Primo tempo

Il film si apre con una scena di violenza. Un montaggio convulso ci racconta di un esperimento, di una lezione di educazione civica minorile perpetrata sotto lo sguardo complice di un bidello. Lo scenario è quello di una classe mista, dove i bambini normoetnici sono soggiogati e costretti a convivere persino con gli abruzzesi. La voce narrante, un Salvini adulto insolitamente pacato, commemora le vittime di questa tortura: tifosi dell’Atalanta, un crucco e alcuni bambini di stirpe milanese, proprio come lui. La telecamera indugia sul quaderno del piccolo Matteo, martoriato dalle svastiche, e sul suo volto pallido su cui si leggono propositi di vendetta. Parte una musica epica.

Dissolvenza. Salvini ci prova con una ragazza. Secco rifiuto.

Inquadratura del Duomo di Milano. Poi è la volta di un piano sequenza: la telecamera segue una strada di periferia finché non scorgiamo Salvini. Sta appendendo manifesti contro gli abitanti di Pescara. Arriva un carabiniere dall’accento campano per censurare il suo attivismo. Salvini è sottoposto a crudele richiesta di documenti. Il suo manifesto è vittima di distacco e viene commemorato con parole accorate dalla voce narrante, che però lancia anche un messaggio di speranza: “Sapevo che il mio popolo si sarebbe riscattato”. Intermezzo bellico: scene di battaglia tra Salvini e la realtà. Poi parte la musica epica di prima: ha già rotto il cazzo, ma è meglio rassegnarsi, perché la sentiremo per tutto il film.

Stacco.

La svolta. Il momento solenne in cui Salvini si iscrive alla Lega, la firma al rallentatore di un cartoncino. “La mia strada era tracciata”, dice la voce narrante. Scena di combattimento acrobatica in cui Salvini fronteggia l’evoluzionismo e lo uccide. Inquadratura di un’auto che percorre una highway americana: non c’entra un cazzo ma fa molto destino ineluttabile.

Secondo tempo

Le reclute padane sono addestrate da un tizio che parla come un sergente dei marines. L’allenamento è terribile: 4 flessioni, un giro di campo ed esercizi che spingono il cervello al limite delle capacità padane, come la lettura di un articolo di giornale. Le reclute migliori, tra cui spicca Salvini, passano di livello e apprendono la tecnica segreta dell’accademia lombarda: la strumentalizzazione. I più abili diventano capaci di attribuire ai rom la colpa dei disastri naturali e delle donne che dicono “scendo tra 5 minuti” per poi farsi attendere all’infinito. “Dovete imparare a insultare i terroni con gli occhi della mente”, dice l’addestratore per spronare i suoi allievi.

Dissolvenza. Telegiornale. Ultime notizie.

La caduta di Umberto Bossi. La fine di un’epoca. Lo sguardo di Renzo, il figlio del vecchio leader, parla al cuore dello spettatore e trasmette un messaggio: “Non ci ho capito un cazzo”. Poi è il turno di Maroni, ma il suo regno ha vita breve. Spettacolari scene di combattimento tra aspiranti successori. “Vinsi io” è il lapidario commento della voce narrante. Le scena seguente è quella dell’acclamazione: musica epica, strette di mano al rallentatore e quant’altro. Salvini è il capo.

Panoramica. Inquadratura del golfo di Napoli. Primo piano della maschera di Pulcinella.

Colpo di scena. Salvini vuole il consenso del sud perché il matematico più esperto della Lega, uno che al liceo prendeva 6, ha scoperto che tutto fa brodo. Ma non va come previsto. Matteo viene fischiato. Incredibili scene di combattimento: Salvini è alle prese con ortaggi volanti lanciati dalla platea. La voce narrante esprime perplessità: “Terroni di merda”. Momenti di sconforto. Ma arriva l’attentato a Charlie Hebdo, compiuto da terroristi islamici. “Finalmente qualcosa da strumentalizzare” dice Salvini ai fedelissimi. I leghisti esultano e si abbracciano. Nell’inquadratura successiva Matteo guarda l’orizzonte. “Il futuro è mio”, dice la voce fuori campo. Musica epica. Brusio in sala. Vola qualche “siamo fottuti” mentre scorrono i titoli di coda.

[artwork by Humani Instrumenta Victus]