Nella totale indifferenza che in questi giorni mi si è appollaiata sulla spalla (considerato che la situazione sociopolitica italiana equivale a guardare una puntata dell’ispettore Derrick già vista sei volte, facendo un massaggio prostatico a un macaco), ho pensato di raggruppare le principali fonti di preoccupazione della settimana e applicarle a un antico strumento di cura che la filosofia greca ci ha lasciato in eredità: il tetrafarmaco di Epicuro.

Che palle, direte voi. E vi girerete verso il vostro macaco che vi guarda desideroso dall’angolo del divano. Ma lasciatemi prima spiegare.

Epicuro, zozzone greco che andava in giro molestando fanciulli e ascrivendosi tutta la saggezza del mondo (come il Papa, per intenderci, ma senza gli oscuri risvolti finanziari e giudiziari), aveva suddiviso le paure principali dell’uomo in quattro categorie. Comodo, per un popolo per cui sgozzare le capre era un ruolo di primaria importanza. Provate voi a chiedere agli dei di saltare la fila all’ASL sgozzando una capra. Otterrete un TSO o bene che vi vada un plauso di Cattelan.

Comunque, il tetrafarmaco è così ripartito, tra mali dell’uomo e relative soluzioni:

1. Il timore degli dei. Non ha alcun senso temere gli dei, perché gli dei sono perfetti (e umili) (e hanno peni giganteschi, spesso multidimensionali) e non hanno il minimo interesse nelle cose umane (tranne che per lo scopare, l’avvolgersi il pene in una fastidiosa patina di gomma, fare quadrato intorno a medici bigotti, chiedervi di esplodere in un mercato e via dicendo). Quindi non c’è da curarsene, ed è stupido associarli ad animali da cortile quando date una tibiata contro il comodino, tanto quelli vi liquideranno in un pfui. Inoltre non abitano sulla terra (tranne alcuni, che comunque sono difficilmente rintracciabili perché le loro dimore sono esentasse). Essi abitano in spazi intermedi tra i pianeti. In particolare tra i miei.

2. Il timore della morte. La morte non è niente, è uno status di assenza di qualità antropo-biologiche, ossia è uguale a essere un sasso o il responsabile marketing di una causa farmaceutica. Se sei morto, non esisti. Se esisti, non sei morto. Ed è questo che ho scritto stamattina alle popolazioni di Ucraina e Crimea. Perché mi pare l’unica cosa da dire a uno che deve avere a che fare con Putin, l’equivalente superomistico di un bullo del liceo, che t’infila la testa nel cesso non perché hai fatto qualcosa, ma perché ti vuole anche mettere un dito nel culo. Per Putin, ogni Stato che non sia il suo è sostanzialmente un macaco.

3. L’assenza del piacere. Epicuro su questo punto è estremamente chiaro, sostiene che è sufficiente evitare di farsi la tessera del PD.

4. Il dolore fisico. Per quanto riguarda il dolore fisico, se è leggero sostanzialmente ti stai zitto, non ci rompi i coglioni e subisci. Se è medio, ti attacchi lo stesso, tanto ti passa, e nel frattempo non ci rompi i coglioni. Se è terribile e irrimediabile, prima o poi muori, quindi poi non esisti più e ci rompi i coglioni perfino meno degli altri. Quello che Epicuro non dice è cosa deve fare Piergiorgio Welby, ma quello tanto lo sa il suo alter ego, il Papa. Se invece il dolore è nell’anima, Epicuro afferma che è il prodotto di opinioni errate, fallacie mentali e asinina stupidità; in quel caso è sufficiente smettere di credere allo sbrodolìo delirante di Beppe Grillo e smettere di leggere quello che il suo codazzo di psicolabili scrive su facebook.

Mi rendo conto che può apparire, ai giorni nostri, come una teoria semplicistica. Ma è il meglio che posso fare al momento, visto che tra pochissimo comincia Derrick e il macaco ha già iniziato a farmi gli occhietti dolci.