Antonio Gramsci odiava gli indifferenti e, d’altronde, come dargli torto? Chi non odia i cretini in comitiva che bonfonchiano sempre boh, decidete voi quello che volete fare, per me è indifferente e alla fine per colpa loro ci si ritrova a mangiare la pizza da Gigi il Troione, esattamente come i precedenti settantadue sabati sera?
Tuttavia con il tempo ho imparato a gestire non dico gli indifferenti, ma almeno i miei istinti omicidi nei loro riguardi. Esiste infatti per me un’altra categoria umana che gradirei cambiasse, possibilmente galassia: gli ottimisti.
Ebbene sì, io odio gli ottimisti. Credo che vivere significhi non tanto vedere il bicchiere mezzo vuoto, ma odiare quel bicchiere perché avrebbe dovuto essere pieno e invece no, non lo sarà mai. L’ottimismo al contrario è vedere il bicchiere mezzo pieno, essere felici perché, suvvia, il bicchiere ha qualcosa dentro e vivere dunque nella speranza che prima o poi quel bicchiere sia colmo. L’ottimismo è una fede senza chiese, è un sorriso forzato, è una risposta sbagliata ad una domanda cruciale: per questo io odio gli ottimisti.
L’ottimismo è il peso scemo della storia. Opera potentemente nella storia, in maniera bonaria, ma opera. L’ottimismo è mettere il mi piace ai propri stessi status su Facebook; è ciò che crea gruppi Whatsapp a ferragosto per organizzare al meglio il capodanno; è quello che fa pensare ma dai, proviamo anche questo al governo, non possiamo sempre stare a criticare!; è la materia rosa a pois bianchi che strozza l’intelligenza.
Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua obbiettività, lascia che ci si imbarchi in matrimoni senza senso che solo l’avvocato risolverà, lascia accettare salari, pur di fare esperienza, che solo la pensione di papà renderà sopportabili.
Tra l’attesa speranzosa e la fiducia cieca nel domani, poche pessimiste cassandre andranno lì a indicare per filo e per segno i motivi per cui che minchia c’è da sorridere, ma gli ottimisti non se ne preoccuperanno. E allora sembra sia la sfiga a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia sia un fenomeno incontrollabile, come un foruncolo sul mento prima di andare ad un appuntamento, o una smagliatura sui collant mentre si va ad un colloquio di lavoro. A differenza però degli indifferenti di Gramsci, i quali poi si ritrovano a essere inconsapevoli carnefici di loro stessi, gli ottimisti non recriminano innanzi alle disdette, né cedono di un millimetro alla loro positività. Non importa quante migliaia di volte la loro fiducia verrà presa a cinghiate dal destino, o dalla logica. Agli ottimisti basta che la loro preghiera venga presa in considerazione una sola volta per abbuonarsi le altre trentamila, evitabili, tranvate in faccia. L’ottimista non si pone nemmeno domande, perché è convinto che la sua ferrea volontà riuscirà un giorno a cambiare da sola il sentiero di una strada già tracciata. Attende che dal cielo un raggio di sole lo trafigga, e non importa se il pessimista gli dice ma guarda che stai in una dark room eh.
Per questo odio gli ottimisti, perché la positività è un ambito che relego al test dell’HIV. Limitarsi a sorridere alla avversità, volgere sempre gli occhi altrove di fronte alla bruttura alla ricerca eterna del lato più roseo, percorrere strade senza sbocchi confidando in un lieto fine che non arriva mai per me sono atteggiamenti che indicano solo accettazione dell’esistente. Stare dalla parte del fiume dove piove sempre significa stare dove la storia si muove, trascinando tutto con sé. Le cose cambiano non quando si disegna per sé stessi e per gli altri una speranza confidando che si realizzi; le cose cambiano quando non c’è più nulla da aspettarsi e allora si agisce per rovesciare il tavolo.
Sono pessimista, negativa, tragica, insomma è un piacere avermi alle feste. Tuttavia so che sulla felicità sono state versate cascate di inchiostro, ma per me è un dato di fatto che qualsiasi tappa raggiunta nella vita è il frutto di un lungo percorso di disperazione. Il sorriso è un traguardo, ma ciò che porta tutti quanti ogni giorno a rincorrerlo è l’insofferenza. Perciò non sopporto chi spera, chi attende, chi crede, chi ha fede che le cose un giorno si aggiustino: per questo odio gli ottimisti.