Jem e le Holograms in teoria doveva essere solo l’ennesima serie animata americana anni ottanta pensata appositamente per lanciare una linea di giocattoli. In pratica questo cartone è diventato una sorta di religione, in quanto ha insegnato a più di una generazione di bambini come essere delle perfette drag queen.

Il problema però è che il film live action a lei dedicato ne tradisce completamente l’epica e la poetica, visto che non c’è traccia di spalline, paillettes, parrucche zebrate, ombretti glitterati e manager omosessuali.

Meno male però che l’altra volta passeggiavo per le strade di Roma e passavo sotto la finestra della casa di Paolo Sorrentino, intento a scrivere il soggetto del suo nuovo film. Proprio mentre lui era al gabinetto, una folata di vento ha portato i fogli su cui era tracciata la trama del suo nuovo capolavoro tra le mie mani e in quel momento mi si è riaccesa la speranza. Signori e signore, in anteprima mondiale ecco il nuovo film di Paolo Sorrentino: Jem e le Holograms.

Jerrica Pisapia è un’ex cantante country che ha inscenato la sua finta morte sul palco per potersi ritirare in maniera grandiosa dalle scene. Nella sua stanza allo Chateau Marmont di West Hollywood sta consumando la sua solita cena a base di papaya e cocaina, mentre guarda dalla sua finestra una fotomodella minorenne birmana fare il bagno in piscina con un fenicottero. D’un tratto però sente un messaggio provenire dalla sua segreteria telefonica.

– “Ciao Jerrica, sono tua sorella Kimberly… Devi tornare a casa. Papà è morto. Ti prego vieni, ha lasciato un messaggio per te.”

Decide quindi di fare ritorno dalla sua famiglia e assiste all’omelia funebre, celebrata dal papa a San Pietro.

– “John John John Pisapia era un uomo elegante. La sua musica era elegante. Infatti il suo cuore non ha potuto reggere la sgraziata rozzezza di questo mondo in fiamme. Oggi è finalmente diventato puro spirito come la grandezza a cui anelava.”

Jerrica esce fuori dalla basilica per andarsi a fumare una pipa di crack in santa pace. Mentre la sua vista è rapita da due hare krishna che salmodiano Friday I’m in Love  dei Cure in piazza, le si avvicina la sorella Kimberly.

– “Jerrica, è da così tanto tempo…”

– “Il tempo ormai è un privilegio sorella mia.”

– “Papà avrebbe tanto voluto parlarti, darti questo messaggio prima di morire. Sei tu la sua vera erede.”

– “Un erede esiste solo quando c’è un legame.”

– “Jerrica tutto quello che vuoi, ma gli hare krishna mi hanno fottuto l’accendino, mi fai accendere?”

– “Cosa dovrebbe accendere una persona spenta come me?”

Dopo un’ora di frasi ad effetto, con il sottofondo della Messa in Do Minore di Mozart e di MMMMbop degli Hansom, Jerrica decide di seguire la sorella Kimberly nel deserto del Nevada, dove il loro defunto padre John John John aveva la sua casa discografica, la Pagoda Records.

– “Kimberly ho smesso con la musica. Io non voglio più registrare un solo album.”

– “Papà se n’è andato. Tu te ne sei andata. Mi è rimasto solo questo computer  a ricordarmi che il dolore non è la destinazione finale.”

– “Scusa ma che stai dicendo?”

– “Jerrica è un film di Sorrentino, non è che ti posso dire così come se niente fosse papà ti ha lasciato la casa discografica e un computer magico che si chiama Energy, devo dire un sacco di cose significative a cazzo che ci stanno pure in sottofondo i violini e abbiamo una fotografia mostruosa, dai su!”

Jerrica impiega almeno due intensi primi piani a guardare un tizio nudo che pattina con i rollerblade nel deserto del Nevada prima di accendere Energy.

– “Ciao Jerrica io sono Energy. Tuo padre mi ha creata per renderti una grandiosa cantante rock grazie a due orecchini.”

– “Mi dispiace Energy, io non canto più. È andata così purtroppo.”

– “Nemmeno ci accorgiamo quando passiamo dall’età in cui diciamo farò così all’età in cui diciamo è andata così.”

– “Energy la migliore cosa che ho capito subito dopo il mio compleanno è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare.”

Jerrica va allora a fumarsi uno spinello davanti ad un convento di monache carmelitane impegnate a giocare a nascondino con dei pavoni. Un manifesto però ruba la sua attenzione: in città quella sera si sarebbero esibite le Misfits, la band della sua eterna rivale in classifica, Pizzaz Gambardella.

Giunta al luogo del concerto, la vede esibirsi attaccata al soffitto sopra una folla di fan adoranti. Conclusosi il concerto, Jerrica si reca nel camerino di Pizzaz per parlarle.

– “Pizzaz ti devo dire una cosa assolutamente. Anche se non ci vediamo da tantissimi anni resto sempre sorpresa che ti consideri una mia rivale. Una mia pari.”

– “E perché?”

– “Perché tu sei un’artista! Non abbiamo assolutamente niente in comune! Io sono solo una squallida cantante country che scrive testi fintamente depressi, finché due ragazzi deboli ascoltandoli ci sono rimasti secchi! Allora io vado al cimitero per cercare di lenire il senso di colpa, ma non passa! Dicono che la cocaina scassa la memoria, ma io mi ricordo tutto!”

– “Jerrica, il problema non sei tu. Il problema è il country.”

La scena stacca improvvisamente su Jerrica che cammina pensierosa lungo una versione metafisica dei Fori Imperiali, visto che non ci sono i camion-bar o gli ambulanti abusivi. È sera, e mentre in sottofondo si sente Alexanderplatz di Milva, Jerrica trova a un semaforo un rinoceronte fermo all’incrocio. I loro sguardi si incontrano. La voce in fuori campo di Jerrica conclude poeticamente il film.

– “Finisce sempre così. Con la morte. Prima, però, c’è stata la vita, nascosta sotto il bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L’emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l’uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell’imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla. Altrove, c’è l’altrove. Io non mi occupo dell’altrove. Dunque, che Jem e le Hologram abbiano inizio. In fondo, è solo un trucco. Sì, è solo un trucco, glitterato ovviamente.”