Dove son andato a lavorare stamattina, c’è un porto canale bellissimo.
Ero lì che camminavo lungo questo porto canale e mi trovavo un po’ sovrappensiero, nel senso che avevo la testa piena di quelle cose che ti capita di pensare nei quattro o cinque minuti giornalieri in cui, pur essendo un maschietto, non pensi alle tette. Mentre pensavo e camminavo, camminavo e pensavo, non ho fatto caso al fatto che ho sorpassato un vecchietto in bicicletta. Pensavo che da qualche giorno ho mollato il colpo, informativamente parlando. L’indulto, l’affidamento ai servizi sociali, la legge di stabilità, Lapo Orso Capo, la manifestazione a Roma… negli ultimi giorni ho sorvolato, letto meno, meno bene.
Non so, forse un lieve stress post-traumatico da arroganza brunettiana in prima serata, o il fondato timore che mi tumulino Priebke in giardino senza dirmi nulla. Roba che poi, avere la casa costruita su un cimitero indiano, in confronto porta bene e ti alza il valore dell’immobile. Ma tant’è.
Qualche passo e mi sono fermato a guardare una barca ormeggiata. Grossa. Un barcone da pesca, metallo e vetroresina bianco scheggiato, piena di cime, di argani meccanici, di grate strane sulla poppa, ed è subito Chiamatemi Ismaele. Pensavo Diomadonna, te affronti il mare quello grosso davvero – di notte – quando non è che escono per fare un giro, escono per mangiare, e tutte quelle robe poetiche à la Pierangelo Bertoli e Fiorella Mannoia. Ho continuato a guardare e ho visto dei rami secchi, anneriti, fissati a prua, sopra alla cabina di pilotaggio.
Era un ramo d’ulivo. Cioè, questi si sono messi un ramo d’ulivo benedetto sul barcone, per proteggersi. Puoi anche non crederci – ho pensato – puoi anche bestemmiare fino a due secondi prima, però se sei lì in mezzo alla tempesta ti aggrappi a tutto. Poi, non lo so perché – non c’era nessun televisore, e quindi non c’era Renzi – però mi è venuta in mente la Democrazia Cristiana, e ho avuto paura.
A quel punto – tra me e il barcone – mi è entrato nel campo visivo il vecchietto, bicicletta e tutto, che avevo sorpassato a piedi. Io non avevo mai visto sovvertire le leggi della Fisica dal vivo, ma quel vecchietto lo stava facendo, e probabilmente stava facendo anche i 75 cm/h: andava così piano che sarebbe dovuto cadere. Ne ho immaginato l’urto a terra e il disintegrarsi del femore, lo scardinarsi delle anche, la polverizzazione dell’ulna, tanto che stavo per prenderlo, ma non mi sono mosso: era tra me e il ciglio della banchina. In un attimo, se prendeva paura o sbagliavo io, era nell’acqua.
Allora mi son trovato a rimanere fermo, a guardare questa moviola della moviola di una pedalata.
Rimaneva su. Sforzi immani, ma rimaneva su contro ogni evidenza e meccanica. A ogni refolo, la ruota davanti accennava un “no” con la testa, ma il tutto andava avanti e rimaneva su. Giovanardi poteva fare una dichiarazione di quelle che tende a scorreggiare lui, ma nonostante quel venticello, il vecchietto andava avanti. Avversari politici potevano augurare uno stupro agli oppositori e questi magari ci cascavano e si riducevano al livello di farsi pari, ma si rimaneva su. Potevano dire ufficialmente che a Ustica è stato un missile, ma avanti. Potevano averci condizionato con anni di comunicazione sul bipolarismo e estremizzato tutto tanto da farci trattare chi la pensa diversamente da noi come un nemico, ma si rimaneva su.
E anche se cadeva, una pensione calcolata col retributivo in meno da pagare, e che cazzo.
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