Se è vero che per ritrovarsi bisogna necessariamente perdersi, è altrettanto vero che perdersi, ormai, è diventato quasi impossibile. La tecnologia ci permette di geolocalizzarci, calcolare percorsi e, senza bisogno di chiedere indicazioni, arrivare ovunque. Nonostante questo, l’uomo non ha ancora smesso di farsi una delle sue domande più primordiali: “Dove stiamo andando?”. Perché anche se la tecnologia ci aiuta, se i satelliti e i segnali radio ci permettono di calcolare con precisione ogni minimo spostamento che facciamo, le vere direzioni che ancora ci mancano sono quelle morali. Magari, un giorno, riusciremo a inventarci un navigatore che ci permetta di capire dove stiamo veramente andando, che ci dia indicazioni come: “Al prossimo incrocio saluta tu per primo”, “Continua dritto mantenendo il sorriso”, “Fai inversione e rifletti su come ti sei comportato”, “Tra 200 metri smetti di fare lo stronzo”. Magari ci aiuterebbe a capire che il senso della vita non è altro che: “Smetti di fare gli stessi errori e alla rotonda prendi la prima uscita”. E se qualcosa dovesse andar storto, nessun problema: il navigatore sarebbe sempre al nostro fianco per dirci “Tranquillo, hai fatto una cazzata, ma adesso ti ricalcolo il percorso”.