Come ormai sappiamo, l’integralismo dell’ISIS è riuscito a surclassare in cattiveria e follia quello del Trattato di Maastricht. Ma d’altronde, come stupirsi?
L’ISIS ha promesso di creare un immenso califfato in cui riunire i musulmani di tutto il mondo o, al massimo, gli Smiths. Per farlo ha bisogno di quanti più miliziani possibili, e per riuscirci ha sviluppato una strategia di comunicazione estremamente vincente fatta di video di adorabili gattini kamikaze, parodie di Games of Thrones in salsa jihadista, meme spassosi sulle Crociate e applicazioni per Facebook tipo Sharia Crush Saga, convincendo i tamarri sottoccupati di mezza Europa a unirsi alla sacra causa islamista.
A tutto ciò ha anche unito canali autonomi di contro-informazione, creati e distribuiti capillarmente sul web. Da qui nasce Dabiq, il patinatissimo settimanale dell’ISIS che ho letto per voi, perché bisogno conoscere bene il nemico prima di poterlo combattere.
La prima pagina è riservata all’editoriale del Califfo del Daesh (nonché del giornale): Al-Baghdadi. Il pezzo di questa settimana è dedicato ad un’accorata riflessione sulle future attività dello Stato Islamico.
“L’estate si avvicina e con essa la voglia di sole, mare e martirio. Quali potrebbero essere le mete più gettonate per una strage? Ibiza? Mykonos? Ricordate di evitare gli schiuma party, le cinture esplosive si rovinano con le bolle di sapone. Non dimenticate neppure la crema solare quando andate in spiaggia a fare i sopralluoghi per un attentato. Scegliamo infine con cura i nostri obiettivi. Per quanto il Meeting a Rimini di Comunione e Liberazione sia pieno di infedeli, non è una buona idea farlo saltare (in aria intendo dire). Il terrorismo per l’Occidente deve essere una botta al cuore, non una botta di culo”.
Molto interessante l’inchiesta principale di questo numero, ovvero un confronto tra il Ramadan e il Natale.
“I crociati chiamano Natale la festa di compleanno del loro messia, nato sotto il segno del capricorno. Nulla da eccepire sull’idea di omaggiare il proprio idolo, la stessa cosa la fanno a Memphis per Elvis. Il punto è che i fan di Elvis non hanno mai ucciso il loro mito lasciandolo abbronzare su un gigantesco più. Il Natale quindi pare essere più una gigantesca scusa tardiva che una celebrazione sacra. Inoltre non si capisce cosa c’entri la nascita in una stalla del figlio di due sfrattati con la scusa di stare finalmente due settimane all’ingrasso senza alcun ritegno. Il periodo natalizio infine si conclude con l’Epifania, festività mutuata dall’arrivo dei Re Magi a Betlemme con i loro doni al bambinello: un abbonamento in palestra, una dieta senza carboidrati, i pantaloni che non si abbottonano più. Il Ramadan invece è la festività adatta per mantenere un perfetto stile di vita anticancro: niente cibo, niente acqua, niente sesso, niente di niente ogni giorno fino al tramonto. Così la brava musulmana arriva già preparatissima alla prova bikini, se solo potesse farne una senza essere uccisa prima.”
In risposta alle accuse di misoginia, Dabiq ha anche una corposa sezione dedicata agli interessi più femminili. Interessantissimi i consigli di moda per il prossimo inverno nucleare: quest’anno per le strade più fashion di Raqqa sarà in voga l’hijab nero petrolio, quello nero carbonizzato e quello nero fascismo. Per le più sbarazzine, gli stilisti del califfato consigliano invece un burqa dalle tonalità pastello, da abbinare con una cintura esplosiva di Prada.
In fondo alla rivista c’è la sezione dedicata all’enigmistica. Confesso che è piena di giochi carini e divertenti. In uno di questi, per esempio, se si uniscono tutti i puntini, appare la faccia di Erdogan.
Il mio giudizio finale è che Dabiq è una rivista un po’ di parte, senza peli sulla lingua, caratterizzata da un linguaggio giovane e impertinente, pop ma al tempo stesso impegnato, adatto insomma ad un califfato che sfina e non impegna.
Non so se queste mie affermazioni miglioreranno la mia posizione agli occhi delle spie dell’NSA. Posso dire, però, che l’arancione delle divise che danno a Guantanamo mi dona.