L’altra sera, un amico su facebook mi ha scritto: “Senti, quando organizziamo uno scherzo telefonico in cui fingi di essere il Papa e ti metti a vendere indulgenze plenarie a vecchiette rincoglionite, ammaliate dal tuo accento?”

Ci aveva visto giusto, perché effettivamente sbaglio le doppie quanto il nuovo Papa, e dopotutto veniamo dallo stesso posto.

Sono nato, vissuto e cresciuto in Argentina. Un Paese meraviglioso. Il miglior Paese del mondo (secondo il nostro senso comune) e io non ci posso fare niente. Fin da piccoli, a scuola, ci viene insegnato che l’uomo che scoprì le impronte digitali era un argentino, che Favaloro, l’inventore del bypass coronarico, era argentino, che il miglior giocatore di calcio è nato in Argentina, per non parlare di Messi, Fangio, Gardel, il Che Guevara, e ora per giunta il Papa.

Certo, ci si scorda di dire che Favaloro si suicidò nella solitudine più disperata, che Maradona è più apprezzato a Napoli e che Messi è praticamente spagnolo, senza dimenticare che il Che Guevara scelse di nazionalizzarsi cubano. Ora, la scelta del Che Guevara è stata più che azzeccata, una persona che lotta per l’America Latina non può sentirsi parte di un Paese in cui la gente si ritiene europea.

Questa retorica del miglior Paese del mondo, però, consegna a noi argentini un ego smisurato. Esiste un detto secondo cui, per compiere un suicidio, un argentino dovrebbe buttarsi da un grattacielo alto quanto il suo ego. Sì, in fondo ci sentiamo come degli dei, quindi non riusciamo proprio a capire come quell’incosciente di Bergoglio abbia permesso che un argentino si sottomettesse alle direttive di Dio.

Ma tant’è, ormai l’errore è fatto (anche se è un fenomeno che trovo comunque molto curioso).

Intanto, improvvisamente, ho scoperto che in Italia esistono tantissimi esperti di politica e storia Argentina, non l’avrei mai detto! Mi chiedo dove fossero i media e tutti questi esperti quando nel 2009 Berlusconi parlò delle vittime dei voli della morte dicendo che “Erano belle giornate, li facevano scendere dagli aerei”.

Pochi sanno e dicono che in Argentina non si bestemmia. Davvero. Ce ne accorgiamo non appena si viene a vivere all’estero. Nonostante il lunfardo, i gerghi e le parole più volgari frutto di influenze miste europee e latino americane, da noi non si bestemmia. Ed io penso che un popolo che non bestemmia è un popolo che in fondo non crede. È una teoria personale, ma è l’unica spiegazione che riesco a darmi. Dopotutto, se non attribuisci ad un essere superiore le colpe delle tue disgrazie, o sei enormemente devoto ed educato, oppure sei ateo. E credetemi, nel nostro caso la prima opzione possiamo scartarla.

Paradossale, al limite dell’assurdo, è che un Paese come l’Argentina, il cui secondo articolo della costituzione recita “il governo federale sostiene il culto cattolico apostolico romano” – sia laico. Da noi non ci sono crocifissi nelle scuole, i campeggi per i piccoli non sono prerogativa dei boy scout, e grazie a Dio non c’è l’ora di religione. Paradosso nel paradosso, invece, è che l’Italia sia un Paese così bigotto, pur avendo una Costituzione del tutto laica e invidiabile.

A differenza dell’Italia, essere battezzati o no non fa differenza alcuna. L’unica difficoltà che il bambino non battezzato può avere è che non riceverà i soldi dai parenti il giorno della comunione, che non farà, ma – anche tra i battezzati – una grandissima percentuale di persone, dopo la prima comunione, smette di frequentare la Chiesa.

Dovete sapere un’ultima cosa. L’Argentina, oggigiorno, è succube di una politica populista e molto demagogica, che risalta le caratteristiche nazionaliste del Paese (ne è un esempio il modo in cui la popolazione ha appreso la notizia del referendum fatto nelle Malvinas / Falkland), insomma, è plausibile dire che, per l’elezione di Bergoglio, le folle siano festose e la popolazione sia contenta, ma è come se tifassero per una squadra di calcio. In effetti è tifo calcistico, non sentimento religioso. Dopotutto ci godo: per dire, i brasiliani non ce l’hanno un Papa mentr… Scusate.

Il fatto è che un Paese che nel suo passato recente ha avuto un terrorismo di Stato così forte da lasciarlo senza una linfa politica, atrofizzando la popolazione, lasciandola assopita e piena di paura per i successivi trent’anni, ecco, un Paese così ha bisogno di tanto nazionalismo per tirare avanti. E di tanta fede. Il problema è che la fede è legata alla Chiesa Cattolica e, da noi, parafrasando Pasolini, si sa.

Si sanno i nomi di coloro che appoggiarono il golpe. Si sanno i nomi di coloro che, tra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di Stato). Si sanno. Ma non ci sono le prove, e nemmeno gli indizi. Si sanno per un’azione di intelligenza collettiva e perché la ricostruzione della verità, a proposito di ciò che è successo in Argentina dopo il 1970, non è poi così difficile.

Anzi, fino a ieri le prove non c’erano, ma dal 2001, assieme al cacerolazo, caddero alcuni tabù, tra cui quello della dittatura. Poco a poco hanno preso avvio processi in cui si inizia finalmente a fare chiarezza. Uno di questi è iniziato il 5 Marzo scorso. Lo chiamano già “la Norimberga argentina”.

Videla sotto processo ammise che la Chiesa era complice, non solo col silenzio ma con l’appoggio. La Chiesa, secondo Videla, era d’accordo nel non vedere spargimenti di sangue e, quindi, preferiva il metodo militare di far sparire la gente, che deduco fosse senz’altro più igienico e proficuo per entrambe le parti.

Perché far sparire la gente mantiene accesa la speranza nelle famiglie. Per la Chiesa e la dittatura c’era un rapporto win-win, come dicono i markettari. I primi si nutrivano della speranza, i secondi si sbarazzavano delle spine nei fianchi.

Ora, il ruolo di Bergoglio va contestualizzato in quest’epoca di terrore in cui, probabilmente, se non denunciavi venivi denunciato. Ma oltre alle dichiarazioni di Videla esistono attestati in cui salta fuori che colui che segnalò alcuni preti come sovversivi fu lo stesso Bergoglio. Inoltre, anche se tali prove fossero false, nessuno può negare che i piani alti della Chiesa in Argentina sapessero cosa stesse succedendo.

Quindi, se da una parte il clima di terrore potrebbe apparentemente esonerare Bergoglio, dall’altra le circostanze non lo fanno certo un santo. E neppure un Papa. O forse sì. Le vie del Signore sono infinite. Il fatto è che l’elezione di Bergoglio al papato blocca quel lento processo di giustizia che ha preso piede di recente in Argentina e che mette sempre più in risalto la complicità della Chiesa Cattolica con i criminali della dittatura militare. Un vero peccato.

Nove mesi fa ho letto una notizia in cui si diceva che Horacio Verbitsky avesse scovato documenti e prove che vedevano coinvolti i più alti prelati della Chiesa argentina con Videla per “evitare che la gente continuasse a chiedere spiegazioni”. Ho letto la notizia a mia madre, e lei mi ha risposto, per niente sorpresa: “è il motivo per cui ho scelto di non farti battezzare”.