Non è facile essere siciliani. Non mi riferisco solo al dolore immenso che colpisce qualsiasi emigrato il quale, con il cuore colmo di ricordi degli scintillanti bar con i banconi traboccanti di pornografia dolciaria, ora si ritrova invece a scegliere tra un bombolone sgonfio alla crema color evidenziatore e un tramezzino ammosciato dall’acquetta della lattuga. Mi riferisco al fatto che ogni siciliano abbia in dote fin dalla nascita un armamentario di luoghi comuni in parte accusatori e in parte consolatori con cui dovere convivere fino alla morte.

Difatti, non appena io rivelo le mie origini, la faccia delle persone cambia. Da una parte ci sono quelli cresciuti a pane e fiaccolate antimafia che pensano le cose più assurde, tipo che riesco contemporaneamente a chattare sul telefono e a scansare i cadaveri per strada, o che tengo party a base di capretto sgozzato per festeggiare il mio fidanzamento con il rampollo della famiglia alleata alla nostra. Per carità, la Madonna non si inchinerebbe davanti la casa di mio padre nemmeno per raccogliere il cellulare. Dall’altra poi ci sono quelli storditi dai libri di Camilleri e dai film di Tornatore, secondo i quali io provengo da una sorta di Macondo dove è estate per dodici mesi, abitiamo solo in ville in riva al mare e le donne sono vestite di nero e tutte bravissime a cucinare. Difficile disilluderli dicendogli che vivo in un condominio azzurro e grigio vista stazione di benzina, che in questo momento ho addosso tre felpe di pile sopravvissute agli anni novanta, che le donne sono vestite di rosa e leopardato e io, quando sono stanca, ho la segreta tentazione di versare la pasta direttamente dentro la latta della polpa Mutti.

Dunque con tali preconcetti è molto complicato per chi abita da Villa San Giovanni in su capire per quale motivo noi siculi dovremmo trovare votabile Matteo Salvini. Eppure, dopo una preventiva flebo di Maalox, quando mi accingo a sbirciare la sua pagina fb, sotto i suoi tipici post della serie Ciao a tutti, sto facendo il bidet al mio gatto cristiano alla faccia della Boldrini, voi invece?, trovo sempre qualche Salvatore di Canicattì che afferma nei commenti di non vedere l’ora di votarlo.

Ok, sono conscia che la Sicilia sia la maggiore esportatrice di motivi di vergogna per l’Italia nel mondo, però Salvini fa parte di quel partito, la Lega Nord, che fino a cinque minuti fa ci considerava la scorreggia dell’universo. Eppure il tanghero scorrazza giulivo per il Sud, i sondaggi lo danno in crescita e il suffragio universale dà l’ennesima prova di quanto sia una cosa meravigliosa.

No, non stiamo lì a immaginare chissà quali complotti orditi da Cosa Nostra, dalla Massoneria e dal Regno delle Tenebre ci siano dietro la probabile incoronazione del nuovo viceré. Se in Sicilia abbiamo intasato le fogne a forza di buttare nel gabinetto il nostro voto è anche per precise ragioni antropologiche. Carlo Lucarelli diceva che l’Emilia è da sempre una terra avversa al potere di turno; la Sicilia invece si premura di portare al potere non solo l’acqua con le orecchie, ma anche l’apericena. Questo perché la Sicilia, dagli antichi greci fino alla Democrazia Cristiana, è sempre stata terra di conquista.

Così, per adattarsi di volta in volta meglio al sovrano di turno, il siciliano ha imparato a non avere mai principi da seguire, bensì problemi da risolvere. Il siciliano non si lascia certo abbindolare da tante poesie: vuole che qualcuno risolva subito le sue innumerevoli grane, non importa chi e, soprattutto, come. Non ha voglia certo di sentire qualche candidato secchione con il suo bla bla bla sull’etica in politica e sul non parcheggiare nei posti riservati ai disabili quando ha problemi molto più grossi. Vogliamo parlare per esempio di quanti hanno bisogno di sistemare in qualche modo il marito della figlia che tra poco sgrava? O che non sanno come fare ad accatastare l’eliporto con centro benessere sbocciato improvvisamente sul tetto di casa?

Il siciliano lo sente subito quando dall’altra parte ha una persona pronta a infrangere tutti i limiti della prostituzione per farsi eleggere: si crea così una corrispondenza di amorosi interessi tra elettore ed eletto, un eterno rincorrersi alla ricerca l’uno dell’altro in nome del piacere reciproco, insomma un legame profondo e indissolubile che né il destino né il tempo possono scalfire, a parte l’intervento della Procura di Palermo. Non importa quindi se Salvini possa arrivare a twittare L’unica via è la pedofilia pur di raggranellare qualche decimale nei sondaggi, purché egli si ricordi che in Sicilia il voto è l’apostrofo rosa tra le parole lavoro e condono. Solo allora tutti, da Niscemi a Ficarazzi, saranno pronti a difendere la razza ariana fino all’ultimo sangue in suo nome.

E l’opposizione, mi chiederete? Ma sì, l’opposizione sociale e trasversale allo status quo, quella ispirata dall’esempio di Falcone, Borsellino, Chinnici, Pippo Fava… La quale si concretizza puntualmente nella candidatura di qualche soubrette della società civile come magistrati antimafia o scrittori antimafia che si scordano di cambiarsi la residenza, ovviamente nell’ambito di coalizioni di sicurissimo successo con partiti come Democrazia Anticattolica, o Unione dei Soviet Terroni, o meglio ancora Lista Musulmani Gay Di Colore.

Concludo con un consiglio da amica: caro Salvini, se vieni a fare campagna elettorale qui, o anche solo un compleanno, nei locali offre tutto il festeggiato. Te lo dico eh, per evitare che qualcuno si offenda o ti esploda la macchina a causa del tuo inimmaginabile suicidio.