Maria Vikernes, passata alla storia come La Piccola Fiammiferaia, o come L’Incendiaria di Capodanno, nacque a Bergen, in Norvegia, nella prima metà del diciannovesimo secolo, per poi trasferirsi, assieme alla madre, Anna, e al padre, Varg, in un piccolo villaggio a nord della Danimarca.
Affetta fin dalla più tenera età da fortissime crisi depressive e da gravi disordini della personalità, Maria è stata sempre ritenuta un soggetto borderline e, per questo, ignorata, discriminata ed additata da tutti come una persona pericolosa per se stessa e per gli altri.
Espulsa da scuola per via di alcuni comportamenti che il Preside bollò come “criminosi”, Maria trascorse per strada diversi anni della sua infanzia, commerciando in fiammiferi per conto del padre, piccolo imprenditore del ramo, noto alcolista, violento e manesco, accanito fumatore e simpatizzante dell’ordine dei Lefebvriani.
In quel periodo, la piccola fu costretta a subire angherie indicibili, con turni di lavoro simili a quelli di un immigrato clandestino, durante i quali, spesso, era obbligata a camminare scalza sulla neve, con pochi stracci addosso, ed una pesante sacca di prosperi e zolfanelli sulla schiena. Lontana da ogni forma di affetto, Maria accumulò per lungo tempo, in silenzio, odio e rancore nei confronti dei genitori e degli abitanti del villaggio, tra i quali, in particolare, alcuni membri di una bizzarra setta religiosa che, dopo aver tentato più volte di esorcizzarla, ripiegò su una semplice azione burocratica di scomunica, ammettendo la maggiore funzionalità del potere giuridico rispetto a quello spirituale. Il tutto avvenne nel più totale riserbo e non suscitò alcun clamore tra la gente. Il caso Vikernes, però, divenne di dominio pubblico quando la piccola, a 12 anni, si rese protagonista del terribile massacro di capodanno, in cui rimasero uccise oltre 160 persone, tra uomini, donne, vecchi e bambini.
Le ricostruzioni di quanto accaduto sono frammentarie e, in alcuni casi, contraddittorie. Sulla versione ufficiale dei fatti, ancora oggi, continua ad aleggiare una densa coltre di mistero, alimentata da detrattori e dubbiosi che ritengono impossibile ricondurre gli avvenimenti di quel giorno all’operato di una singola bambina, proponendo teorie alternative che coinvolgerebbero da un lato la CIA, dall’altro Al Qaeda e, in alcuni casi, gli alieni. È importante sottolineare che, in merito al caso, l’unica prova di colpevolezza nei confronti della piccola Maria è da ricondursi alla delirante e sibillina rivendicazione autografa rinvenuta, alcuni giorni dopo la strage, vicino alle macerie della chiesa di San Giorgio, nella piazza principale del villaggio.
Il messaggio, scritto in un linguaggio ibrido, composto da almeno cinque o sei influenze dialettali norrene diverse, non mancò di destare sconcerto. Le ultime parole della Piccola Fiammiferaia divennero, in breve tempo, oggetto di studio da parte di un gran numero di linguisti, psicologi e sociologi, tra i quali si ricordano, in particolare, Eric Harris, Dylan Klebold e Cho Seung-Hui. Quest’ultimo ebbe modo di fregiarsi del titolo di Helter Skelter al concorso per la miglior traduzione del testo, conquistando il premio della critica per il miglior adattamento e stracciando gli avversari di un paio di lunghezze (qualunque cosa significhi lunghezza, quando si parla di traduzioni):
“È giunto il momento di porre fine a tutto questo. Pensate che fosse davvero mia intenzione arrivare a questo punto? Io non volevo. Non volevo. Siete stati voi a vandalizzare il mio cuore, a violentare la mia anima, ad infuocare la mia coscienza. Pensavate di distruggere la vita di una patetica bimbetta? E invece eccomi qui a difendere le future generazioni di deboli e indifesi. Il fuoco vi purificherà, il fuoco sarà la lezione che dovrete imparare. Il fuoco vi renderà liberi, o perlomeno più teneri al palato”
Maria accese il primo dei suoi fiammiferi alle 22.41, appiccando il fuoco nel giardino di padre Kurtz, il parroco del villaggio.
Correndo lungo il sentiero, col favore del vento, in poco più di venti minuti riuscì a dare alle fiamme circa trenta abitazioni, due magazzini ed una decina di attività commerciali. Alle 23.38 le fiamme avevano iniziato a bruciare in maniera incontrollabile.
Quando la Piccola Fiammiferaia, per godersi meglio lo spettacolo, finì di arrampicarsi in cima alla collina che costeggiava il villaggio, le fiamme avevano già inghiottito l’intero centro abitato, iniziando a spostarsi verso le campagne, tra le urla di terrore dei sopravvissuti ed il rumore delle sirene dei primi soccorsi.
L’evento entrò nel Guinness dei primati come il più grande omicidio di massa mai compiuto da una sola persona, perlopiù disarmata.
Da quel giorno, Maria scomparve, e di lei si perse ogni traccia. Mica male per una ragazzina di 12 anni.