt il tuo sistema nervoso, e lo faceva in modo del tutto naturale, senza recitare: era la sua vera natura. Senza mai levarmi gli occhi di dosso iniziò ad accarezzarsi i seni, rotondi e abbondanti, afferrando i piercing che le adornavano entrambi i capezzoli, rigirandoseli fra le dita e socchiudendo gli occhi, lasciando intendere quanto piacere le procurasse quel piccolo gesto.

– “Avresti potuto lasciarmi un po’ di whiskey da bere…”, le dissi, avvicinandomi al letto.

Dischiuse leggermente le gambe. – “Puoi bere me”.

Afferrai la bottiglia sul comodino, mostrandogliela da vicino, a sottolineare il fatto che fosse vuota. Poi la baciai, e le sentii in bocca un sapore caldo e speziato. Raggiunsi il suo orecchio con due sussurri. – “Sai cosa?” (silenzio) “adesso riempiamo di nuovo la bottiglia”. Mellanie inarcò la schiena e sospirò un sì supplicante, divaricando completamente le gambe e mordendosi il labbro inferiore…

Luke mi interruppe nella lettura.

– “Be’? E adesso come dovrebbe andare aventi questa storia? Vuoi scopartela con la bottiglia? È scontato, è poco fantasioso, non ci pensare nemmeno. E poi tutto questo bla bla bla, non è mica un romanzo di Dostoevskij cazzo! dev’essere un racconto porno! Dove sono i cazzi? e i culi? la gente che ci legge vuole tette, fighe, schizzi di sperma ovunque, non vuole un raccontino romantico con un po’ di petting!”
– “Ma Luke, si era detto che la linea editoriale di questo mese doveva puntare verso il pubblico femminile! alle donne piace l’atmosfera, la storia, la trama: bisogna coinvolgerle!”
– “Non me ne frega un cazzo! Se significa perdere duemila camionisti arrapati preferisco continuare con quella che è sempre stata la mia linea editoriale classica, chiaro? e tu cerca di trovare un racconto migliore, o puoi prendere la tua roba e andare a scrivere per qualche rivista di scrittori sconosciuti e sfigati, mi sono spiegato? te lo giuro! quant’è vero che mi chiamo Luke Benassi e che dirigo questa rivista da vent’anni!”
– “Credevo che i camionisti non leggessero i racconti, che guardassero solo le figure…”
– “FUORI DI QUI!”

Non mi ero trattenuto, e forse avevo sbagliato, ma sapevo che Luke non era davvero così, che a lui non interessava il “porno” nei “racconti porno”, ma i “racconti”, e non perché fosse utile ad accalappiare il pubblico femminile, ma perché a lui non importava davvero nulla di interi fascicoli pieni di stupide storie di sesso, di tizi avvinghiati, sudati, magari cosparsi di olio idratante, che si procuravano orgasmi nei modi più assurdi; quella di Luke era solo una scelta dettata dalle leggi di mercato: se scrivi porno devi essere porno, almeno quanto il semplice primo piano di una figa, possibilmente dilatata all’estremo da un dildo molto più grande di lei. In questo caso scordati pure di scrivere un “racconto”, non è “racconto” ciò che gli editori si aspettano da te.

Tornai a casa e pensai che Mellanie si era ubriacata per nulla, e che la sua storia era stata bruscamente interrotta sul più bello. Ero triste. Non so perché, ma mi dispiaceva davvero per lei.

*

Luke tornò a casa, stanco, sperando vivamente che sua moglie non fosse lì ad aspettarlo, che magari fosse scesa a fare un salto al bar all’angolo, a rimorchiarsi qualcuno, scoparselo, e fare abbastanza grana per comprarsi la borsetta che aveva visto in centro solo pochi giorni prima. Non andò così. Erica, 23 anni, imbottita di silicone, non solo era a casa, ma lo stava aspettando sveglia, accucciata sull’enorme divano di fronte alla televisione, vestita con pochi centimetri di stoffa e pesantemente fatta di cocaina. Addio pace.

– “Ciao micione…”, disse lei, cercando di apparire maliziosa.
– “Non serviva che mi aspettassi sveglia”
– “Sì che serviva, aspettavo giusto te… scopami Luke…”
– “Non chiamarmi Luke, non sei uno di quelli che lavora per me. Dammi cinque minuti”
– “Non posso aspettare così tanto, Luke!”
– “Ninfomane del cazzo…”, sussurrò lui, poi disse: “Ce ne metterò tre, tu intanto spogliati…”
– “Consideralo come già fatto…”

Luke entrò nel suo studio, raggiunse la libreria e la osservò a lungo, indeciso se tirare fuori una copia di “Delitto e Castigo” o de “L’idiota”. Scelse il secondo. Guardò il libro e ne baciò la copertina, poi disse: “Scusami per oggi, Fëdor”. Quando tornò da sua moglie, la trovò completamente su di giri.

– “Fammelo succhiare, Luke, prima voglio succhiartelo fino alle palle e farmelo sbattere in gola, poi voglio ficcarmelo dentro di colpo e cavalcarlo finché non esplode”
– “Sai come organizzarti, no? non serve che ti dia una mano”

Erica non gli lasciò nemmeno finire la frase che già gliel’aveva tirato fuori dai pantaloni e preso voracemente in bocca. Luke, dal canto suo, non mosse un muscolo, se non per aprire il libro che aveva portato con sé, raggiungere pagina 118 e mettersi a leggere, dimostrandosi completamente indifferente al fatto che la moglie gli stesse furiosamente succhiando l’uccello, facendogli colare addosso copiosi rivoli di saliva ad ogni movimento del capo. Luke non cambiò atteggiamento nemmeno quando Erica si mise cavalcioni su di lui ed iniziò a scoparselo con ampi movimenti di bacino, degni di una danzatrice del ventre, che dopo dieci minuti la portarono prima all’orgasmo e poi a perdere i sensi, svenendo rovinosamente alla sinistra di suo marito.

Luke voltò la testa e vide Erica sdraiata accanto a lui. Respirava, era sufficiente. Chiuse il libro, si tirò su i pantaloni e tornò a riporlo sulla scrivania del suo studio. Era arrivato a pagina 131.

*

Alessia si muoveva attorno a me. Potevo distintamente sentire i suoi passi riecheggiare nella stanza: lenti, cadenzati, regolari, occasionalmente interrotti da momenti di completo silenzio che sembravano prolungarsi all’infinito. L’elegante incedere di tacchi a spillo, lunghi e sottili, che non potevo vedere, ma che riuscivo ad intuire senza alcun dubbio, e poi la morbida sensazione di lenzuola fresche lungo la schiena, il gusto di Jack Daniel’s sul palato, ed un profumo tiepido di ambra, appena percettibile, che si spandeva nel buio in cui ero immerso… Istanti lunghissimi, il supplizio dell’attesa. Alessia sapeva come farsi desiderare.

Nel buio ebbi la sensazione che il letto si inclinasse leggermente. Adesso era lì, accanto a me, e sapevo che i suoi occhi mi stavano fissando, desiderosi, percorrendo lentamente ogni centimetro della mia pelle, esplorandomi con curiosità, alla ricerca di dettagli mai notati prima.

Non una parola. Alessia preferiva tacere e lasciare che fosse il suo corpo a parlare per lei…

Luke mi fermò di nuovo.

– “Non ci siamo capiti. Cos’è questa roba?”
– “Luke, andando avanti nel racconto li faccio scopare, tranquillo”
– “Perché nei tuoi racconti tutti bevono whiskey?”
– “A me piace il whiskey”
– “A me no, e non è utile alla storia. Hai qualcosa contro il rhum?”
– “Non sono bravo ad apprezzarlo”
– “E non sei nemmeno bravo a scrivere racconti porno. Mi spieghi come diavolo fa lei a fissare lui se è tutto buio?”
– “Be’… lei può vedere lui… il buio è un espediente narrativo, in realtà lui è cieco, e quindi vive la situazione con gli altri sensi”
– “Ma sì! È cieco! Meraviglioso! adesso scriviamo racconti per ciechi! Perché non provi a proporre a qualche regista un film in cui lo schermo resta nero per tutto il tempo e si sentono solo i rumori della scopata?”
– “Be’ ecco…”
– “Possibile che non ti venga in mente nessuna idea interessante? Non riesci a buttare giù una storia con personaggi più convincenti? Che ne so, una puttana di Las Vegas che stordisce i clienti col Rohypnol, se li scopa, gli fotte tutti i soldi e scappa? Guarda che non è difficile trovare un argomento decente! La studentessa e il professore come ti sembrano? L’infermiera e l’ammalato? La cameriera e il padrone di casa? Roba a tre? Piccola figa giapponese contro enorme mandingo keniano? Madri, zie, cugine, sorelle? Frustini? Manette? Cani? Serpenti? Pastori abruzzesi?”
– “Avevi detto che non volevi roba scontata…”
– “Avevo anche detto che volevo un racconto porno, ma se non riesci a fare di meglio, va bene anche roba scontata”
– “Sei uno stronzo Luke”
– “E tu sei sul punto di perdere il lavoro”
– “Ma…”
– “FUORI DI QUI!”

*

Luke aprì la porta di casa e trovò sua moglie sul pavimento, a quattro zampe, mentre un tizio non meglio identificato la stava prendendo violentemente da dietro. Erica urlava di piacere e lo incitava ad aumentare il ritmo, ancora di più. Lui non si faceva pregare e accompagnava i suoi colpi di bacino con pesanti schiaffoni sul culo di lei, che ad ogni colpo lanciava urla di piacere ancora più forti. I due non si accorsero di Luke fin quando non fu lui stesso a fermarsi accanto a loro, guardandoli con aria interrogativa. Erica sobbalzò, il tipo dietro di lei anche, saltando in piedi e cercando di coprirsi come meglio poteva.

– “E questo qui chi sarebbe?”, chiese Luke.
Erica cercò di camuffare il fiatone. – “Lui è Pedro”.
– “E dove l’hai pescato?”
– “È un assicuratore…”
Pedro era paralizzato dal terrore. Luke lo guardò fisso, poi gli chiese:
– “E che assicurazioni vendi?”
Pedro non rispose.
– “Allora?” – incalzò Luke – “che assicurazioni vendi? Le piazzi quelle sulla vita? Te ne sei fatta una anche tu? Può sempre tornare utile, non credi?”
Pedro raccolse i suoi vestiti più in fretta che poté e scappò via. Erica sbuffò.
– “Sei tornato prima del solito oggi, non avevi proprio niente da fare?”
– “Non volevo interrompervi, è lui che è scappato via”
– “Gli hai messo paura!”
– “Gli ho solo fatto una domanda. Sarebbe stato educato rispondere, se non altro perché si stava scopando mia moglie: mi sembrava uno scambio equo”
– “Tu sei completamente fuori di testa, Luke”
– “Comincio a crederlo anche io”
– “Facciamo pace?”, chiese lei, facendo intendere che non le andava proprio di lasciare la scopata a metà.
– “Pace? Non abbiamo litigato”
– “Tu sai cosa intendo…”

Luke distolse lo sguardo e si diresse verso il suo studio. – “Hai comprato un’intera collezione di vibratori. Usali. Io vado a leggere. Domani vieni in ufficio con me, devo presentarti una persona”. Così dicendo raggiunse la sua scrivania, prese in mano il libro di Dostoevskij che aveva ricominciato a leggere la sera prima, si mise comodo e puntò con sicurezza verso pagina 131.

*

Se pensa di licenziarmi giuro che l’ammazzo! Vuole pubblicare semplici porcate? Avrà delle semplici porcate, ma a me questo lavoro serve, non so fare altro, e vorrà dire che intanto cercherò un editore con altri interessi, in fondo non esiste soltanto la sua rivista, ne posso trovare a bizzeffe, ma deve darmi ancora un po’ di tempo, un paio di mesi, magari, non può buttarmi in mezzo a una strada senza preavviso! Luke mi aveva convocato per le 18 in punto. Non sapevo cosa volesse dirmi, ma mi ero preparato per ogni evenienza. Bussai e aspettai che mi fosse permesso di entrare.

– “Ah, eccoti qui” – disse lui – “come va col nuovo racconto?”
– “Ciao Luke. Sto riflettendo sui consigli che mi hai dato e sto annotando un po’ di idee. Se non ci sono imprevisti posso farti avere una bozza entro dopodomani”
– “Lascia perdere. Conosci Erica?”

Luke mi indicò con un dito il divano poggiato alla parete di fronte alla sua scrivania, accanto alla porta da cui ero entrato. Non mi ero accorto che in stanza ci fosse qualcun altro. Chi era quella lì? Quella che mi avrebbe rubato il posto? La nuova Isabella Santacroce? Una mezza specie di Melissa P.?

– “No, non ho avuto il piacere…”, risposi.
– “È mia moglie” – disse Luke – “pensavo che ti avrebbe fatto bene conoscerla, magari ne avresti tratto un po’ di ispirazione”

Erica mi guardò, sorrise, ma non disse una parola. Luke invece si alzò e disse: “vi lascio soli”, poi mi venne accanto, mi mostrò una copia de “L’idiota” di Dostoevskij e disse: “Dimostrami che sei bravo, e ricordati che non sei lui”, poi uscì. Non capivo cosa volesse dire. A chi si riferiva? a Dostoevskij? all’idiota? perché voleva lasciarmi solo con sua moglie? Smisi di farmi qualunque domanda quando Erica si avvicinò, si mise in ginocchio di fronte a me e cominciò ad accarezzarmi sulla patta.

– “A te piace scopare?”, mi chiese.

Non sapevo che risponderle. La risposta era sì, ovviamente, ma era davvero il caso di dirlo?

– “A me molto”, continuò, sbottonandomi i pantaloni. – “Se vuoi posso mostrarti qualche giochino divertente…”

Ero senza parole. Completamente spiazzato. Quando me l’afferrò in mano ed iniziò a leccarlo riuscii soltanto a chiederle: “Bevi whiskey?”

– “No, a me piace lo sherry”, rispose lei.

*

Tre ore dopo Luke rientrò nel suo ufficio, mi offrì una tazza di caffè, dei fazzolettini ed una sigaretta. Fece cenno alla moglie di lasciarci soli, lei annuì e si allontanò, lanciandomi un bacio e facendomi l’occhiolino.

– “Allora, pensi di farcela a darmi qualcosa di interessante per dopodomani?”, mi chiese Luke.

Non sapevo cosa rispondere.

– “Sì o no?”
Non risposi. Luke mi guardò fisso.
– “Lo prendo come un sì”.
– “Luke, io volevo chiederti…”
Non mi lasciò finire la frase.
– “FUORI DI QUI!”

Presi i miei vestiti, mi rivestii in fretta, poi corsi via.

*

Luke appoggiò i piedi sulla scrivania, si mise comodo e tornò a dedicarsi al suo libro. Scorse velocemente le pagine e si fermò a pagina 166. Da lì riprese a leggere.