Dato che faccio moltissimo per confermare lo stereotipo delle donne al volante, ho sempre pensato di fare altrettanto per lo stereotipo sui siciliani, ovvero sogno da una vita di entrare in Cosa Nostra.
Ho persino creato un profilo Instagram carico di estetica criminale, nel quale mi faccio le selfie in topless circondata da cuccioli di leone e cosparsa da banconote da 500 euro. A dire il vero uso, al posto delle banconote, voucher dell’INPS e, al posto dei leoni, nutrie con le meches, però le tette sono le mie e comunque il concetto sempre quello è.
Purtroppo non sono l’unica a coltivare questo sogno e la selezione è così spietata che mi vede sempre esclusa.
Ho capito quindi che se la mafia non mi voleva allora avrei potuto entrare a far parte dell’antimafia. A differenza di altre regioni meridionali dove impazza il crimine ma si mangia peggio, in Sicilia la mafia ha prodotto una sua distinta e riconoscibile nemesi. Quest’ultima, per la sua lotta, necessita di militanti, ideali, ma soprattutto di condottieri. Diventare supereroi in questa infinita tenzone è lunga, ma il processo è meritocratico, come nella mafia: perché allora non seguire la guida che illustra passo passo come diventare icone dell’antimafia?
Essere scrittori: per diventare magistrati bisogna studiare una vita intera. Diventare poliziotto non va bene nemmeno, perché ci vuole una raccomandazione per farsi arruolare. Perché allora non diventare scrittori? D’altronde il pubblico vuole che dalla Sicilia vengano solo due tipi di storie: o si prende una splendida tenuta nobiliare tra i mandorli e ci si fanno accadere svariate tragedie; oppure si scrive una storia di impegno antimafia. In fondo può anche essere più redditizio, visto che lo scrittore antimafia è per decreto sempre una versione discount di Pippo Fava, quindi è per osmosi scrittore, drammaturgo, giornalista d’inchiesta, editorialista, poeta, vate. E il logo antimafia è come Hello Kitty sui pigiami: aggrazia anche l’oggetto più schifoso.
Fare una faccia contrita: la mafia è come i marò, bisogna pensarci sempre. Il vero eroe dell’antimafia deve sempre mostrarsi triste, arrabbiato, carico di una tensione morale che non si riverbera mai in una società indifferente all’ingiustizia, o alle presentazioni dei suoi libri antimafia. In effetti come potrebbe sorridere? L’eroe dell’antimafia fa una vita improntata alla solitudine. Egli è un uomo solo perché, dalle istituzioni a Saturno, ha tutti contro. È solo quando viene invitato alla Festa di Repubblica a presentare il nuovo di libro di Scalfari E’ arrivata la Troika e non ho niente da mettermi. È solo quando porta in tournée in tutta Italia il suo monologo Rosario Livatino e il prigioniero di Azkaban. È solo quando lo intervistano le tv, quando sfila in testa ai cortei, quando accetta una candidatura in qualità di Arbre Magique dei partiti. Sei una persona sola? Allora è l’antimafia a fare al caso tuo, non PornHub.
Fare un sacco di fiaccolate: la cucina siciliana è notoriamente ipercalorica, ma l’antimafia ha trovato il modo perfetto per rimettersi in forma: andare in giro a manifestare. Cortei, parate, sfilate, fiaccolate: queste ed altre ancora sono le idee brillanti che l’antimafia ha partorito da venticinque anni a questa parte per far trionfare il Bene contro il Male nell’isola. Le star dell’antimafia conducono sempre queste marce, sicuri che il loro esempio di vita emetta abbastanza radiazioni legalitarie da redimere tutti i siciliani e far loro smettere di commettere qualsiasi tipo di reato, dal genocidio al divieto di sosta. A riprova dell’immensa utilità della vagonata di cortei di minorenni che agitano nastrini e agendine, c’è il fatto che in Sicilia non si spara più. Mica perché la mafia è invece più potente che mai in quanto, in un sistema economico completamente deregolamentato, i capitali tendono sempre ad accumularsi nelle mani di pochissimi operatori, quelli più forti, non quelli più buoni. Mica perché non esiste forza politica che si contrapponga davvero a questo sistema, quindi ora la mafia non si deve più dannare ad organizzare strategie della tensione per garantirsi rendite, ma trova interlocutori ovunque. Né c’entra il fatto che la logica di continui tagli ai bilanci degli enti locali, privatizzazioni, esternalizzazioni e appalti al massimo ribasso ha permesso l’ascesa dell’imprenditoria più bieca, rendendo spesso labilissimi i confini tra mafia e aziende, in Sicilia come nel resto d’Italia. La mafia è solo un fattore umano, ama dire la star dell’antimafia citando Falcone, forse perché non gli è ancora venuto in mente di dire che è il soffitto del cuore. Perché è questo l’unico modo previsto dall’antimafia per sconfiggere la mafia: non essere mafiosi. Un po’ come certi capi di Confindustria Sicilia, i quali l’hanno pure bloccata su WhatsApp la mafia tanto ne hanno preso le distanze, per poi finire indagati.
Per reati relativi alla mafia s’intende.