Ho un grosso problema con la Siria. Peggio di Obama. Anzi, diciamola com’è, ho un grosso, grosso problema con tutto il Medio Oriente. Davvero. E non ho speranza di risolverlo, questo mio problema, perlomeno non in questa vita.
È un problema fin dal nome, il Medio Oriente. Persino a livello ortografico: Medio Oriente o Medioriente? Dice, vanno bene tutt’e due. Sì, ma io non posso mica usarle tutt’e due: o l’una o l’altra. Dice, fai un po’ l’una un po’ l’altra. E no, non si può. A me piace la coerenza, e non aggirarmi tra le parole così, senza una regola, bighellonando, prendendo e usando come capita, tanto va bene comunque: o Medio Oriente o Medioriente. Sennò sembra che parlo di due cose diverse, e c’è il rischio di incomprensioni: all’inizio pare nulla, ma dopo un po’, statene certi, vi ritrovate sul pianale di un pickup diretti verso un checkpoint con un Kalašnikov in mano e litanie religiose in bocca. Dico io, ci vuole tanto poco a decidere uno standard: facciamolo. Non possiamo finire come con i DVD+R e -R.
Fosse tutto qui, il problema. Fosse solo ortografico. E invece è pure semantico. Cosa significa esattamente Medio Oriente? Si tratta di una posizione o di una misura? O di un qualche grado qualitativo? Perché se parliamo di posizione, vuol dire che, preso l’Oriente nella sua interezza (che pure lì, Oriente rispetto a chi, a cosa? Abitiamo su una superficie illimitata, santodio), ci sono tre zone: Vicino Oriente, Medio Oriente, Lontano (Estremo, per gli avventurosi) Oriente. Quindi, o il Vicino Oriente è la Turchia (ma è Oriente, poi, la Turchia, o è Occidente?), il che mi pare sinceramente una stupidaggine, oppure qui le divisioni sono state fatte a caso.
Se si tratta di una misura, come per le birre, allora ci sono: Piccolo Oriente, Medio Oriente e Grande Oriente. Il problema, anche qui, è la Turchia (ma non possono decidere da che parte stare una volta per tutte?), che sarebbe il Piccolo Oriente, in teoria. Di nuovo: o è una stupidaggine o le divisioni sono state fatte da un pessimo barista.
Se invece parliamo di una qualche differenza qualitativa, nel senso del grado di orientità, e quindi ci sono il Poco Oriente, il Medio Oriente e il Tanto Oriente, la colpa non è della Turchia, ma dei tour operator, che pur di giustificare il prezzo immorale di un viaggio in Giappone devono inventarsi questo e altro.
Insomma, c’è fin troppo materiale per le incomprensioni. Certo, all’inizio pare nulla, ma dopo un po’, statene certi, vi ritrovate a un checkpoint, sulla torretta di un cingolato, con un M16 in mano, a canticchiare di stelle e strisce.
Tutto questo, anche solo limitandoci al nome Medio Oriente. Ma c’è molto altro. C’è che in un mondo che va a benzina il Medio Oriente è un’isola che galleggia su un mare di petrolio. C’è che in un mondo in cui tutti stanno a sentire Dio, anche se non parla mai, il Medio Oriente è la patria delle tre grandi religioni monoteiste, che in più si sono frammentate in una miriade di sotto-religioni, confessioni, interpretazioni, chiese, congreghe, sette, tribù via via fino alle particelle di Dio. C’è che in un mondo in cui i soldi veri si fanno con l’industria bellica vendere armi in Medio Oriente è facile come per un porchettaro vendere panini alla fine di un concerto reggae. C’è che gli israeliani vogliono la loro terra promessa, ma Yahweh deve aver fatto il furbo col contratto, perché era già affittata ai palestinesi. C’è che gli Stati Uniti e la Russia non ce la fanno a uscire da quel film d’azione dalla pessima trama di cui vogliono essere gli unici protagonisti. C’è che gli Hezbollah, e Al-Fatah, e gli Ayatollah, che pare il verso di una canzone di Rino Gaetano. C’è che il terrorismo, e il pacifismo, e la guerra preventiva, e la missione di pace. C’è che l’ONU così non va. C’è che la armi chimiche, la propaganda, l’estremismo, la rivoluzione, i regimi, Al Jazeera, l’11 settembre, Bin Laden, il deserto, i bunker, i kamikaze, Beirut, i razzi, i droni, gli equilibri, gli scenari, le borse, i civili, le bandiere bruciate.
C’è che il mio problema col Medio Oriente è che non ci capisco un cazzo. Troppa roba tutta assieme. Una moltitudine di variabili in azione da troppo tempo. Un livello di complessità che io non ce la faccio, e altra che se ne aggiunge ogni santo giorno.
E io m’incazzo, perché quando mi scorre davanti l’ennesima replica della stessa guerra, solo che questa volta il nome sugli schermi e sulle pagine è quello della Siria, me ne sto lì, immobile, e non c’arrivo. Vorrei schierarmi, prendere una posizione, capire anche solo se esiste una posizione da prendere, valutare tutti gli elementi, ragionarci, ma per quanto mi sforzi non ci riesco. Perché raccogliere tutti i dati, le informazioni, le storie, valutando e pesando ogni fonte, per poi risalire alle ragioni, attraverso le catene di cause-effetto, capire, in buona sostanza, cosa diavolo è successo e va succedendo, in modo da poter dire, con un grado decente di approssimazione, che è più ragionevole stare da una parte che dall’altra, è al di là delle mie capacità intellettive.
Così, come l’asino di Buridano, me ne sto lì fermo, incapace, incazzato, mentre la più banale delle tentazioni mi assale, quella del qualunquismo, e mi porta alle labbra parole come “polveriera” e frasi come “ci vorrebbe una bella bomba”. Ma se non sono abbastanza intelligente da fare una scelta ben ponderata non sono neanche sufficientemente stupido da sapere che quella lì non è che la morte di ogni raziocinio, lo spegnersi del cervello, al pari del prendere una posizione per sentito dire, per simpatia, perché lo dicono tutti su Facebook. E me ne resto lì.
Ecco, questo è il mio grosso, grosso problema col Medio Oriente. E mi piace pensare che questo stesso problema lo abbiate anche voi, lì, immobili, incapaci, incazzati, altrettanti asini come me.
Invece so che la maggior parte di voi ha già deciso che bisogna bombardare la Turchia.