Una mattina ti svegli, apri la finestra, accendi la radio e fai una scoperta incredibile: a Roma c’è la mafia. Sembra ieri che le bande della Magliana scorrazzavano in lungo e in largo rapinando, estorcendo e spacciando, ma anche lavorando “conto terzi” per qualche amico magari estremista politico, o qualche servizio. Tutt’al più un affare con la camorra, una stretta di mano con un padrino. Oggi invece ti ritrovi “la mafia.”
Certo, non quella siciliana (alla quale comunque nel dubbio baciamo le mani) ma una mafia autoctona, la mafia de noantri. Una mafia all’amatriciana fatta di politici, affaristi, truffatori, picchiatori, strozzini, spacciatori… insomma, una famiglia di tutto rispetto!
E sì che nessuno lo avrebbe mai sospettato! Sicuramente sarete sobbalzati sulle vostre auto (che vuol dire era una buca?) mentre andavate al lavoro oppure mentre aspettavate l’autobus al freddo da 40 minuti sapendo già che arriverà strapieno.
Ne parlavo giusto ieri sera col mio strozzino di fiducia mentre mi spezzava la seconda falange: “Non ce se crede che è diventata sta città… mò pure la mafia! Quella è concorrenza tosta! Me toccherà anna’ a lavora’ pe’ Equitalia”.
Lo dicevano pure al bar vicino al comune, dove Righetto dell’ufficio lavori pubblici pagava da bere per la sua nuova Maserati con interni in pelle umana: “Una cosa incredibile! Adesso non si sa più a chi chiedere la stecca!”. “Facessero come je pare, io la coppola nun me la metto!” chiosava Er Manbassa, ex pugile, buttafuori, esattore e spacciatore, stirandosi la tuta acetata. Si sa che lui al look ci tiene un sacco. “Vabbé, però se dovemo anna’ in Sicilia a me mica me dispiace… la Puglia m’ha rotto… ” faceva osservare Noemi, la sua ragazza, mentre si rimirava le unghie finte lunghe mezzo metro. Anche il barista scuoteva la testa, mentre con una mano staccava il collegamento delle slot col Ministero delle finanze e con l’altra dava la mazzetta al vigile urbano per non far fare le multe ai clienti che si fermano in doppia fila.
“Dove anderemo a finire?” si chiede la sora Matilde, 85 anni, buttata fuori dalla casa popolare da due energumeni che avevano deciso di assegnarla ad altri bypassando la burocrazia delle richieste e delle graduatorie, mentre arranca in stazione circondata da zingarelli di una decina d’anni che la scuola non l’hanno mai vista.
Persino i muratori stranieri, reclutati a nero per costruire l’ennesimo quartiere fantasma di migliaia di appartamenti, centri commerciali e negozi ma collegato al resto del mondo solo da una mulattiera infame, sentono che nell’aria c’è qualcosa di nuovo e spaventoso, ma bastano un paio di urli del caporale per farli tornare a lavorare a testa china.
Dagli uffici pubblici semivuoti alle discariche abusive, dai campi nomadi alle periferie abbandonate, dalle piazzole di spaccio a quelle occupate da prostitute, dai cantieri di opere pubbliche bloccate a quelle completate ma inutili, in tutta Roma lo sgomento è forte. Almeno per oggi che le notizie strillano dalle prime pagine. Da domani ci sarà già qualcun altro a rimpiazzare questi sudici mafiosi e tutto tornerà come prima.
Scriveva Calvino: “Le città, come i sogni, sono costruite di desideri e di paure”, e Roma non è diversa, tra i sogni di potere dei prepotenti e la paura che governa gli altri.
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