Premessa maggiore: mai fidarsi delle multinazionali farmaceutiche.

Le case farmaceutiche raccontano solo una parte della storia. Prendete il sito della Bayer. C’è una breve biografia di Felix Hoffmann, chimico tedesco. Tra gli eventi salienti della sua esistenza, la Bayer menziona la scoperta dell’aspirina nel 1897 e il soggiorno in Svizzera negli ultimi anni di vita. E poiché vivere in Svizzera è indubbiamente un’attività esecrabile, forse l’aspirina è il motivo che ci spinge a ricordarlo.

Ma quella biografia tace qualcosa. Pochi giorni dopo aver sintetizzato l’aspirina, Hoffmann seguì le istruzioni del capo laboratorio Heinrich Dreser e creò la versione stabile di un altro farmaco, la diacetilmorfina, meglio conosciuta come eroina.

Di questa sostanza oggi sono noti i pesanti effetti collaterali, come le campagne contro la droga di DJ Aniceto, ma per decenni conservò una nomea rassicurante. Nei manifesti pubblicitari c’erano madri che somministravano a figli sorridenti “Heroin”, il fantasmagorico sciroppo che calmava la tosse dei bambini e dei jazzisti nordamericani.

Tutto questo evoca orchi, fantasmi dell’inconscio, caramelle ricevute da sconosciuti e canzoni di Povia. C’è un passato in cui la Bayer dava l’eroina ai bambini. Basta questo episodio, uno tra tanti, per mostrare che le multinazionali farmaceutiche possono partorire mostri. E non mi riferisco al pur terrificante spot di Moment Capsule Molli. Il passo successivo è generalizzare: anche l’aspirina rappresenta un pericolo per il genere umano.

Premessa minore: i farmaci omeopatici non vengono prodotti da multinazionali farmaceutiche.

Felix Hoffmann, a giudicare dalla foto che lo ritrae, era un tetro burocrate con un inquietante pizzetto. Invece l’omeopatia, in apparenza, è gioiosa simbiosi con il creato. Celebra forze vitali, armonia con la natura e altri concetti cari a Paulo Coelho, mentre la scienza non affascina i cultori delle pratiche omeopatiche perché riporta a galla il ricordo di brutti voti presi al liceo, peraltro meritati. Il conflitto è inevitabile.

Numerosi ricercatori, attaccati a cose obsolete come la realtà, hanno evidenziato che i farmaci omeopatici sono intrugli senza proprietà curative. Forse perché, al termine di un procedimento che prevede ripetute diluizioni, il principio attivo è praticamente assente.

Per spiegare il presunto effetto benefico delle pozioni ottenute, i sostenitori dell’omeopatia fanno ricorso a strane nozioni, tra cui la memoria dell’acqua. L’acqua, dicono, conserva il ricordo del principio attivo, e quasi te la immagini, mentre si sveglia di notte urlando a causa di quel chiodo fisso.

La medicina ufficiale, insensibile di fronte alle suggestioni poetiche, ha deriso la memoria dell’acqua e tutto il resto. Ma deridere la memoria fa pensare a un sacrilegio. In questo modo, paradossalmente, la scienza ha conferito lo status di avversario del sistema a chi, come l’azienda francese Boiron, si fa beffe del metodo sperimentale. La Boiron è nata per volontà di due fratelli e questo le consente di definirsi ovunque “azienda familiare”, marcando le distanze dagli asettici giganti come Bayer. Di una famiglia ti fidi, di Big Pharma no.

Eppure la Boiron sembra quasi una multinazionale legata ai profitti come tante altre: ha sedi in diversi continenti e non regala nulla. Ciò la pone come minimo tra i grandi sfruttatori del lavoro salariato in uno scenario marxista su scala mondiale. Ma il gioco delle parti che contrappone la medicina omeopatica a quella ufficiale non è marxista, bensì quasi esoterico. È un universo parallelo in cui trovano posto bambini indaco, totem new age e il pensiero filosofico di Romina Power. Sarà pure una multinazionale, la Boiron, ma non come certe case farmaceutiche che producono pillole senza memoria.

È una multinazionale a modo suo. Familiare.

Conclusione: fidarsi dei farmaci omeopatici.

Poiché la Boiron, per qualche strano motivo, non è da considerare una vera e propria multinazionale farmaceutica, essa non fa parte della grande macchinazione che va dall’eroina alla probabile selezione di uomini geneticamente modificati per dire in un secondo “è un medicinale, leggere attentamente il foglio illustrativo, non somministrare sotto i 12 anni”.

La Boiron, a quanto pare, agisce per il benessere comune con spirito filantropico, e manifesta il suo disinteresse per il denaro vendendo a prezzi esorbitanti composti privi di principi attivi di provata efficacia. Come Di Bella, è esponente della resistenza donchisciottesca contro leviatani devoti alla verifica sperimentale.

Chi sostiene il contrario in una discussione, magari riportando dati scientifici e menzionando l’effetto placebo, dapprima è bollato come complice prezzolato del sistema, poi sbatte la testa contro il muro in segno di resa e infine viene colto da una violenta cefalea che una semplice aspirina non riesce a curare, con grande soddisfazione dei suoi interlocutori. Gli ci vorrebbe una bacinella d’acqua con una memoria da elefante.