– Abbiamo con noi il professor Demetrio Respelli, linguista specializzato nell’analisi della comunicazione tra persone non normodotate. Oggi parleremo con lui dell’uso dei punti esclamativi.
– È un argomento molto scottante che ho studiato con attenzione.
– Allora cominciamo con la prima domanda. Professore, abbiamo notato che la gente non può scrivere un biglietto di auguri o una lettera minatoria senza usare punti esclamativi al termine di ogni frase. Come si spiega questo fatto?
– Prendiamo spunto da una formula di uso comune nei paesi come il nostro, caratterizzati da una lunga tradizione di convivenza civile e pacifica, e cioè questo augurio: “Vaffanculo! Muori!”. In tale messaggio i punti esclamativi possono essere utili come segno d’interpunzione universale, al posto di punti e virgole, ma c’è chi li considera un indicatore di intensità aumentata, per cui “Vaffanculo!” comporta una retroperforazione ben più severa rispetto al semplice “Vaffanculo”, e ciò implica il ruolo decisivo di un fallo di entità superiore alla dotazione media giamaicana. Un discorso analogo vale per “Muori!, ma poiché il decesso è una condizione assoluta, senza gradazioni d’intensità, è ipotizzabile che l’effetto del punto esclamativo sia un’accentuazione parossistica dell’urgenza, un “qui e ora” che non ammette ulteriori ritardi. E quindi la pratica sodomitica è contestuale alla morte ed è classificabile come vilipendio di cadavere.
– Ed è questa l’unica spiegazione del triste fenomeno?
– Naturalmente no. I punti esclamativi possono anche suggerire l’esclusione di un’interpretazione figurata della frase. In quest’ottica il vaffanculo non va inteso come espressione idiomatica riferita a un generico scenario fastidioso o disdicevole per il destinatario. Quando scrivo “Vaffanculo!”, con punto esclamativo, cerco di dare concretezza al mio invito, il cui oggetto è letteralmente un’attività sodomitica che prevede per il destinatario un ruolo passivo. E “Muori!” non è riferito a un’implosione dell’anima o a condizioni esistenziali di mortificazione dello spirito, ma all’irreversibile cessazione del battito cardiaco che culmina con un funerale in cui il deceduto è descritto inspiegabilmente come la persona migliore del mondo. Ma c’è dell’altro.
– Cosa?
– Nel caso degli sciami di punti esclamativi usati per suggellare frasi interamente in maiuscolo (quindi il nostro esempio diventa: “VAFFANCULO!!!!!!! MUORI!!!!!!!!!”, ndr.), il messaggio ha una valenza identitaria. Denota l’orgogliosa appartenenza dello scrivente (un individuo poco alfabetizzato) alla categoria dei bimbiminkia, noti anche come commentatori medi su Facebook. Oppure si tratta di qualcuno che vuole sbeffeggiare la suddetta categoria, magari aggiungendo qualche “1” tra un punto esclamativo e l’altro, con un’imitazione peraltro ormai logora e sempre meno divertente.
– Ma qual è la teoria più accreditata?
– Secondo l’orientamento dominante della dottrina, strettamente connesso a quello che ipotizza l’esclusione di interpretazioni figurate, i punti esclamativi indicano che le parole “Vaffanculo! Muori!” non sono l’anticamera di un’affettuosa e cerimoniosa amicizia connotata in senso oxfordiano. Insomma, l’intento dei punti esclamativi è togliere credibilità a interpretazioni strampalate del messaggio, per ribadire quella più ovvia.
– Pertanto in questo specifico caso e in tanti altri i punti esclamativi verosimilmente non servono a un cazzo?
– Esattamente.
– Grazie, professore.