Pìncio. Poi col ditìno flìppo, slàido e scròllo. E spesso tìppo. Tosto m’intrippo e godo. Soverchiamente, ammetto. Specie di bungabunga e di corrotti, di frizzi e lazzi e di napolitani, di grilli, di grillini e stracquadani. Storie di lauree e di virtù perdute, di grandi paladini e di gabelle, gesta di movimenti cinque stelle, franciosi sgarrupati e laidi e craxi e di marchionni e sciopero dei taxi. Iotùbo, rubo e primo! copincollando il tagliaecuci posto, indi commento, navigo e rincùlo. Rido, m’incazzo, trépido e sputacchio, tergendo di saliva il Benedétto e tutta l’imu e articoli diciotto. Clicco riclicco ed il popàppo schìppo, ed ogni tanto sciàro, spammo e trollo e con belèn sfarfallo. E mi smanetto. Poi mi sbomballo, e tiro via il cavetto.