Quando ho visto la scrittura di Renzi, lo confesso, sono scoppiato a ridere.
Diciamo che il tentativo di apertura a Grillo prima, e a Di Maio poi, non è che mi avesse convinto del tutto. Ma quando ho visto i malefici “Convolvoli del III tipo” non ho avuto dubbi. Renzi, come dimostrato in fig. 1, è un gran bel paraculo.
Quei segni contornati da un cerchietto rosso hanno in grafologia un chiaro significato. Il significato viene illustrato da Palaferri (1979, p. 12) ne Gli altri segni morettiani: «Uno psichismo compito o studiato che complica e arzigogola troppo i propri atteggiamenti; uno psichismo che non è solo indirettamente insincero, ma che sotto i bei modi porta avanti una preoccupazione di sé che gioca anche di furberia e, all’occasione, tende anche tranelli. Una cosa che però gli altri avvertono e ne provano fastidio».
La grafologia è quindi in grado di dare una prima risposta alla domanda: «Renzi con Di Maio giocava di furberia? Tendeva un tranello?». A quanto pare (o almeno questo è ciò che sosterebbe un grafologo) è probabile che sia così.
I convolvoli non hanno solo un significato negativo. Come la maggior parte dei segni grafologici, e dei tratti di personalità in genere, hanno implicazioni sia positive che negative.
Pensate alla nota illusione ottica riportata in fig. 2. A seconda di come la si guardi può apparire il volto di una fanciulla o di un’anziana signora.
La stessa cosa vale per il savoir faire: si passa dall’«abilità di approfittare degli altri e delle opportunità che si presentano» (magari quella di diventare Presidente del Consiglio) all’insincerità occasionale e strumentale: «se il soggetto volesse sedurre o ingannare saprebbe farlo benissimo» (Palaferri, 2001, pp. 96).
Tuttavia, come precisa Palaferri, «per l’aspetto positivo dei convolvoli occorre che tali gesti siano di grado ridotto e in contesti positivi per personalità grafica, ritmo e armonia di insieme» (ibidem) e questo, piaccia o meno, è il caso della scrittura di Matteo Renzi.
Se quindi questo segno è «frequente nelle grafie di venditori e negozianti» cos’è un buon politico se non un buon venditore o un buon commerciante?
I convolvoli del III tipo sono sintomo di una sindrome più ampia, il segno Compita insincero.
Per scrittura Compita, in grafologia, si intende una scrittura Accurata, che presenta sia caratteristiche di spontaneità e fluidità che una certa ricerca di effetto. In pratica la giusta via di mezzo tra una persona spontanea e una interessata alla propria immagine sociale. Compito, in italiano, vuol dire infatti «di maniere impeccabili», ma anche «compiuto, terminato», oltre ad essere sinonimo di «educato, garbato, gentile, cortese».
La differenza fondamentale, sempre in grafologia, è quella tra compito espansivo e sostenuto, e non c’è dubbio che Renzi sia (prevalentemente) un compito del secondo tipo, per la presenza di Aste rette e un Largo tra lettere non particolarmente arioso (elevato controllo degli impulsi e dell’espansività)(i due segni sono illustrati nelle figure 3 e 4). È quindi una personcina a modo che sta parecchio sulle sue, e la spontaneità che manifesta è (per lo più) apparente.
Tutt’altro che “pazzo e solare”, come potrebbe sembrare, ha «atteggiamenti coscienti e controllati», «impegno e attenzione nei propri compiti», «bisogno di far bene per avere dei riconoscimenti» (Palaferri 2001, p. 85).
Il compìto ha interiorizzato un senso del dovere molto elevato (si vede che l’istituzione Scout ha fatto bene quel che doveva). Ma il compìto ci tiene anche a ben figurare, anche se va alla Ruota della fortuna, il che ne spiega l’atteggiamento da secchioncello davanti a Mike Bongiorno (notate il piglio del suo «vorrei dare la soluzione»).
Dire che prevalga la maschera parrebbe eccessivo, perché in alcuni contesti viene fuori una maggiore spontaneità (ad esempio le tre ultime righe del primo pizzino, riportate in fig. 5)
Ma sempre di spontaneità relativa si tratta («Ma è così oggi per esigenza di comunicazione o è sempre così ed è impossibile confrontarsi? Giusto per capire, sul serio. Senza alcuna polemica»). Il finto-tontismo è evidente, e la grafologia lo smaschera. L’apertura è solo apparente e il largo tra lettere rimane sub-ottimale. Matteo continua a rimanere sulle sue mentre fa mostra di apertura.
Ma c’è, per caso, un segno grafologico che indica «falsa ostentazione di bontà e generosità» o «modi amabili che nascondono la prudenza nel tacere e nel dire»? (Palaferri, 2001, p. 124). Ma certo che c’è, e manco a farlo apposta, Matteo ce l’ha. È il segno Estesa, che si verifica quando o, a e derivate presentano «una espansione orizzontale sproporzionata rispetto alla lunghezza verticale (Palaferri, 2001, p. 124). In pratica si ha il segno Estesa quando le o e le a sono più larghe che alte (Attenzione, non rilevatelo a casa senza la supervisione di un grafologo esperto: come per tutti i segni è importante il grado e il contesto).
Il segno Estesa, nella scrittura di Renzi, è mostrato in fig. 6 (quelle sono solo alcune occorrenze: divertitevi, si fa per dire, a cercare anche le altre).
Matteo quindi si espande e si estende, ma siccome è paraculo si estende e si espande in modo paraculo. Ostenta un’apertura che non c’è, ma sia Grillo che Di Maio abboccano (o quanto meno fanno mostra di abboccare).
A volte, a un primo esame, sfuggono delle particolarità che si rivelano a un secondo. Se non sapete cosa sia un Riccio del nascondimento, vi viene mostrato in figura 7. Quel riccio ha un significato ben preciso. In senso buono «riservatezza, padronanza dei propri atti e atteggiamenti, segretezza» (Palaferri 2001, p. 193) e in senso negativo un «carattere reticente che si ammanta di semplicità e benevolenza» («io mi ero fatto l’idea che su alcuni temi fosse davvero possibile confrontarsi»!).
Matteo gioca d’astuzia. Il riccio del nascondimento, se sistematico, rivela una tendenza caratteriale, se occasionale rivela un impulso del momento (ma un impulso, ça va sans dire, radicato in una certa struttura caratteriale: a me, che tendo all’oversharing il Riccio del nascondimento non verrebbe nemmeno se scrivessi cent’anni).
In altri termini il Riccio è venuto fuori in un momento in cui Renzi ha avuto un pensierino che ha voluto tacitare. E dove lo piazza il riccio in questione? Ma proprio dove dice «Sul serio»!
Matteo ostenta serietà e, non solo lo ribadisce esplicitamente (chiarissimo esempio di «excusatio non petita»), ma il suo inconscio lo tradisce cancellando con quel riccio quel che ha appena detto. È l’equivalente al linguaggio non verbale di toccarsi il naso.
La domanda che viene fatta più spesso quando si analizza la scrittura di Renzi è: è ambizioso?
La verità è che non ne ho idea. Ed il motivo è che il senso dell’Io (come dicono i grafologi) o l’autostima (come dicono gli psicologi) è una dimensione che nella scrittura si manifesta prevalentemente, anche se non esclusivamente, nel calibro, ovvero nella dimensione delle minuscole minori (quelle senza allunghi né inferiori né superiori).
In questo caso abbiamo a che fare solo una riproduzione e non sappiamo in che misura siano state ingrandite. Se qualcuno sa quali sono le dimensioni esatte della carta intestata della Camera si faccia avanti e parli. Sarà un piccolo passo per l’umanità, ma almeno ci leveremo il pensiero.
Detto questo è probabile che il calibro sia medio-grande o grande, perché dopo aver «fatto l’occhio» a un certo numero di scritture ci si rende conto che alcuni segni «concòmitano» con altri (Rende, 2012). Questo tipo di scrittura (Ascendente, con allunghi inferiori e superiori pronunciati) di solito si accompagna a un calibro medio-grande o grande.
È quindi probabile che Renzi abbia una concezione di sé piuttosto elevata, il che va normalmente a detrimento della capacità di analisi dei dettagli più minuti. Ma per un politico tendere al massimalismo piuttosto che al minimalismo non è necessariamente un male (è impossibile essere buoni comunicatori se non si rimane un po’ in superficie) ed è vero che quel che Renzi perde da una parte lo recupera dall’altra. Il Calibro alto dà infatti non solo «vanità» (vanità, vanità, tutto è vanità) ma anche «vitalità, dinamismo ad ampio raggio, estroversione» (Palaferri 2001, pp. 73).
Anche la pressione si può valutare indirettamente. Di norma per una valutazione e servirebbe l’originale, ma anche in questo caso possiamo arrivarci indirettamente, utilizzando i segni concomitanti. Probabilmente Renzi ha una pressione importante, con tutto quel che ne consegue in termini di «intensità dell’energia vitale», «vitalità», «dinamismo», ma anche «bisogno di indipendenza che degenera in rifiuto di dipendenza e di legami» (citofonare Cuperlo)(Palaferri 2001, pp. 156).
L’aggettivo dinamica è uscito fuori già un paio di volte e a questo punto dovremo parlare anche del segno omonimo, che si ha quando «le lettere si collegano tra di loro con rapidi e semplici tratti a spirale» con «forme letterali scheletriche e staccate con tratti recisi, rapidi e come sfuggenti» (Palaferri 2001, p. 102). Per un esempio di collegamento dinamico si veda la fig. 8. La scrittura di Renzi non ha un altissimo grado del segno (le lettere, per lo più, non sono né scheletriche né recise) è per questo è più corretto parlare di «cenni di Dinamica». Curiosamente il dinamismo viene fuori proprio nella firma, e in particolare nel cognome (o almeno in una delle firme, come vedremo).
Che vuol dire? Vuol dire che si tiene. Una persona con scrittura compita e firma dinamica è una persona che andrebbe molto più veloce di quanto non vada (la sua natura glielo consente) ma che ha imparato a darsi una regolata, per rispettare le convenienze (e convivenze) sociali. Il dinamico non guarda in faccia a nessuno, il compito sì.
Renzi riesce a mescolare le due anime in una sintesi non comune. Il suo dinamismo gli dona un «temperamento dinamico ed efficiente» e un «carattere vitale ed attivo che sembra trovare riposo cambiando occupazione» (Palaferri 2001, pp. 103). Vi ricorda qualcosa? Forse uno che vuole fare una riforma al mese? O uno che mercoledì, se non ha judo, abbassa le tasse?
La sua ipomaniacalità anfetaminica si manifesta anche nello straordinario Ascendente, illustrato in fig. 9. In grafologia distinguiamo tra un Ascendente situazionale (quando si è momentaneamente su di giri) e uno di natura temperamentale (quando la tendenza al “sugirismo” è più radicata).
Quello di Renzi è chiaramente un Ascendente del secondo tipo e il suo significato è del tutto in armonia con quello degli altri: «ottimismo, slancio, iniziativa, volontà che si rafforza durante l’azione» e «tendenza a concepire la vita come una realtà perfettibile» (Palaferri 2001, pp. 62). Vi dice niente? È il profilo del rottamatore-tipo.
Che sia un Ascendente autentico (e che non abbia semplicemente messo il foglio per obliquo) si dimostra considerato che la prima riga («capisco») è quasi aderente al rigo di base. Ma subito dopo Renzi parte, letteralmente, per la tangente. È quindi vero quello che dice quando ammette di essere ambizioso, ma aggiunge che la sua «ambizione è quella di cambiare l’Italia». Non è un pallone gonfiato, ma ritiene davvero (beato lui) la realtà infinitamente perfettibile.
È interessante anche considerare il margine sinistro che nel pizzino n. 2 mostra quella ambivalenza tra progressione (avanti) e regressione (indietro) che abbiamo già visto tra Dinamica e Compita.
Il margine sinistro aumenta fino a metà del documento, ma da metà in poi diminuisce, segno che Renzi si sta facendo più cauto. È esattamente la parte in cui vengono fuori i Convoli del III tipo e i ricci della compitezza (che vedremo a breve). È quindi la parte in cui si sta “imparaculendo” (si veda la figura 10).
E infatti anche il contenuto lo dimostra, perché inizia a tramare («so che parli con Giacchetti. Se ti va bene utilizziamo lui come contatto»). Il riccio dell’insincerità, lo ricorderete, è quello proprio di chi tesse intrighi («con Giacchetti» e «come contatto»: sono le uniche c “insincere” dei due pizzini).
Si è sostenuto che Renzi avesse scritto tutto a “beneficio delle telecamere” prevedendo che i pizzini sarebbero finiti sul blog di Di Maio. Vero, falso? Vediamo che dice la grafologia. L’inclinazione assiale della scrittura di Renzi oscilla tra un Dritta e un moderato Rovesciata (scrittura inclinata a sinistra). Ma d’un tratto, senza preavviso, come mostrato in figura 11, spunta fuori un rilevante Pendente (scrittura inclinata a destra) nell’espressione «della parte mediatica interessa il giusto».
Cosa significa? La scrittura inclinata a destra è quella di chi vuole compiacere, adulare, lusingare o come si dice informalmente, e piuttosto accuratamente, «leccare il culo».
Per Renzi questa non è una caratteristica caratteriale così tipica, almeno non in questa forma così sfacciata (ha invece Angoli C, che indicano un più blando e opportuno savoir-faire). Ma attiva questa tendenza, che evidentemente fa parte della sua cassetta degli attrezzi, proprio (e unicamente!) nel momento in cui scrive che «della parte mediatica interessa il giusto».
In quel momento, si può argomentare, stava pensando alla futura pubblicazione. D’altronde la scrittura Pendente (di grado rilevante) è quella di chi ha «atteggiamenti queruli atti a commuovere o a suscitare sensi di colpa onde ottenere maggior corrispondenza» e di «persona particolarmente abile per essere insincera» (Palaferri 2001, pp. 209-210). In buona sostanza Renzi sta dicendo: ma non è vero nemmeno per niente che della parte mediatica mi interessa il giusto, anzi, mi interessa alquanto.
Una delle caratteristiche che salta maggiormente all’occhio è l’alternanza tra stampatello e corsivo. Come già spiegato in altra sede non ha in grafologia morettiana un significato particolare, ovvero un significato codificato. Può essere una forma di disordine (ma non è questo il caso) o una forma di eclettismo, e rientrare quindi nel concetto di creatività ed inventiva di cui la scrittura di Renzi è provvista in buona misura.
Quello che è invece interessante constatare è che nei due documenti la firma è palesemente diversa e questo non è un buon segno, perché dall’eclettismo passiamo al “travestitismo”, o fuor di battuta, all’istrionismo.
La firma tratta dal secondo pizzino è poco più che uno scarabocchio e sembra non avere nulla a che vedere con la prima (il confronto tra le due firme è in figura 12). Ma soprattutto è una firma «sfuggente» (molto Oscura, Slanciata, Impaziente) di uno che l’ha fatta appena grossa e non ci tiene a prendersi la responsabilità di quello che ha scritto.
È possibile che in questo momento Renzi abbia provato un moto di vergogna per la pagliacciata messa in atto e per la “modesta proposta” fatta a Di Maio. Firmare in modo illeggibile è precisamente un modo per prendere le distanze, intorbidendo le acque (“non sono stato io, è stato quell’altro”).
Ma di firme di Renzi in rete se ne trovano diverse, ciascuna delle quali apparentemente diversa dalle altre.
Il che ci dice che Matteo ha una certa tendenza al trasformismo, una tendenza forse non predominante, ma comunque presente. D’altronde l’avevamo già detto che era un politico di professione?
Abbiamo visto che Renzi ha una scrittura Compita ma in grafologia è buona norma trovare sempre delle conferme a quel che si dice.
Quando la scrittura è compita si avverano quelli che i grafologi chiamano (non a caso) Ricci della compitezza. In questo caso li troviamo in io e ci nella frase finale del pizzino secondo («io ci sono»).
Il gesto è illustrato in figura 13 ed è facilmente interpretabile.
È quello che si chiama Riccio preparatorio: prima di scrivere (e di parlare) ci penso un attimo e prendo le distanze da quello che sto per dire. L’equivalente non verbale è il gesto di «mettere le mani avanti».
Siamo sicuri che Matteo quando scrive «io ci sono» c’è veramente? Fossi in Di Maio qualche dubbio mi verrebbe.
L’ultima cosa che dobbiamo dire riguarda il Largo tra parole. Abbiamo già visto come Renzi sia tutt’altro che impulsivo e che alle cose che dice e fa ci pensa per benino. Questo non è in contraddizione con il dinamismo ma ci propone una bella combinazione. Una persona dinamica ma che non agisce d’impulso. Che pondera e poi concretizza.
Che Matteo Renzi abbia una certa tendenza alla pianificazione è peraltro evidente dal Largo tra parole, che possiamo definire almeno consistente. In alcuni punti è piuttosto rilevante, come mostrato in figura 14.
Questi improvvisi ampliamenti del Largo tra parole sono indice del fatto che la mente sta pensando più del solito (e la mano nel frattempo corre), ovvero sta valutando il da farsi. È un altro segno di non spontaneità.
Ma il Largo tra parole è – in media – discreto in tutta la scrittura, il che indica che Renzi è uno che pensa ben benino prima di fare qualcosa, ed è quindi, ne consegue, per astuzia + pianificazione, un astuto pianificatore.
Sa mettersi da parte al momento giusto (come quando ha perso le primarie), e rimettersi in gioco quando il vento è cambiato (per la spallata finale). Renzi sa aspettare (Largo tra parole), ma quando c’è da agire non va per il sottile (Dinamica).
Se te lo deve mettere dove deve, Renzi sa perfettamente come (e soprattutto quando). E stavolta la citofonata, al posto vostro, io la farei a Enrico Letta.
Post Scriptum.
Un cenno sulla scrittura di Di Maio, che potrebbe fungere da teaser per la puntata successiva. La mia compagna, quando l’ha vista, ha affermato: «Sembra la scrittura di un adolescente che si mette le dita nel naso». Come studioso di grafologia, purtroppo, non ho altro da aggiungere.
Bibliografia (opere citate)
Nazzareno Palaferri (1979), Gli altri segni morettiani, Istituto Grafologico G. Moretti, Urbino.
Nazzareno Palaferri (2001), Dizionario grafologico morettino, Libreria G. Moretti, Urbino.
Francesco Rende (2012), Uno studio statistico su I grandi dalla scrittura. Segni concomitanti in grafologia. «Scrittura. Rivista di problemi grafologici», 161.
Francesco Rende lavora come grafologo giudiziario presso il Tribunale Civile e Penale di Roma, è autore di 101 modi per interpretare la tua scrittura e di Come la filosofia può salvarti la vita, entrambi usciti per Newton Compton, è laureato in filosofia e in psicologia e ha conseguito un dottorato di ricerca in bioetica. Lavora inoltre come traduttore, autore e ghostwriter per diverse case editrici.